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“The Invocations”: la recensione del libro horror YA di Krystal Sutherland


the invocations recensione - Krystal Sutherland

Il sottotitolo della mia recensione di “The Invocations” sarà “ragazze che vendono l’anima al diavolo”. E che hanno una ragione dannatamente buona per farlo!

In questo nuovo libro di Krystal Sutherland – autrice della perla dark “Le Sorelle Hollow”, pubblicato in Italia da Rizzoli – tre giovani inglesi uniscono le forze per fermare uno dei più pericolosi predatori naturali che la storia delle donne abbia mai conosciuto: un uomo che crede di avere il diritto di rubare i loro poteri.

E le loro vite.


La trama

Inghilterra, al giorno d’oggi. Cinque donne sono morte. L’assassino non lascia traccia di impronte né DNA. La polizia è di fronte a un vicolo cieco.

La diciannovenne Jude Wolf, ricca come il peccato e affascinante quanto il diavolo, è stata maledetta. La sua anima immortale, adesso, è legata a un demone che la odia. Jude farebbe qualsiasi cosa per liberarsi di lui, per fermare il grottesco decadimento che sta consumando il suo corpo.

Ciò di cui Jude ha bisogno è una “cursewriter“, una strega in grado di scrivere le maledizioni – e ritiene che seguire la scia di donne morte, tutte sospettate di aver avuto a che fare con il mondo dell’occulto – possa rappresentare la sua migliore opportunità di trovarne una.

Anche Zara Jones sta tenendo d’occhio la catena di omicidi. Sua sorella maggiore, Savannah, è stata la prima vittima del serial killer. Zara, però, non sta covando vendetta: vuole semplicemente cercare un modo per riportare in vita Savannah.

Ciò di cui Zara ha bisogno è una maga, un’incantatrice, una necromante… A tutti gli effetti, ciò di cui ha bisogno è una strega in grado di scrivere le maledizioni.

Nell’appartamento della quinta vittima del killer, Zara e Jude si incontrano per caso. Lì, le due ragazze si imbattono in un indizio destinato a legare i loro sentieri: uno strano biglietto da visita, che porta inciso un singolo nome.

Emer Byrne. Cursewriter.


“The Invocations”: la recensione

Anche se potremmo definire il nuovo libro di Krystal Sutherland come un “character-driven”, dal momento che il focus della narrazione tende a concentrarsi sulle dinamiche fra le sue tre protagoniste e sul loro diverso modo di reagire al filo conduttore del trauma e dell’abuso, bisogna dire che “The Invocations” garantisce parecchia adrenalina, tanti brividi e qualche bel colpo di scena!

Durante il primo atto, l’autrice si prende il suo tempo per introdurre le eroine e assicurarsi che il pubblico arrivi a empatizzare con loro. Si rivela, senz’altro, una scelta vincente: dopotutto, Zara, Emer e Jude sono personaggi sfaccettati e complessi, in grado di far impallidire di vergogna il 90% delle anonime eroine da “romantasy” che, nel corso degli ultimi anni, hanno cominciato ad andare tanto per la maggiore.

Lo stile della Sutherland, in questa occasione, mi ha ricordato un po’ quello di Victoria Schwab in alcuni dei suoi romanzi per adulti (e chi mi conosce bene, sa che intendo questo paragone come un grandissimo complimento). L’atmosfera del romanzo, deliziosamente oscura, ammalia fin dalle primissime pagine e si sposa benissimo con le tematiche cupe e attuali della narrazione.

Una Donna Promettente incontra “Le Terrificanti Avventure di Sabrina”: non so se sia questo il modo perfetto per descrivere “The Invocations” (bisognerebbe, forse, aggiungere al mix anche “Ragazze Elettriche”)…

Eppure mi basta sapere che, in questo caso, l’irriverente Jude sarebbe al 100% d’accordo con me!


Tre streghe contro il patriarcato

Se c’è un fatto che l’uscita de “Le Sorelle Hollow”, bellissima e conturbante fiaba oscura, è riuscita a mettere in luce, è che il dark fantasy per ragazzi è un genere ancora troppo sottovalutato. Soprattutto qui da noi in Italia.

In “The Invocations”, Krystal Sutherland ci dimostra che la stessa cosa vale per l’horror in salsa YA.

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“Good Girls Don’t Die” di Christina Henry: ovvero, l’enigma della camera chiusa in salsa horror


good girls don't die - christina henry - libro horror

Good Girls Don’t Die” – il nuovo, misteriosissimo libro horror/thriller di Christina Henry – esordisce oggi in tutte le librerie d’oltreoceano e oltremanica (15 novembre 2023).

Il romanzo, un accattivante ibrido fra generi, segue le vicende di un terzetto di personaggi accumunati da un unico, disarmante enigma: tutte e tre le donne, infatti, sembrano essere precipitate attraverso uno squarcio nella realtà che le ha portate a vivere un incubo inspiegabile…

Per sopravvivere, dovranno scoprire chi/cosa le ha intrappolate all’interno di un mondo fittizio e lottare con le unghie e con i denti per trovare una via d’uscita!


“Good Girls Don’t Die”: la trama

Celia si sveglia in una casa che non è sua. Non riconosce suo marito, né la ragazzina che dichiara di essere sua figlia. Si sforza di ricordare la sua vera identità, perché è certa che questa vita – il piccolo ristorante di famiglia che gestisce, la pettegola cittadina in cui vive – non sia la sua.

Allie avrebbe dovuto partecipare a una divertente gita per il weekend – ma poi il ragazzo della sua amica invita inaspettatamente il suo gruppo presso un isolato cottage nel bosco. Il cottage sembra costruito di recente e non pare ci siano animali o altre forme di vita senzienti, nella foresta lì intorno. Nulla è come dovrebbe essere; Allie lo sente. Poi, nel bel mezzo della notte, qualcuno bussa alla porta del cottage…

Maggie, insieme ad altre dodici donne, si sveglia in un container con il numero tre stampato sul retro della T-shirt. Se vuole rivedere Paige, sua figlia, Maggie dovrà completare Il Labirinto: un percorso a ostacoli pericolosamente letale…

Tre donne. Tre storie. Una sola via d’uscita.



Tutte le”brave ragazze” di Christina Henry…

Dal 2015 a oggi, Christina Henry si è costruita una solida reputazione da reginetta dell’horror. Il libro che le ha permesso di imporsi all’attenzione del grande pubblico è “Alice”, un delizioso retelling in salsa dark di “Alice in Wonderland” (di cui puoi leggere la recensione completa sul mio vecchio blog, il “Laumes’Journey”).

Nel corso degli anni successivi, a “Alice” e al suo sequel (“Red Queen“), hanno fatto seguito:

  • Lost Boy” (2017);
  • The Mermaid” (2018);
  • The Girl in Red (2019);
  • The Ghost Tree (2020);
  • Near the Bone (2021);
  • Horseman (2021).

La brutta notizia? Per il momento, nessuno di questi titoli è stato tradotto in italiano! 🙁

C’è da dire che “Good Girls Don’t Die” è una delle uscite in lingua inglese più attese di novembre 2023, soprattutto per quanto riguarda gli appassionati di narrativa mistery e gotica. Un hype alimentato da un concept a dir poco brillante, un rompicapo che fa già pensare a romanzi come “Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle” di Stuart Turton, o allo scioccante film “Don’t Worry, Darling” di Olivia Wilde.

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“How to Sell a Haunted House”: la recensione del folle libro horror di Grady Hendrix


how to sell a haunted house recensione - grady hendrix

La recensione di “How to Sell a Haunted House” di Grady Hendrix sarà un po’ ambigua, temo.

Cercherò di spiegarmi meglio nel corso dell’articolo. Il succo del discorso, però, è che nutro dei sentimenti abbastanza ambivalenti nei confronti di questo surreale campy horror a tema pupazzetti dall’inferno!

Da una parte, infatti, ho sicuramente apprezzato la contagiosa ironia dell’autore, nonché il suo sforzo di conferire un certo livello di profondità emotiva all’intera vicenda. Dall’altra, devo ammettere di non essere rimasta particolarmente colpita dall’altalenante costruzione della trama, né da quella dei personaggi


La trama

Quando Luoise scopre che i suoi genitori sono morti, non è affatto felice all’idea di dover tornare nella sua città d’orgine. Tanto per cominciare, non ha nessuna voglia di lasciare la sua bambina, Poppy, alle cure del suo ex, per volare a Charleston da sola.

E poi, Louise non è certo ansiosa di avere a che fare con la casa dei suoi genitori! L’edificio, infatti, è stracolmo di ricordi. Contiene tutto ciò che resta della carriera accademica di suo padre e dell’eterna ossessione di sua madre verso bambole e pupazzi.

Soprattutto, Luoise non vuole avere a che fare con il suo nullafacente fratello, Mark.

Mark, dal canto suo, non ha certo intenzione di renderle le cose più facili. L’uomo, che non ha mai lasciato Charleston e non è mai riuscito a tenersi un lavoro per più di qualche giorno, cova un grandissimo risentimento nei confronti della sorella. Sfortunatamente, Luoise dovrà trovare un modo per dialogare con Mark, se intende preparare la casa per la vendita.

Specialmente perché, a quanto pare, non bastano una mano di vernice e una sana dose di pulizie per rendere appetibile per il mercato una vecchia magione infestata.

Certe case non hanno nessuna intenzione di essere cedute. Quella di Louise e Mark, ad esempio, sta preparando piani di tutt’altro genere nei confronti dei suoi proprietari…





“How to Sell a Haunted House”: la recensione

Nei suoi aspetti essenziali, “How to Sell a Haunted House” ” si legge quasi come una sorta di bizzarra saga famigliare condensata… con un sadico emulatore del pupazzo Slappy a fare da improbabile collante intergenerazionale, e un gustoso contorno di intermezzi comico-demenziali a ravvivare sporadicamente l’atmosfera.

C’è da dire che, se non avessi divorato – e visceralmente amato – due dei precedenti romanzi dell’autore (“My Best’s Friend Exorcism” e “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”, entrambi in editi in Italia da Mondadori), forse stavolta non sarei riuscita a spingermi oltre pagina settanta.

Perché credo di aver cominciato a sviluppare un piccolo problema nei confronti dei “primi atti” delle opere di Grady Hendrix: i capitoli introduttivi mi annoiano un po’, probabilmente perché ai protagonisti dei suoi libri serve sempre del tempo per riuscire a rendersi riconoscibili ed ergersi al sopra della baraonda di gag, battute e azione sfrenata che l’intreccio tende sempre a scagliare nella loro direzione. Nel caso di “How to Sell a Haunted House”, devo dire che questo fenomeno si è replicato alla perfezione.

In realtà, a fine lettura mi sentirei di definire Luoise, l’eroina del libro, come un “personaggio abbastanza ok“. Suo fratello Mark, viceversa, mi è sembrato un idiota colossale e infantile dalla prima all’ultima pagina. Tant’è che ho fatto veramente fatica a mandar giù una lunga (e delirante) parentesi narrata dal suo punto di vista.

Il che, fra l’altro, rappresenta un altro dei problemi principali: perché i frequenti flashback, i retroscena, le digressioni, a tratti rendono la lettura pastosa e, a mio avviso, anche un filino pedante. Nella seconda parte, per fortuna, questo meccanismo inizia ad attenuare i suoi effetti, permettendo a Hendrix di dispiegare tutti i suoi punti di forza, i suoi caratteristici assi nella manica: ad esempio, il fattore nostalgia, la metafora sovrannaturale, le complicate sfumature dei rapporti famigliari, il sense of wonder tipico dell’infanzia…


Lo “spirito dell’infanzia”

Direi che è arrivato il momento di bilanciare la mia recensione di “How to Sell a Haunted House”, introducendo alcune considerazioni relative a quelli che sono, invece, i miei elementi preferiti del libro.

Ho apprezzato tantissimo, ad esempio, l’atmosfera disturbante e retrò della narrazione. Ma anche l’originalità dei colpi di scena e gli sviluppi imprevedibili (per non dire esilaranti) portati dal classico trope horror dei “pupazzetti malevoli che prendono vita”.

Se i film del franchise “Annabelle” avessero la metà della personalità del romanzo di Grady Henrix, ci troveremmo senza dubbio alle prese con alcuni degli horror più inquietanti e divertenti dell’ultimo decennio!

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I migliori audiolibri horror da ascoltare ad Halloween


audiolibri horror halloween 2023

Audiolibri horror… due parole che si sono sempre sposate benissimo, e vuoi sapere il perché?

Tu prova solo a immaginare la scena: un cerchio di volti lambiti dalla luna, una voce suadente dall’oscurità, il suggestivo scoppiettio delle fiamme… e l’occasionale scricchiolio delle foglie, appena al di là del cono di luce proiettato dalle lingue guizzanti!

Un’atmosfera da perfetto campy horror, dico bene? Uno scenario che adesso puoi ricreare – in tutta sicurezza – all’interno della tua stanza. Dopotutto, cosa ti manca? Ti basta piazzare una bella Yankee Candle sul comodino e avviare la app di Audible sullo schermo del tuo smartphone…

E… come piccolo bonus aggiuntivo? Un segreto che soltanto i fan della narrativa horror conoscono: finché te ne starai raggomitolato sotto le coperte, in compagnia di una bella storia, nessun mostro riuscirà a trovarti! ;D


I migliori audiolibri horror da ascoltare ad Halloween: “Teddy” di Jason Rekulak

teddy - audiolibri horror

Cominciamo la nostra rassegna segnalando uno dei più recenti audiolibri horror che il catalogo Audible sia stato in grado di evocare. Fra l’altro, in termini di popolarità, stiamo siamo sicuramente parlando di uno dei “pesi massimi” delle ultime due stagioni: “Teddy” ha letteralmente spopolato nelle librerie di tutta Italia!

Una famigliola perfetta, una babysitter che ha affrontato l’inferno, un bambino fin troppo legato al suo (inquietantissimo) amichetto immaginario…. Il libro di Jason Rekulak narra una storia deliziosamente misteriosa, adrenalinica e avvincente.

Un romanzo che si legge come “un film”, si divora come una ghost story e si ricorda come un elettrizzante thriller psicologico: insomma, se quello che cerchi è un audiolibro in grado di regalarti una vera e propria pioggia di brividi, jumpscares e colpi di scena… buttati su “Teddy”, e non esitare neanche per un secondo!

L’audiolibro, narrato da Doriana Costanzo, è disponibile su Audible.


“La Casa in Fondo a Needless Street” di Catriona Ward

Questo titolo è uno dei miei preferiti, in assoluto. Ammiro profondamente il lavoro di Catriona Ward (se vuoi, puoi anche dare un’occhiata alle mie recensioni dei suoi terrificanti horror generazionali “Little Eve” e “Sundial”).

“La Casa in Fondo a Needless Street”, al momento, resta sicuramente il suo lavoro più conosciuto e apprezzato dal grande pubblico internazionale.

In una casa sbarrata, in fondo al vicolo che chiude una strada ai margini dei boschi selvaggi, vive una famiglia di tre persone: una ragazza adolescente a cui non è permesso uscire (non più, dopo quello che è capitato l’ultima volta…); un uomo che beve da solo di fronte alla tv, cercando di ignorare i suoi vuoti di memoria; una gatta che adora sonnecchiare e interpretare i più ambigui passi della Bibbia.

Un segreto inconfessabile li tiene insieme. Ma quando una nuova vicina si trasferisce nella casa accanto, ciò che giace sepolto fra le radici degli alberi minaccia di tornare a perseguitarli…

La lettura/ascolto ideale per tutti i fan di Stephen King, Shelley Jackson e Sarah Pinborough! L’audiolibro ti aspetta su Audible, narrato da Dario Sansalone.


La saga “Blackwater” di Michael McDowell

audiolibri horror - blackwater la piena

E cosa sarebbe una bella lista dedicata ai migliori audiolibri horror disponibili in lingua italiana, se ci facessimo mancare questo imperdibile, patinatissimo cult del southern gothic?

Dopo che gli abitanti sono stati costretti a fuggire a causa di una piena che ha completamente inondato le strade della città, la misteriosa Elinor Dammert viene tratta in salvo dal Perdido Hotel. Nessuno ha la più pallida idea di chi sia, di cosa voglia o di come diamine abbia fatto a finire lì. Ma il suo arrivo coincide con una serie di avvenimenti dal taglio surreale e inquietante: gente scomparsa, comportamenti minacciosi, avvistamenti inspiegabili, incidenti che non hanno il minimo senso…

A metà strada fra romanzo gotico e saga famigliare, un classico degli anni Ottanta che i lettori italiani hanno avuto l’opportunità di riscoprire soltanto di recente (grazie a Neri Pozzi). Su Audible sono già disponibili tutti e i sei i titoli che compongono la serie: “La Piena“; “La Diga“; “La Casa“; “Pioggia“; “La Fortuna“; “La Guerra“.


“My Best Friend’s Exorcism” di Grady Hendrix

Grady Hendrix è un autore che merita tutta la nostra attenzione: non per niente, il suo recente “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute” è stato uno dei titoli più (ingiustamente) sottovalutati degli ultimi mesi.

Il divertentissimo “L’Esorcismo della mia Migliore Amica”, a mio avviso, incarna semplicemente IL libro (per antonomasia) che qualsiasi nostalgico fan dell’horror targato anni Ottanta dovrebbe recuperare!

La trama: Abby e Gretchen sono migliori amiche dai tempi dell’asilo. Un giorno, però, dopo una gita in barca finita sorprendentemente male, Gretchen inizia a comportarsi in un modo molto… ehm, singolare. Adesso, la ragazza sembra sempre di malumore. Irritabile. Un filo psicopatica. E, attorno alla sua persona, hanno luogo incidenti che si fa davvero fatica a spiegare in termini razionali.

L’indagine di Abby la porta a fare una serie di allarmanti scoperte – fino a schiantarsi contro un’unica, ineludibile domanda: riuscirà la sua amicizia con Gretchen a dimostrarsi abbastanza salda e forte da permetterle di sconfiggere…. il diavolo in persona?!

L’audiolibro di “My Best’s Friend Exorcism”, narrato da Giulia Amato, è disponibile su Audible.


“Bones & All” di Camille DeAngelis

audiolibri horror - bones and all

Sicuramente una delle più originali, curiose e toccanti storie di formazione in salsa horror che mi sia mai capitato di leggere!

Maren Yearly è una giovane donna che vuole le stesse cose che vogliamo tutti: diventare qualcuno che la gente sia in grado di ammirare e rispettare. Essere compresa. Protetta. Amata. Ma i suoi bisogni segreti l’hanno costretta a un esilio che sembra destinato a protrarsi in eterno.

Maren odia le brutte cose che è costretta a fare. Ma non è stata lei a scegliere di nascere in questo modo: perennemente affamata, una minaccia costante per chiunque cerchi di avvicinarsi e stringere con lei un legame sincero.

Perché Maren Yarley non si limita a spezzare o a distruggere i cuori, no…

Lei li divora.

L’audiolibro, narrato da Elisa Contestabile, ti aspetta su Audible.


“Mr X” di Peter Straub

audiolibri horror - mr x

Ogni anno, il giorno esatto del suo compleanno, Ned Dunstan è affetto da un attacco paralizzante. Durante la crisi è costretto ad assistere a scene di violenza fulminante: implacabili massacri, compiuti da una misteriosa figura in nero che lui chiama “Mr X”.

Ma quest’anno, alla vigilia del suo compleanno, Ned riceve da sua madre – ormai sul letto di morte – il dono/la maledizione di una verità inconfessabile: il vero nome di suo padre.

L’evento segnerà l’inizio di una spirale di morte, segreti e misteri, che costringerà Ned a confrontarsi con la segreta eredità della sua famiglia e ad attaccare briga con i suoi demoni più profondi.

L’audiolibro di “Mr X”, narrato da Alvaro Gradella, è incluso nell’abbonamento Audible.


“Gli Unici Indiani Buoni” di Stephen Graham Jones

A dire il vero, devo ancora recuperare questo chiacchieratissimo libro di Stephen Graham Jones. Eppure, “Gli Unici Indiani Buoni” è stato così caldamente raccomandato da un mucchio di autori (compreso Stephen King in persona) che mi sembrava un peccato escluderlo da questa mia piccola lista di audiolibri horror!

Ricky, Gabe, Lewis e Cassidy sono un gruppo di uomini legati da un retaggio condiviso e messi alle strette dalle implacabili regole della società. Adesso, dieci anni dopo una sventurata caccia all’alce (un evento che rimane un segreto gelosamente custodito da ciascuno di loro), questi uomini – e i loro figli – devono affrontare un feroce spirito assetato di vendetta, pronto inghiottirli uno alla volta.

Uno spirito che indossa i volti di coloro che amano, ritagliandosi un posto all’interno delle loro case e delle loro famiglie, invadendo i più sacri recessi delle loro vite private.

Dieci anni dopo, i cacciatori diventeranno la preda.

L’audiolibro di “Gli Unici Indiani Buoni” è disponibile su Audible in edizione Emons (narrato da Riccardo Ricobello).


“Fotogrammi di un Film Horror Perduto” di Helen McClory

fotogrammi di un film horror perduto - audiolibri horror

«Una ragazza morta si materializza in casa di sconosciuti, prepara un caffè e si accende una sigaretta. Una donna serve a un picnic la propria mano, spacciandola per prosciutto. Una madre prepara una torta con i resti spappolati di sacrifici umani. Un vampiro sviene perché non sopporta la vista del sangue

“Fotogrammi di un Film Horror Perduto” è la raccolta di racconti ideale per chiunque abbia voglia di concedersi un rapdosico viaggio, allucinante e allucinato, nel ventre oscuro della cultura pop.

Che si tratti di un demone o di un ciclope, di una madre in preda a un raptus grottesco o del diavolo in persona, le storie di Helen McClory echeggiano un’unica, incontestabile verità: che ogni mostro, in realtà, nasconde un lato umano… e che, sotto sotto, l’unica cosa che ciascuno di loro desidera è allungare il braccio verso di te e prenderti per mano.

Che tu sia d’accordo oppure no.

L’audiolibro, narrato da Valentina de Marchi, è incluso nell’abbonamento mensile Audible.


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“Rouge”: il nuovo romanzo body horror di Mona Awad


rouge - mona awad - libro horror

Rouge” sarà il prossimo libro di Mona Awad, autrice del (meritatissimo) fenomeno letterario del 2019 “Bunny”.

Anche stavolta, se le premesse sono attendibili, ci troveremo alle prese con un romanzo sui generis e schizzato, ricco di twist imprevedibili, intriganti suggestioni new weird e personaggi patologicamente inquadrabili.

“Rouge” sarà, infatti, una favola gotica contemporanea, a metà strada fra “Biancaneve” e “Eyes Wide Shut”.

La storia di una donna che, dopo la morte della madre, imbocca un allucinante sentiero a caccia di bellezza e giovinezza eterna.

Riuscirà a sfuggire al fato materno? Oppure soccomberà allo stesso destino, senza mai instaurare una connessione in grado di travalicare l’assurda superficialità della nostra società?


“Rouge”: la trama

Da sempre, Belle è stata insidiosamente ossessionata dalla sua pelle e dai video di skincare.

Quando sua madre Noelle, con cui non aveva contatti, muore in circostanze misteriose, Belle si ritrova nella California del Sud, a occuparsi dei considerevoli debiti di sua madre e ad affrontare alcune sconcertanti domande relative alla sua morte.

La posta in gioco si impenna nel momento in cui una strana donna vestita di rosso si materializza al funerale, pronta a offrirle un allettante indizio circa la prematura scomparsa della madre, seguito da un video estremamente criptico. Quest’ultimo, infatti, mostra una trasformativa esperienza presso una spa di qualche tipo.

Con l’aiuto di un paio di scarpe rosse, Bella viene attirata nel pungente abbraccio de La Maison de Méduse: la stessa, lussuosa spa a cui sua madre era devota, e che assomiglia in maniera inquietante a un culto.

Una volta lì, Bella scopre gli spaventosi segreti che si nascondono dietro la sua ossessione (e quella di sua madre) nei confronti dello specchio – e le scintillanti, incommensurabili profondità (e i demoni) che si nascondono dall’altra parte di quel vetro.



Il romanzo horror più atteso della stagione

“Rouge” esordirà, in lingua inglese, il 14 settembre 2024.

La trama mi ha fatto immediatamente pensare all’episodio “The Outside” di “Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities”, diretto da Ana Lily Amirpour. Il richiamo al demoniaco mondo dell’industria della bellezza, sempre pronta ad alimentarsi dell’ossessione innaturale degli uomini nei confronti di tutto ciò che è fragile, piacevole ed effimero, troverà sicuramente un posto rilevante all’interno del nuovo libro di Mona Awad.

Dal canto suo, Paul Tremblay – autore degli ipnotici “La Casa alla Fine del Mondo” e “Nel Buio degli Mente” – descrive “Rouge” come «Una brillante, mordente critica agli standard di bellezza e, contemporaneamente, una fantasmagorica favola a là Angela Carter, che parla di trauma e della perdita di se stessi.»

Una serie di tematiche decisamente non estranee al lavoro dell’autrice di “Tutto è Bene” (Fandango, 2022).

Se ci pensi, infatti, Mona Awad ha esordito nel 2016 con “13 Modi di Vedere una Ragazza Grassa” (edizione Bompiani). Un romanzo breve incentrato sull’odissea di una ragazzina canadese che, per quanto peso possa perdere, non riesce a smettere di detestare il suo corpo e considerarsi grassa.

La storia descrive i suoi sforzi disperati per conformarsi a uno stereotipo che, ogni giorno, la nostra società si ostina a riconfermare e celebrare.

Del resto, è la stessa Awad a confermare di aver scritto TUTTI i suoi libri con una classica logica da fiaba/racconto cautelare.

Perché tutti partono dall’ammonimento: “Attento a ciò che desideri”


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“The Society for Soulless Girls”: la recensione del dark academia di Laura Steven


the society for soulless girls recensione - laura steven

Dedichiamo l’articolo di oggi alla recensione di “The Society for Soulless Girls”, di Laura Steven.

Un divertente dark academia in salsa YA, che si presta a incarnare – almeno in parte – un retelling de “Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e Mr Hyde” di Robert Louis Stevenson.

Con tanto di declinazione saffica e una sana, giustificatissima, irriverente dose di rabbia femminile


La trama

Dieci anni fa, quattro studentesse hanno perso la vita negli infami omicidi della Torre Nord, presso l’esclusivo collegio artistico Carvell.

Da quel giorno, la Carvell è stata costretta a chiudere i battenti.

Ma, dal momento niente è destinato a durare per sempre, adesso l’amministrazione ha deciso di riaprire le porte, e l’impavida studentessa Lottie è determinata a scoprire la verità che si nasconde dietro quegli atti criminosi.

Quando la sua compagna di stanza, Alice, si imbatte in un sinistro rituale in grado di dilaniare l’anima di una persona e di risvegliare i suoi istinti più bestiali, la Torre Nord reclama un’altra vittima.

Riuscirà Lottie a svelare i misteri della scuola, e a evitare che un passato così denso di ombre e di sangue possa ripetersi?

E Alice, potrà mai invertire il rituale, prima che il suo mostruoso alter ego la consumi completamente?

E sarà mai possibile, per tutte e due, smettere di flirtare impunemente per quindici secondi filati, e riuscire effettivamente a combinare una qualsiasi di queste cose?!



“The Society for Soulless Girls”: la recensione

Ho iniziato a leggere “The Society for Soulless Girls” senza grandi aspettative.

Non posso più negarlo: le parole “dark academia”, ormai, tendono a evocare nella mia mente soltanto immagini di polverose biblioteche dalle tonalità color seppia e di piagnucolosi ragazzini in toga segretamente innamorati del proprio migliore amico (grrr… azie, Rebecca Kuang!).

Dal momento che non ho ancora imparato a rinunciare a un libro gotico con componente f/f, ho deciso che avrei comunque concesso un’opportunità al romanzo della Steven.

Per appurare che il suo “The Society for Soulless Girls” non ha nulla a che spartire con questi elementi così temuti. E che i termini “polemico” e “lamentoso” non rientrano assolutamente nel novero degli aggettivi con cui potrebbe essere descritto.

Una felice scoperta, quindi, che ha avuto il potere di scaraventarmi fra le pagine di una storia grintosa, dark, ben strutturata e scritta con intelligenza.

Una narrazione ricca di verve e di macabro umorismo nero, quella della nostra Laura Steven. Corredata, fra l’altro, da una frizzante vena di nostalgia Anni Novanta e da un ritmo che tende a incagliarsi giusto un po’ in alcuni punti.

E se è vero – come è vero – che gli elementi ispirati al già citato classico della letteratura ottocentesca sono così sottili da rasentare quasi una pura eccentricità, l’originalità della storia riesce a livellare queste apparenti discrepanze con invidiabile disinvoltura.

E cos’è che tiene insieme così bene tutti questi tasselli del racconto?

Bè, sicuramente le tematiche.

Ribellione, lotta al patriarcato e repressione della rabbia si collocano in pole position. Anche perché, per citare l’autrice: «i tempi sembrano maturi, a questo punto, per parlare della dualità della natura umana anche dal punto di vista femminile

L’inquietante immaginario della Steven, dal canto suo, risulta squisitamente compatibile con questo obiettivo. E, già che ci sono, porrei l’accento anche sulla capacità dell’autrice di restare continuamente “sul pezzo”, senza scadere nella facile retorica o nella semplice banalità da pubblicità progresso tipica di altri autori.


Love your monster

Sull’altro piatto della bilancia, ci confrontiamo, invece, con due eroine gradevoli – ma tutt’altro che indimenticabili – e con un trope romantico (l’immortale “grumpyXsunshine”) che avrebbe potuto ambire a qualcosa di più.

Ho letto da qualche parte che, in occasione dell’imminente uscita USA di “The Society for the Soulless Girls”, Laura Steven sottoporrà il testo a un intenso giro di revisione. L’editing sarà finalizzato soprattutto al miglioramento dell’elemento romance e della qualità dei dialoghi (leggi: banter).

Un’ottima notizia, per quanto mi riguarda.

Per carità, Lottie e Alice sono due personaggi abbastanza “shippabili” così come sono…

Ma non c’è dubbio: l’aggiunto di scene e momenti “particolari” fra di loro potrebbe portare a dei grandi benefici, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo dei rispettivi archi narrativi.


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“Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”: la recensione del libro di Grady Hendrix


gruppo sostegno ragazze sopravvissute recensione - grady hendrix

La mia recensione di “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”, romanzo horror di Grady Hendrix, si basa, in realtà, sull’edizione originale in lingua inglese dell’opera (“The Final Girl Support Group”).

Ero molto curiosa di leggere questo libro, essenzialmente per due motivi:

  1. nel 2016, Grady Hendrix aveva già firmato uno dei miei libri horror preferiti del secolo, alias l’irriverente e divertentissimo “L’Esorcismo della Mia Migliore Amica”);
  2. ho sempre pensato che le “final girls” fossero l’unica cosa buona e bella di ogni singolo slasher mai girato.

Complice l’altissimo livello di gradimento riscosso da “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute” presso i lettori americani, nutrivo delle aspettative piuttosto alte nei confronti di questo titolo.

Una fiducia che è stata ripagata, alla fine, da un secondo e da un terzo atto ricchi d’azione, personaggi surreali e momenti di genuina commozione.

Ma anche smentita, in parte, da una parata di capitoli iniziali (le prime cinquanta, sessanta pagine o giù di lì…) caotici e abbastanza dissonanti da spingermi a prendere in considerazione, per un momento, l’idea di mollare la lettura…


La trama

Lynnette Tarkington è una final girl in carne e ossa: l’unica sopravvissuta a un orribile massacro, avvenuto per mano di un pazzo mascherato da Babbo Natale quando Lynne era soltanto una liceale.

Per sedici anni, la nostra eroina ha continuato a incontrarsi con altre cinque final girls nello scantinato fatiscente di una Chiesa, per cercare il sostegno di una terapeuta specializzata nell’assistenza alle vittime di crimini violenti.

Un gruppo di supporto per donne e ragazze sfuggite all’impensabile, insomma, pronte a rimettere insieme i pezzi delle loro vite. O, quantomeno, a provarci.

Un brutto giorno, però, una delle ragazze del gruppo – Adrianne, la più attiva, la più generosa fra loro – salta un appuntamento, e la peggiore paura di Lynette inizia a manifestarsi: qualcuno è venuto a sapere dei loro incontri, e ha deciso di approfittarne.

Un altro mostro – l’ennesimo di una lunga serie – che si prepara a prendersi una rivincita sulle ultime donne ancora in piedi.

Ma la cosa più importante da sapere, quando si parla di final girls, le sopravvissute per eccellenza?

Non importa quanto le possibilità possano essere contro di loro. Non conta neanche quanto oscura sia la notte, o affilato il coltello: una final girl non si arrende.

Mai e poi mai.



“Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”: la recensione

Il romanzo di Grady Hendrix gode di un riconoscibilissimo e scoppiettante impianto cinematografico.

Infatti, come “Scream”, come la sottovalutata commedia “Final Girls” di Todd Strauss-Schulson, riesce a sfruttare appieno il concetto di “metacinema” e a trarre parte della propria forza dagli innumerevoli tropes tipici dei principali slasher in voga negli anni Settanta/Ottanta/Novanta.

La struttura del romanzo è infarcita di colpi di scena e dialoghi serratissimi. Una caratteristica che mi spinge a pensare che, dovesse mai un produttore hollywodiano decidere di investire sull’adattamento cinematografico di “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”, probabilmente ci troveremmo alle prese con un film infinitamente superiore al mediocre “My Best Friend’s Exorcism” diretto da Damon Thomas.

Qualsiasi amante dei B-movie in salsa horror troverà divertenti i centomila richiami ai più grandi successi del filone “exploitation”: da “Halloween” a “Non Aprite Quella Porta”, passando per “Venerdì 13” e “Le Colline Hanno gli Occhi”.

Del resto, gli stessi titoli dei capitoli rappresentano una complice strizzata d’occhi – e, al tempo stesso, una consapevole fonte di sbeffeggiamento – nei confronti di questi film così estremi, violenti e infarciti di punti problematici.


La mitologia del mostro

Punti problematici con i quali Hendrix, per fortuna, non ha alcuna paura di confrontarsi.

Se c’è una cosa che mi piacerebbe farti capire, attraverso questa recensione di “Gruppo Sostegno per Ragazze Sopravvissute”, è che la trama narra la storia di Lynette e delle sue amiche; NON dei mostri infami, brutali e disturbati che hanno sfregiato le loro vite.

Una categoria di soggetti, quella degli assassini, fin troppo esaltata – diciamocelo – da altri media affamati di visualizzazioni.

Sfatando il mito dell’assassino carismatico, affascinante e/o dotato di una complessa vita interiore (un luogo comune che fa imbestialire, e che pure accumuna quasi tutti i thriller incentrati sull’attività di un serial killer, da “Il Silenzio degli Innocenti” a “Saw”…), Grady riesce quindi a ribaltare la prospettiva e a concentrare le sue energie sulla componente più vitale e psicologicamente interessante dell’equazione: le sopravvissute stesse.

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Premio Hugo: tutti i candidati dell’edizione 2023


I candidati al Premio Hugo del 2023 sono stati annunciati poche ore fa.

L’ottantunesima edizione della World Science Fiction Convention si terrà a Chengdu, in Cina, durante il mese di ottobre. In quell’occasione, i membri del comitato renderanno noti i nomi dei vincitori nelle rispettive categorie.

Ospiti d’onore saranno gli scrittori Cixin Liu, Sergey Lukianenko e Robert J. Sawyer.

Il Premio Hugo, per chi non lo sapesse, è il più antico e prestigioso riconoscimento a cui un autore di speculative fiction (fantasy, fantascienza o horror) possa aspirare.

Negli anni, la premiazione è stata al centro di parecchie controversie (vedi la recente petizione, organizzata da un gruppo di fan polacchi, per cercare di estromettere il russo Lukianenko dalla convention), senza mai arrivare a perdere il proprio prestigio.


Premio Hugo 2023: i sei candidati nella categoria “Miglior romanzo”

Premio Hugo 2023 candidati - miglior romanzo

  • The Daughter of Doctor Moreau” di Silvia Moreno-Garcia
  • The Kaiju Preservation Society” di John Scalzi
  • Legends & Lattes” di Travis Baldree
  • Nona the Ninth” di Tamsyn Muir
  • Nettle & Bone” di T. Kingfisher
  • The Spare ManMary Robinette Kowal

Chi vorrei che vincesse: “Nona la Nona” di Tamsyn Muir.

Chi credo che vincerà: “The Kaju Preservation Society” (disponibile in italiano per la Fanucci”) oppure “The Spare Man”. Non fosse altro che perché i lettori coinvolti nella votazione del Premio Hugo tendono a privilegiare SEMPRE la fantascienza, a discapito del fantasy…

Le mie opinioni

Per il momento, ho letto tre dei cinque candidati al Premio Hugo 2023, nella categoria miglior romanzo: le mie recensioni di “The Daughter of Doctor Moreau”, “Nona la Nona” e “Legends and Lattes” ti aspettano già fra le pagine blog, per cui ti basterà cliccare sul titolo in grassetto per farti un’idea delle rispettive trame e delle mie impressioni.

Si tratta – in breve – di tre titoli che ho amato moltissimo, malgrado le profonde differenze (tematiche, stilistiche e inerenti al proprio sottogenere di riferimento) che li contraddistinguono.

Non ho ancora letto “Nettle & Bone” (anche se ne possiedo già una copia). Eppure, al pari dei responsabili dell’assegnazione del Premio Hugo, confesso di nutrire una predilezione particolare nei confronti di T. Kingfisher: un’autrice brillante, ironica e straordinariamente grintosa, di cui ho recensito di recente il divertentissimo horror “A House With Good Bones”.

I fan di lunga data di Scalzi sembrano pronti a confermare che “The Kaju Preservation Society” potrebbe non essere esattamente il miglior romanzo che l’autore de “Le Brigate Fantasma” abbia mai scritto.

Come sai, sono una ghiotta lettrice di romanzi fantasy e horror… ma nei confronti della sci-fi, preferisco optare per un approccio abbastanza casual! Per cui, non avendo mai letto nulla di suo, mi asterrò dal dire la mia.

Di Mary Robinette Kowal, invece, devo ancora leggere “The Calculating Stars” (disponibile in italiano in edizione Mondadori). “The Spare Man”, comunque, promette grandi cose.

Voglio dire, un murder mistery ambientato nello spazio, con un pizzico di romance e una copertina che sembra uscita da un sogno a occhi aperti? Yeeeeees, please!


I sei candidati nella categoria “Miglior Romanzo Breve”

Premio Hugo 2023 candidati - miglior romanzo breve

  • Even Though I Knew the End” di C.L. Polk
  • Into the Riverlands” di Nghi Vo
  • A Mirror Mended” di by Alix E. Harrow
  • Ogres” di Adrian Tchaikovsky
  • What Moves the Dead” di T. Kingfisher
  • Where the Drowned Girls Go” di Seanan McGuire

Chi vorrei che vincesse: “Where the Drowned Girls Go” o “A Mirror Mended”

Chi credo che vincerà: “What Moves the Dead”

Le mie opinioni

Anche in questo caso, ho letto 3/6 dei titoli nominati.

L’anno scorso, la meravigliosa saga dei “Wayward Children” (in italiano, i “Bambini Irrequieti”) di Seanan McGuire si è aggiudicata un meritatissimo premio come miglior serie.

Più avanti, nel corso dell’estate, pubblicherà un articolo dettagliato su questo straordinario ciclo di storie, di cui “Where the Drowned Girls Go” costituisce il settimo volume. Posso già anticiparti che l’ottavo, “Lost in the Moment and Found”, rappresenta uno dei più struggenti e memorabili capitoli della saga.

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“A House with Good Bones”: la recensione del libro gotico di T. Kingfisher


a house with good bones recensione - t kingfisher

La recensione di “A House with Good Bones” arriva sul blog in notturna: un’anomalia, dovuta al fatto che il destino ci ha messo lo zampino, mandando completamente a monte tutti i miei programmi per la giornata.

Ma non vedevo l’ora di raccontarti qualcosa a proposito del nuovo libro horror di T. Kingfisher!

Un’autrice che ho conosciuto grazie al delizioso retelling fiabesco “The Raven and the Reindeer, e imparato ad amare attraverso il brividoso e divertentissimo survival “The Hollow Places”.

“A House with Good Bones”, southern gothic dalla personalità spiccatissima, contiene tutti gli elementi che abbiamo imparato ad associare a questo genere: una casa (probabilmente) infestata, un’atmosfera inquietante e misteriosa, una sfilza di rapporti famigliari complicati e una protagonista dalla voce assolutamente indimenticabile…

Certo: l’intreccio risulta penalizzato da una serie di twist a dir poco prevedibili. Per non parlare di una risoluzione frettolosa che, nel terzo atto, tende a mettere alla prova la sospensione dell’incredulità del lettore con una certa insistenza.

Ma l’inconfondibile piglio ironico della Kingfisher, combinato all’irresistibile sense of humor e alla lucida vena dissacrante della sua protagonista, rendono la lettura di questo romanzo un’esperienza unica, spassosa ed elettrizzante.

Minacciando di scatenare (in maniera del tutto deliberata) un’esplosione di ilarità incontrollata, perfino nei momenti di massima tensione…


La trama

«La mamma sembra un po’ strana

Da quando suo fratello ha pronunciato queste parole, Sam Montgomery non riesce a scacciare una certa preoccupazione.

Le sente ancora echeggiare nella mente, mentre imbocca la tranquilla stradina della Carolina del Nord in cui vive sua madre, sola.

Sam cerca di allontanare il pensiero con tutte le sue forze. Il suo scavo archeologico è appena stato annullato, per cui le toccherà trascorrere qualche mese nella sua vecchia casa d’infanzia. E, in realtà, l’idea di una visita prolungata non le dispiace del tutto, soprattutto considerando lo splendido rapporto che lei e la mamma hanno sempre condiviso.

Sam è felicissima di poter trascorrere del tempo con lei. Solo loro due, intente a bere vino direttamente dal cartone, guardare uno dei loro adorati murder mistery britannici alla tv, cercando di indovinare l’identità del killer prima del solito detective di turno.

Eppure, non appena mette piede in casa, Sam si accorge che la sua vecchia dimora non è più il porto sicuro di un tempo. L’accogliente charm per cui sua madre è sempre stata famosa sembra svanito nel nulla; adesso, le mura sono dipinte di uno sterile e freddo bianco.

La mamma salta in aria al minimo rumore e si guarda costantemente alle spalle, anche quando è lei l’unica altra persona presente nella stanza. E quando Sam esce in giardino per schiarirsi le idee, si imbatte in una giara piena di denti nascosti sotto un cespuglio di rose, una pianta degna delle pagine di una rivista patinata.

Per non parlare dello stormo di avvoltoi che continua a sorvolare il loro cortile dall’alto…

Che cosa sta succedendo alla mamma? Perché è così spaventata? Per scoprirlo, Sam dovrà scavare, alla ricerca della verità.

Ma, forse, sarebbe meglio lasciare sepolti certi segreti



“A House with Good Bones”: la recensione

T. Kingfisher tende a scrivere quel tipo di horror alla portata di tutti, che nessun estimatore del genere sano di mente prenderebbe mai in considerazione di lasciarsi sfuggire.

Suona un po’ paradossale, detta così, non è vero?

Eppure, ti giuro che è proprio così!

Nel suo “A House with Good Bones”, seguiamo il punto di vista – scientifico e iper-razionale – di Sam, una paleoentomologa appassionata di insetti e di archeologia. Una donna con la testa sulle spalle e dalla battuta sempre pronta, liberale e piena di vita, che gode di un ottimo rapporto con sua madre, una signora del Sud dall’intelletto vivace e la spiccata indole ribelle.

In realtà, credo di non essermi mai imbattuta in un horror famigliare incentrato su una relazione madre-figlia così positiva. Devo dire che si è trattato di una piacevole novità. Anche perché la mamma di Sam, Edie, è davvero un personaggio fantastico, adorabile in ogni sua sfumatura.

Ed è proprio il gramo senso di minaccia che sembra aleggiare su di lei ad irretirci nella lettura, in un primo momento, coinvolgendoci nei dubbi di Sam e costringendoci a porci ripetutamente la fatidica domanda: e se la povera Edie stesse impazzendo?

Perché, d’un tratto, questa mamma così schiva e amorevole sembra sempre così sulle spine? Per quale motivo finge di non ricordare dettagli importanti dell’infanzia di Sam e di suo fratello?

Sarà la demenza? Un semplice attacco di senilità precoce? O… qualcos’altro?

Qualcosa di molto più sinistro, che l’implacabile mente analitica di Sam – da sempre aversa a qualsiasi tipo di superstizione – fa infinitamente fatica ad accettare.

Perché, tendenza al gaslighting a parte, di punto in bianco Edie ha preso l’abitudine di uscirsene con una serie di atteggiamenti che sembrano suggerire un’inquietante somiglianza con il modus operandi della propria madre – una vegliarda bigotta e severa, defunta da anni e razzista fin nel midollo, incline a incutere un sacro terror nero nel cuore dei suoi stessi nipoti…


Danza Macabra

Ero indecisa se menzionarlo o meno, dal momento che si tratta di un fattore completamente secondario. Ma la mia recensione di “A House with Good Bones” potrebbe forse dirsi completa, se mancassi di riferire un pensiero che si è più volte impadronito di me durante la lettura?

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“Daphne Byrne”: la recensione del fumetto gotico di Marks e Jones


daphne byrne recensione - fumetto hill house

Spero che la recensione di “Daphne Byrne” riesca a portarmi bene: da oggi in poi, mi piacerebbe riuscire a dedicare un piccolo spazio, qui sul blog, anche alle graphic novel e ai fumetti di ogni nazionalità.

Perciò, dita incrociate, e speriamo di portare avanti questo proposito per tutto il resto dell’anno!

“Daphne Byrne”, serie a fumetti di Laura Marks (responsabile dei testi) e Kelley Jones (autore delle illustrazioni), fa parte della collana horror “DC Hill House”. Il progetto, supervisionato da Joe Hill, comprende, al momento, un’altra mezza dozzina di titoli.

Ricordiamo, fra tutti, il delizioso “A Basketful of Heads: Una Cesta Piena di Teste” e l’horror generazionale “The Dollhouse Family: La Casa delle Bambole”.

Ovviamente, non è necessario leggere l’intera collezione, per riuscire ad apprezzare i singoli volumi. Ogni libro della serie racchiude in sé, infatti, un episodio perfettamente autoconclusivo.

“Daphne Byrne” rappresenta, dal canto suo, un tripudio di inquietanti suggestioni vittoriane. La storia è abbastanza semplice (c’è chi l’ha descritta come una sorta di «”Carrie” ambientato nel diciannovesimo secolo»), ma si lascia leggere con piacere, distinguendosi soprattutto in virtà del disturbante immaginario demoniaco evocato dalle espressive tavole di Kelley Jones…


La trama

New York, diciannovesimo secolo.

La quattordicenne Daphne Byrne ha appena perso suo padre. Sua madre è sprofondata nelle grinfie di una probabile ciarlatana che continua a spacciarsi per medium, sperperando quel poco che resta delle loro dissestate finanze famigliari.

La situazione della ragazzina, già di per sé difficile, è resa ancora più nera dall’atteggiamento altezzoso delle sue compagne di scuola. Fra un attacco di bullismo e una litigata con sua madre Daphne continua a visitare la tomba di suo padre e a pregare per un futuro diverso, senza risultato.

Almeno fino a quando nella sua vita non irrompe un’ombra, lo spettro di un’entità pronta a ergersi in sua difesa.

A mano a mano che il demone inizia a stringere un legame particolare con Daphne, allarmanti fenomeni paranormali incontrollabili prendono a manifestarsi…


“Daphne Byrne”: la recensione

Quando, a fine lettura, ho provato a dare un’occhiata alle “credenziali” di Laura Marks, non sono rimasta particolarmente sorpresa da quello che ho trovato.

Sceneggiatrice televisiva di serie tv popolari (inclusi alcuni episodi di show molto amati dalla sottoscritta, tipo “Servant” o “The Expanse”…), ha esordito nel mondo del fumetto proprio grazie alla pubblicazione di questo volumetto.

In effetti, “Daphne Byrne” sembra rispondere, senza grosse deviazioni, a certe particolari logiche specifiche del mercato televisivo. Un sacco di fumo, qualche traccia di arrosto, un pizzico di tensione, tanto gore e un’estetica che emana un chiaro sentore di calderone fagocita-suggestioni, prodotto derivato di un intero filone cinematografico e di qualche progetto televisivo attentamente selezionato.

Non osa mai fare il passo più lungo della gamba, Laura Marks. La sua creatura offre al pubblico un paio d’ore di piacevole e brividoso intrattenimento; l’equivalente stampato su carta di una miniserie in sei episodi prodotta da Netflix, o da qualche altro colosso dello streaming.

Nulla di male in questo, beninteso. Anzi.

Ma sembra quasi doveroso riconoscere l’importanza del contributo di Kelley Jones, dal momento che i suoi disegni (genuinamente terrificanti) costituiscono il 90% di tutto ciò che permette a “Daphne Byrne” di coltivare una propria identità.


La schiavitù del corsetto

Dal canto loro, le tematiche trattate all’interno di “Daphne Byrne” (ribellione femminile e lotta al patriarcato, nel pieno dell’età più repressiva) offrono sicuramente un mucchio di spunti di riflessione interessanti.

Anche perché il dolore dell’eroina di Laura Marks ha un aspetto molto reale. Il suo senso di isolamento, la consapevolezza di essere “diversa” e praticamente carne da macello, agli occhi di un sistema sociale che non aspetta altro che di cibarsi di coloro che non godono di alcuna protezione, trovano senz’altro un terreno di suggestione molto fertile, all’interno della nostra sensibilità moderna.

In realtà, sospetto che, se soltanto al personaggio di Daphne fosse stata concessa una caratterizzazione meno standard e generica, il livello di coinvolgimento emotivo del lettore, soprattutto in determinati punti-chiave della narrazione, avrebbe avuto il potenziale di schizzare alle stelle!

Stesso discorso per l’ambiguo demone “tentatore” che si fa conoscere solo con il nome di “Fratello”.

Non serve aver mandato già l’intera bibliografia di Stephen King o Ira Levin, per riuscire a prevedere le sue azioni o quelle di Daphne: la loro storia scorre su dei binari talmente precisi, netti e lineari, che anche soltanto l’idea di ipotizzare un finale alternativo risulterebbe, probabilmente, una pura e semplice stravaganza.

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