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Il blog in vacanza fino al 19 agosto 2024


Carissimo lettore,

ti annuncio che il blog, quest’anno, si prenderà una piccolissima pausa estiva.

Tornerò puntuale su questi schermi lunedì 19 agosto, con una nuova recensione, e a partire da quella data riprenderò la pubblicazione dei post a un ritmo regolare.

Ci aspettano un mucchio di novità, e non vedo l’ora di condividere con te le mie opinioni sulla valanga di titoli in uscita a settembre e sui numerosi libri letti in queste ultime settimane!

Mentre inizio a preparare i primi esami autunnali (e a divorare i primi episodi di “Come Uccidono le Brave Ragazze”), ho anche iniziato a lavorare ai prossimi articoli da dedicare al mondo della scrittura e dell’editing.

Nel frattempo, ricorda che resto a disposizione tramite i soliti canali: per qualsiasi richiesta, domanda, suggerimento, dubbio esistenziale sul tuo lavoro di scrittore ecc,, puoi contattarmi attraverso il form della pagina “Cosa posso fare per te?”. Prometto che risponderò il prima possibile.

Buone vacanze a tutti e a prestissimo!


“Bookshops and Bonedust”: la recensione del prequel di “Legends and Lattes”


bookshops and bonedust recensione - prequel legends and lattes

La recensione di “Bookshops and Bonedust” è qui per rispondere alla domanda che tutti i fan italiani del cozy fantasy si stanno ponendo: vale la pena leggere il prequel di “Legends and Lattes? Come se la cava Travis Baldree in questa nuova/vecchia avventura di Viv, l’orchessa gentile che abbiamo incontrato nel corso del primo libro?

Perché sappiamo tutti che “Legends and Lattes” ha praticamente fondato un (sotto)genere. E la posta in gioco, per i personaggi di un cozy fantasy, potrà anche essere bassina… Le nostre aspettative nei confronti di “Bookshops and Bonedust”, però?

Alte come le Montagne Nebbiose, e più svettanti della Torre di Mordor!


La trama

Viv è finalmente riuscita a unirsi alla rinomata compagnia di mercenari guidata dal leggendario Racksam. La sua carriera fra i Corvi, però, non si sta svolgendo esattamente secondo i piani.

Infatti, mentre il gruppo sta dando la caccia a una potente necromante, Viv subisce una ferita alla gamba ed è costretta a separarsi dal gruppo per cercare rifugio a Murk, una pacifica e sonnacchiosa cittadina costiera. L’orchessa ha il terrore che i Corvi non tornino più indietro a riprenderla, ma che alternative ci sono? La sua gamba malandata ha bisogno di molto riposo per guarire.

Lontana da quell’azione spericolata che tanto brama, Viv inizia a trascorrere le sue ore di ozio in compagnia di Fern, la proprietaria di una libreria sull’orlo del tracollo. A poco a poco, inizia quindi a lasciarsi coinvolgere nelle peripezie di Fern per salvare la sua attività, ritrovandosi a esplorare un mondo in cui non avrebbe mai pensato di avventurarsi… e che pure le fornisce, forse, esattamente l’occasione di cui aveva bisogno per imparare qualcosa di prezioso.

Perché, a volte, le cose giuste ci succedono nel momento sbagliato. Quello di cui abbiamo bisogno non è sempre quello che cerchiamo. E, qualche volta, può perfino capitare di riuscire a trovare noi stessi all’interno delle storie che abbiamo modo di sperimentare insieme…

Eppure, l’avventura non è lontana quanto Viv pensava. Un misterioso viaggiatore vestito di grigio, una gnoma dalla testa calda e un inaspettato romance estivo dimostreranno a Viv che perfino un posto come Murk può rivelarsi, all’occorrenza, ricco di eventi affascinanti e imprevedibili…


“Bookshops and Bonedust”: la recensione

Quando un autore che amo annuncia un prequel, non riesco mai a entusiasmarmi più di tanto. Per natura, e fatta eccezione per un paio di titoli in particolare (qualcuno ha detto “Buffy”, per caso?!) penso di essere una persona abbastanza immune al fattore nostalgia. Nella vita come nella lettura, mi piace guardare avanti, più che al passato.

E dico questo nonostante mi sia poi ritrovata, in più di un’occasione, ad apprezzare un prequel addirittura (quasi) più del romanzo originale.

Ma ti dirò la verità: la cosa che mi “preoccupava” di più, nel caso di “Bookshops and Bondust”, è che il personaggio di Tandri, stavolta, sarebbe rimasto inevitabilmente tagliato fuori dai giochi. E io, al pari di Viv, ho sempre nutrito un debole particolare per la succubus!

A lettura ultimata, però, posso confermarti che il prequel scaturito dalla penna e dall’immaginazione di Travis Baldree riuscirà a risvegliare in te un piccolo tsunami di dolcissime, calde emozioni! Anche perché nessuno degli ingredienti alla base del successo del primo manca all’appello – umorismo, magia, un pizzico di romance e tante, tantissime cozy vibes – e una buona metà dei nuovi personaggi introdotti meriterebbero uno spin-off a parte.

La trama risulta, forse, un po’ più dispersiva, meno “studiata” e incisiva rispetto a quella di “Legends and Lattes”. Ma c’è anche da dire che Baldree, in questo secondo volume, ha fatto ricorso a una dose di azione e a una progressiva crescita di tensione che rendono la lettura particolarmente coinvolgente e immersiva.

E poi, c’è tutto il fattore della libreria e del grande amore per le storie di cui tenere conto…

(insert: sospirone e due giganteschi occhi a cuoricino)


Il potere dei libri e il viaggio dell’orchessa

E, del resto, Travis Baldree non inserisce certo questi stupendi “bookish tropes” a caso, o soltanto per concedere una strizzatina d’occhio al suo lettore. Alzi la mano chi, fra noi, non ha mai sognato di aprire una pittoresca libreria! Meglio ancora se strabordante di volumi, per trascorrere i pomeriggi a catalogare, ordinare, consigliare…

La libreria di Fern, in effetti, costituisce un ottimo catalizzatore per l’arco trasformativo di Viv.

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5 libri fantasy prequel che si sono dimostrati (quasi) all’altezza dell’originale


Non sono mai stata una grande fan dei libri prequel, fantasy o appartenenti a qualsiasi altro genere. Ma, ovviamente, nel corso del tempo mi sono dovuta ricredere in più di un’occasione: perché è proprio vero che, a volte, i prequel possono rivelarsi coinvolgenti, interessanti, originali e inaspettati tanto quanto il romanzo originale!

E così, nella data d’uscita di “Queen B” di Juno Dawson (un romanzo breve ambientato addirittura secoli prima degli eventi narrati in “La Congregazione Reale di Sua Maestà“), ho pensato bene di dedicare un breve post ad alcuni dei prequel che sono riusciti a imprimersi nella mia memoria in modo particolare.

Prima, però, diamo un’occhiata insieme alla trama di “Queen B”…


“Queen B”: la trama

libri fantasy prequel - queen b

E’ il 1536 e la Regina è stata decapitata.

Lady Grace Fairfax, strega, sa che c’è qualcosa di losco in gioco – che qualcuno ha tradito Anna Bolena e la sua congrega.

Affranta per la perdita della loro leader – e della sua amante, un segreto che, se venisse alla luce, segnerebbe anche la sua condanna a morte – Grace farà tutto ciò che è in suo potere per rintracciare il traditore.

Ma in gioco c’è qualcosa di più della semplice vendetta: perché è stata proprio una strega, una di loro, a tradirle, e Grace non è l’unica che la sta cercando. Il Re Enrico VIII ha sguinzagliato i suoi cacciatori, e questi si sono organizzati come mai prima d’ora sotto la guida del suo nuovo consigliere, l’impassibile Sir Ambrose Fulke: un uomo freddo e accecato dalla fede.

E il suo crudele regno potrebbe segnare la fine delle streghe

“Queen B”, in lingua originale inglese, è già disponibile per l’acquisto su Amazon.


5 libri fantasy prequel (quasi) all’altezza del libro originale: “Un Giorno di Notte Cadente” di Samantha Shannon

Come ho cercato di spiegare all’interno della mia recensione di “Un Giorno di Notte Cadente”, questo primo prequel del bestseller internazionale “Il Priorato dell’Albero delle Arance” si è dimostrato altrettanto immersivo, complesso e intellettualmente stimolante del romanzo originale.

Per chi ama l‘epic fantasy, ma non disdegna le storie dal taglio più moderno e, soprattutto, il dibattito su questioni d’attualità quali maternità, diritto d’aborto, femminismo ecc, si tratta di una lettura assolutamente imperdibile!

La trama segue le vicende di tre donne: Tunuva Melim, una sorella del Priorato dell’Albero delle Arance che, per cinquant’anni, si è addestrata a combattere contro i draghi (anche se nessuno crede più che il Senza Nome stia per tornare); Glorian di Inys, che lotta per uscire dall’ombra di una madre irraggiungibile; e Dumai, cresciuta in un tempio dell’Est ma in procinto di scoprire uno sconvolgente segreto relativo al suo passato.

Quando l’ombra dei Draghi tornerà a minacciare tutto ciò che conoscono, amano e hanno giurato di proteggere, toccherà a loro farsi carico di un destino più esigente di qualsiasi desiderio.

L’edizione italiana, targata Mondadori, di “Un Giorno di Notte Cadente” è disponibile in libreria e su Amazon; lo steso vale, ovviamente, per “Il Priorato dell’Albero delle Arance”.


“Tra Tuoni e Fulmini” di Seanan McGuire

Non credo che riuscirò mai a parlarti abbastanza della meravigliosa serie “I Bambini Irrequieti” di Seanan McGuire.

“Tra Tuoni e Fulmini” è il secondo volume della saga, nonché prequel diretto di “Una Porta per Ogni Cuore“. Un libro bellissimo, esattamente come il suo predecessore; emozionante, originale e “romantico” nel senso più letterario del termine, ambientato com’è fra le selvagge brughiere del macabro mondo parallelo che accoglie le gemelle problematiche Jack e Jill, già incontrate fra le pagine del primo libro.

Una storia dal sapore “burtoniano”, che ci permette di rispondere a molte delle domande rimaste in sospeso nel corso di “Una Porta per ogni Cuore”. E che ci ricorda che il lieto fine, purtroppo, non sembra attendere proprio tutti….

In realtà, la longeva e pluripremiata serie della McGuire è costellata di romanzi-prequel che varrebbe la pena elencare all’interno di questo post. Dal momento che “Tra Tuoni e Fulmini” è l’unico uscito (finora) in Italia, però, mi limiterò a raccomandarti di correre a recuperare questo gioiellino il più in fretta possibile…

Puoi acquistare la tua copia su Amazon.

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“Pride and Prejudice and Pittsburgh”: la recensione del Regency romance di Rachael Lippincott


Pride and Prejudice and Pittsburgh recensione - rachael lippincott

Eccoci giunti alla recensione diPride and Prejudice and Pittsburgh”, romance saffico di Rachael Lippincott.

Un libro YA, ambientato in parte nell’Inghilterra della Reggenza, in parte negli USA dei giorni nostri, che ti farà sciogliere come zucchero. E desiderare disperatamente di poter viaggiare indietro (o avanti) nel tempo insieme alle sue protagoniste!


La trama

Audrey Cameron ha perso la sua scintilla. Dopo essere stata piantata in asso dal suo primo amore ed essere finita sulla lista d’attesa della scuola d’arte dei suoi sogni – il tutto, nel giro di una settimana – la povera ragazza non ha nessun intenzione di mettersi di nuovo in gioco. Da nessun punto di vista.

Un giorno, il signor Montgomery, noto brontolone locale ,entra nel negozio di quartiere gestito dalla sua famiglia, annunciando di poterla aiutare. Audrey non sa cosa aspettarsi. Di sicuro, non la possibilità di essere trasportata indietro nel tempo, per diventare l’eroina di un romanzo d’amore Regency!

Lucy Sinclair, dal canto suo, non potrebbe restare più sbalordita dal ritrovamento di una strana ragazza americana nel campo fuori dalla sua magione di famiglia. Una giovane vestita in modo assai singolare, peraltro, e dotata di maniere alquanto allarmanti.

Tuttavia, deve ammetterlo: l’incontro potrebbe trasformarsi esattamente nel tipo di distrazione di cui aveva bisogno… Soprattutto perché suo padre, un avido arrivista, ha intenzione di costringerla a sposare un uomo odioso e supponente, nei confronti del quale Lucy non prova il minimo interesse.

Non che Lucy si sia più stata interessata a nessuno, dopo la morte di sua madre. Sembra quasi che la donna abbia portato via con sé nella tomba la capacità di Lucy di affezionarsi, vivere e amare.

Mentre le due ragazze uniscono le forze per cercare di scoprire le cause di questo assurdo viaggio nel tempo e trovare un modo per rispedire Audrey a casa, le loro rispettive scintille tornano da loro… nel più imprevedibile dei modi.

Perché mentre entrambe cercano disperatamente di innamorarsi dei loro corteggiatori e di ottenere il lieto fine che tutti si aspettano da loro, Audrey e Lucy scoprono che non è necessario il minimo sforzo per innamorarsi… l’una dell’altra.

Ma può una storia d’amore inaspettata sopravvivere alle più impossibili delle circostanze?


“Pride and Prejudice and Pittsburgh”: la recensione

Il nuovo libro di Rachael Lippincott assomiglia un po’ a una romcom di Natale targata Hallmark Channel, riletta in chiave f/f e con qualche delicato tocco fantastico aggiunto nel mix. Gli ingredienti segreti? Uno stile vivace, una frizzante atmosfera pop e una sana dose di umorismo!

Onestamente, ho fatto un filo di fatica a entrare in sintonia con il personaggio/punto di vista di Audrey. Difficilmente mi è capitato di imbattermi in un’eroina più piagnucolosa di così, e i suoi atteggiamenti sembrano spesso guidati da quel pizzico di fastidiosa ottusità che, a volte, si fa davvero fatica a ignorare.

Lucy mi è piaciuta molto, ma molto di più. In parte, perché ho apprezzato ogni singolo istante della sua lotta per recuperare i vari tasselli perduti della sua identità (anzi, penso che avrei addirittura gradito un ulteriore approfondimento su questo argomento…). Dopotutto, so che cosa significa interpretare un ruolo per tenersi stretta l’approvazione degli altri, e ho trovato davvero lodevole il modo in cui l’autrice è riuscita a trattare il tema.

Ammirabile anche lo sforzo, da parte di Rachael Lippincott, di creare un solido cast di personaggi maschili di supporto. Non dico che il tentativo sia completamente riuscito (non mancano stereotipi e momenti di stasi), ma, in generale, i comprimari riescono a interagire in modo tale da tenere sempre in movimento la famosa “rotellina” del plot, strappando nel frattempo più di un sorriso spensierato al lettore.

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“Survive the Night: Sopravvivi alla Notte”: la recensione del libro thriller di Riley Sager


survive the night - recensione - riley sager

Magari è ingiusto iniziare la recensione di “Survive the Night” tracciando un paragone con altri libri di Riley Sager

Eppure, la verità è che, da brava fan dell’autore di “Final Girls” e “A Casa Prima di Sera”, non sono sicurissima di riuscire a resistere alla tentazione.

“Survive the Night” è un thriller leggero e frizzantino, tutt’altro che memorabile.

Abbastanza adrenalinico e scorrevole da non farti provare mai, neanche per un istante, la tentazione di accantonarlo in favore di un’altra lettura. Ma anche popolato da alcuni dei personaggi più idioti di cui io abbia mai letto in vita mia (protagonista inclusa), e infarcito di una sfilza di colpi di scena che potremmo descrivere come “incredibili” soltanto nel senso più letterale del termine.

Una serie di trovate annacquate, insomma, per lo più prese in prestito dal mondo del cinema d’azione. A rivitalizzarle provvedono una narrazione incalzante e un ritmo che non conosce il significato della parola “tregua”…


La trama

Anni Novanta. Charlie Jordan ha appena accettato un passaggio da un serial killer. Forse.

Dietro il volante c’è Josh Baxter, uno sconosciuto che Charlie ha incontrato al college, di fronte a una di quelle bacheche che gli studenti usano per offrire o richiedere passaggi in cambio di un contributo per la benzina.

Charlie non credeva che sarebbe riuscita a trovare uno studente disposto a lasciare il college nel bel mezzo del semestre. E, in effetti, Josh sembra un po’ più vecchio del tuo tipico studente universitario. Eppure, Charlie non ha scelta: deve lasciare il campus, tornare a casa da sua nonna, il più in fretta possibile.

Due mesi prima, la sua migliore amica/compagna di stanza è stata assassinata da un serial killer che ha l’abitudine di strappare un dente dalla bocca sanguinante delle sue vittime. Un gramo souvenir. Da allora, Charlie non riesce a sopportare l’idea di continuare a vivere e studiare nello stesso posto in cui Maddie è andata incontro alla sua rovina.

Lungo la strada, Charlie e Josh cominciano a scambiarsi una serie di aneddoti, stabilendo un certo grado di confidenza. Josh sembra un tipo alla mano, affascinante, amichevole, sinceramente interessato ai problemi di Charlie. Tant’è che la ragazza si sorprende, a poco a poco, a desiderare di potersi confidare con lui.

Fino a quando una serie di allarmanti discrepanze e contraddizioni nella storia del suo giovane autista non iniziano ad allarmarla.

Perché se Josh non è chi dice di essere… chi diavolo è, in realtà? Possibile che sia LUI… l’assassino di Maddie, l’infame “serial killer del campus”?

Se fosse così, Charlie potrebbe trasformarsi presto nella sua prossima vittima.

Inizia così un feroce gioco del gatto e del topo. Per vincere, Charlie dovrà riuscire a fare una cosa sola: sopravvivere alla notte.



“Survive the Night”: la recensione

Il mondo del cinema ha sempre influenzato profondamente le trame dei romanzi di Riley Sager.

Sto pensando all’eccentrico “Chiuditi Dentro”, che deve probabilmente la sua stessa esistenza al film di Roman Polanski “Rosemary’s Baby”. Ma anche al legame a doppio filo che sembra esistere fra “The House Across the Lake” e “La Donna alla Finestra”, pellicola di Joe Wright tratta dall’omonimo romanzo di A. J. Finn.

In “Survive the Night”, il peso di quella che potremmo descrivere come una sorta di “componente hollywoodiana” riesce addirittura a superare ogni previsione.

Un po’ perché Charlie, l’eroina della storia, è un’appassionata di cinema che soffre di pesanti allucinazioni. La sua peculiare condizione psicologica la induce, infatti, a trasformare ogni episodio cardine della sua vita in uno scoppiettante colossal ad ampio budget, minando costantemente la sua sicurezza e il suo livello di attendibilità.

E un po’ perché, in questo intreccio, Sager, come nella (peggior) tradizione cinematografica americana, riesce a fare uno sfacciato uso di qualsiasi twist narrativo possibile e immaginabile. Uccidendo allegramente qualsiasi teoria alla base del concetto di sospensione dell’incredulità, e sbeffeggiando apertamente qualsiasi pretesa di credibilità da parte del lettore…


Tu chiamala, se vuoi, “metafiction”…

A patto di non stare lì a interrogarsi sui suoi millemila buchi di trama, o sulle assurde motivazioni che spingono eroi e villain a comportarsi sempre nel modo più becero e decerebrato possibile, “Survive the night” è un libro che vanta il grande merito di non prendersi mai troppo sul serio.

Regala svariate ore di puro intrattenimento, offrendo divertimento e complicità in cambio di 370 pagine pronte a scorrere via come acqua.

Inoltre, l’amore di Sager per il cinema classico in bianco e nero, per i film di Hitchcock e per i vecchi survival horror degli anni Ottanta/Novanta riesce a tingere ogni pagina di una gradevole sfumatura nostalgica. La stessa composizione delle parti e dei capitoli segue il modello di una tipica sceneggiatura, cogliendo peraltro ogni occasione per omaggiare certi b-movie cari a qualsiasi nerd cinematografico che si rispetti.

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“Relativity: Limitless Bond”: la recensione del libro di Jan Sebastian Gutierrez



Oggi parliamo di “Relativity: Limitless Bond”, un libro per ragazzi di Jan Sebastian Gutierrez, pubblicato da Altromondo Editore.

Un romanzo denso di azione, cuore ed energia, purtroppo penalizzato da una piccola costellazione di difetti di ordine tecnico e strutturale. Tuttavia, dietro la penna dello scrittore fiorentino, si nasconde senz’altro la sensibilità di un giovane artista dal notevole potenziale allo stato grezzo…


“Relativity: Limitless Bond”: la trama

Tommy Kinnels è un ragazzo che fa strani sogni sul proprio passato e sul proprio futuro.

Hiruka Tagashi è un sedicenne che avverte versioni alternative di se stesso.

I due si conoscono e non si sopportano… Ma è davvero così?

In una distopica America reduce da un cataclisma che l’ha ridotta in ginocchio, i due si ritroveranno in un labirinto di forze sovrannaturali, antichi ordini mistici, potenti creature rinchiuse in totem e premonizioni di disastro.

Tra viaggi nel tempo e salti dimensionali, un’avventura urbana adolescenziale che prende vita in un’enigmatica città, vista attraverso molti occhi e prospettive diverse.


La recensione

Di “Relativity” ho apprezzato diversi aspetti.

Tanto per cominciare, si tratta di un romanzo che – come accennavo un istante fa – denota sicuramente un grande vortice di energia creativa allo stato grezzo, nonché un’immensa voglia di trasmettere emozioni e comunicare, alla pari e senza troppi fronzoli, con i suoi (giovani) lettori.

Più che sugli eventi, quindi, la narrazione preferisce concentrarsi sulle relazioni umane, sulle dinamiche fra i personaggi e sulle loro storie personali. Prova a immaginare una sorta di “Sense8” per ragazzi, sullo sfondo di una peculiare America distopica, in cui singolo ogni sogno (o incubo) diventa possibile e il confine fra realtà e immaginazione prende a farsi mooolto sfumato.

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“La Collezionista di Anime”: la recensione del libro di Kylie Lee Baker


la collezionista di anime recensione - kylie lee baker

È possibile scrivere una recensione de “La Collezionista di Anime”, romanzo fantasy di Kylie Lee Baker, senza affrontare lo spinoso argomento delle traduzioni targate Fanucci?

Ho paura di no.

Perché l’italiano sgangherato e improbabile che caratterizza l’80% del catalogo recente della nota casa editrice romana – incluso questo titolo – sta cominciando a diventare un problema. Non è l’unico motivo che mi impedisce di consigliare ai fan del genere la lettura de “La Collezionista di Anime”, sia chiaro.

Ma è comunque la ragione che mi spinge a dire: «Se volete leggerlo, acquistate l’edizione in lingua originale». Anche se l’oggettiva bellezza della copertina italiana basta a tingere questo consiglio di una lieve sfumatura dolceamara…


La trama

Londra, 1890. Ren Scarborough è per metà Mietitrice, per metà Shinigami. In ogni caso, la sostanza non cambia: raccogliere le anime dei defunti ha sempre fatto parte del suo destino.

Ren è cresciuta a Londra, la città di suo padre. Ma l’unico che sembri avere a cuore il suo destino è il fratellastro, Naven: dal punto di vista di tutti gli altri Mietitori londinesi, infatti, Ren non è altro che una meticcia, un’incapace e una piantagrane, non necessariamente in quest’ordine.

Tant’è che maltrattare Ren è diventato, per molti dei suoi “colleghi” Mietitori, una specie di passatempo del cuore.

Tuttavia, un giorno alcuni di loro commettono l’errore fatale di tirare un po’ troppo la corda; senza volerlo, Ren ricorre quindi ai suoi poteri di Shinagami per fermare le percosse.

Da quel momento in avanti, è come se qualcuno avesse dipinto un bersaglio scarlatto sulla sua schiena.

Ren deve lasciare Londra, e in fretta.

L’unica destinazione possibile? Il Giappone, ovviamente; la terra di sua madre e degli altri Shinigami, l’unico posto al mondo in cui Ren è convinta di potersi liberare di paura e pregiudizi.

Tuttavia, non appena si presenta al cospetto della famigerata Dea della Morte giapponese, la ragazza capisce di aver preso un brutto granchio: di fatto, se vorrà ottenere un posto nel suggestivo e inquietante aldilà nipponico, dovrà guadagnarselo.

Versando sangue; suo e degli altri, ma soprattutto altrui.

E sacrificando anime… quelle degli altri, ma soprattutto la sua.


“La Collezionista di Anime”: la recensione

Sotto alcuni punti di vista, “La Collezionista di Anime” è il libro più noioso e ridondante che mi sia capitato di leggere quest’anno.

Descrizioni statiche e personaggi folcloristici di pochissimo (o nessuno) spessore appesantiscono la prosa di Kylie Lee Baker, una zavorra che minaccia di affondare la trama in più di un’occasione.

Le numerose scene d’azione, blande e strutturate in modo tale da riuscire a esercitare un impatto molto limitato (perché la posta in gioco è sempre troppo bassa o troppo condizionata dalla prospettiva avvelenata di Ren), si avvicendano a un ritmo che può essere decritto come “vertiginoso” nella migliore delle ipotesi, e “dissennato” in tutte le altre.

La trama è un pasticcio, quasi dall’inizio alla fine. Il classico modello del Viaggio dell’Eroe, interpretato nel suo senso più letterale, ma eseguito in modo goffo e alquanto rapsodico.

Come premessa di un plot da videogioco, probabilmente l’idea delle tre prove da assegnare a Ren non sarebbe stata malvagia. Ma ritengo che dovrebbe esistere un limite al numero di volte in cui un personaggio può continuare a risolvere i suoi conflitti usando sempre lo stesso trucchetto (toh, qualcuno per caso ha detto “orologio magico”?!).

Per non parlare della spropositata quantità di dialoghi generici, inutili e infantili che minacciano continuamente di sminuire la storia…


Antieroina, o… inumana?

Perché è sicuramente vero che i tre protagonisti de “La Collezionista di Anime” sembrano decisi a battibeccare come massaie per nessuno scopo al mondo, tranne quello di rivelare al mondo la loro scarsa profondità emozionale

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“Cyrano”: 5 cose che uno scrittore di romance può imparare guardando il film di Joe Wright


cyrano - banner del film prime video

Il film diretto da Joe Wright è il miglior adattamento di “Cyrano” che io abbia mai visto.

Inutile girarci intorno.

Un musical in costume romantico, tragico e prorompente, incentrato sulla forza incontrastabile delle passioni umane.

È vero: le parti musicali non si rivelano sempre all’altezza della messa in scena. Alcuni pezzi sono stupendi, mentre altri… ehm, usiamo un eufemismo, e descriviamoli pure come “semplicemente orecchiabili”.

Ma Peter Dinklage, nei panni di Cyrano, ci offre forse la migliore interpretazione della sua carriera!

La sua eloquente espressività, la sua profonda voce baritonale, i suoi gesti precisi, solenni e intrisi di struggimento… È soprattutto grazie al talento, all’urgenza e alla travolgente passione sfoggiati dall’attore de “Il Trono di Spade”, che l’opera di Wright riesce ad acquistare una potenza e un vigore straordinari!

Eppure, per come la vedo io, anche la sceneggiatura di “Cyrano” (firmata da Erica Schmidt) potrebbe essere in grado di offrire una lezione o due agli aspiranti autori di libri romance.

Curioso/a di scoprire quali?

Andiamo a scoprirlo insieme…


1. Come introdurre il protagonista di una storia

Ricordi cosa abbiamo detto a proposito dell’importanza vitale del protagonista di una storia?

L’eroe non è un personaggio come gli altri. Attraverso i suoi occhi, il lettore (o lo spettatore, come in questo caso…) avrà infatti la possibilità di vivere mille avventure; tutto ciò che, nel corso della sua vita reale, probabilmente (o per fortuna) non riuscirà mai a sperimentare in prima persona.

Che cosa implica questo?

Che nessun protagonista al mondo dovrebbe mai “accontentarsi” di un’introduzione blanda o banale, a prescindere dalla sua caratterizzazione e da quale che sia il principio del suo arco trasformativo.

Proviamo a considerare la scena del film in cui Cyrano appare per la prima volta.

All’inizio, non udiamo altro che la voce profonda, ironica e tonante di Dinklage. Eppure, bastano un paio di battute sferzanti e argute a scapito del ridicolo Montfleury, ed ecco che lo spettatore ha già “drizzato le antenne”!

Una certezza assoluta lo invade: quello che sta per entrare in scena è un personaggio speciale, non certo un cicisbeo come gli altri!

Dopo aver rimesso il pomposo attore al suo posto, Cyrano accetta quindi di battersi a duello con un uomo che ha cercato di infangare il suo onore.

È l’avversario a lanciare il guanto della sfida, bada, non Cyrano: ai fini della trama, è importantissimo che il pubblico capisca subito che il protagonista è un uomo arguto e capace, ma non rancoroso o privo della capacità di lasciarsi scivolare gli insulti addosso.

Cosa accade, dunque?

Cyrano combatte contro lo spadaccino nemico, e… vince, senza mai perdere la propria compostezza. Dimostrando immediatamente la sua prodezza e la propria capacità di provare compassione (hai presente le parole gentili che sussurra all’orecchio dell’avversario moribondo, il modo tenero e triste in cui adagia il suo corpo sul palco?).

Nel frattempo, da uno spazio soprelevato, l’amata Roxanne (Haley Bennett) osserva la scena; Cyrano non sembra in grado di smettere di lanciare occhiate infatuate e circospette nella sua direzione…

Quindi, riassumendo, vedi quante informazioni sul contro del protagonista siamo stati in grado di assimilare attraverso una singola scena?

Cinque minuti dopo aver fatto la sua conoscenza, sappiamo già che Cyrano è:

  • un’artista della parola, dotato di arguzia e di un incandescente senso dell’ironia
  • un abilissimo combattente
  • un uomo onorevole
  • un individuo dotato di grande umanità
  • terribilmente innamorato di Roxanne, e del tutto impacciato in campo sentimentale.

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“L’Isola del Dottor Moreau”: 5 cose che uno scrittore può imparare leggendo il libro di Wells


isola del dottor moreau - analisi libro h g wells

Non esagero quando dico che l’edizione Fanucci de “L’Isola del Dottor Moreau” ha fatto parte della mia TBR per anni.

Dopotutto, dello stesso autore avevo già letto “La Macchina del Tempo”, libro di cui avevo senz’altro apprezzato la visionarietà e la sottile ironia di fondo.

Ma, allora, perché mi sono ritrovata a esitare così tanto?

Bè…

Il problema è che ho una mente iperattiva e facilmente incline alle distrazioni; per cui, forse non ti sorprenderà sapere che sono le nuove uscite, per la maggior parte del tempo, a monopolizzare il mio tempo!

Eppure, paradossalmente, stavolta si dà il caso che sia stata proprio questa mia (comprensibilissima) fascinazione per i titoli appena sbarcati in libreria a spingermi a recuperare il libro di H. G. Wells, pubblicato per la prima volta nel 1896.

Dopotutto, a fine luglio è uscita l’edizione in lingua originale del retelling “The Daughter Of Doctor Moreau di Silvia Moreno-Garcia; l’affermata autrice di “Mexican Gothic” e “Gods of Jade and Shadow”, due romanzi affascinanti e ricchi di seducenti suggestioni morbose.

Per “prepararmi” alla lettura di questo nuovo lavoro, cos’altro avrei potuto fare, se non decidermi a a iniziare la mia bella copia de “L’Isola del Dottor Moreau”?

Ti confermo subito che si è trattato della scelta giusta. In primo luogo, perché “L’Isola del Dottor Moreau” mi ha garantito un’esperienza di lettura insolita, incisiva e ricca di spunti di riflessione.

Ma anche perché il classico di Wells mi ha permesso di assimilare cinque preziose lezioni di scrittura creativa; le stesse che ho intenzione di condividere con te, nel corso di questo articolo…


Spoiler alert!

1.Come usare il “body horror” per richiamare nel lettore un sacrosanto terrore della propria mortalità

Fra le righe della trama de “L’Isola del Dottor Moreau”, si nascondono parecchie metafore, di ordine tanto sociale, quanto metafisico, religioso e perfino esistenziale.

Eppure, su un livello profondo – un livello istintivo –  la prima reazione che la cronaca degli atroci esperimenti compiuti dal protagonista del libro è in grado di suscitare, non ha nulla a che vedere con i cosiddetti sentimenti “elevati” del genere umano.

Compassione, sdegno, etica, raziocinio…

È come se gli eloquenti plot twist del libro di H. G. Wells costringessero tutte queste cose ad “arretrare” nella mente del lettore, per lasciare campo libero a emozioni di natura assai più prosaica e ancestrale: paura. Rabbia. Sgomento. Orrore.

Per scagliarlo, insomma, in una condizione psicologia non troppo dissimile da quella sperimentata dalle tormentate creature del dottor Moreau.

Tieni presente che il body horror è il sottogenere che si propone di raccontare il senso di orrore, assoluto e incontrovertibile, che si prova al cospetto di una violazione del corpo.

Un terrore universale, intriso di sofferenza e non privo di certe particolari connotazioni grottesche, che riesce a estendere la sua fosca influenza sugli abitanti di ogni epoca, ceto e cultura.

La paura del dolore fisico, in fondo, è una delle pochissime cose in grado di accomunarci tutti.

Ed ecco perché NESSUNO sarà mai in grado di restare indifferente di fronte alla raccapricciante storia dello scienziato pazzo Moreau…

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“Secret Team 355”: la recensione del film disponibile su Prime Video


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Arriva oggi la recensione di “Secret Team 355”, l’attesa spy story al femminile appena sbarcata sul servizio streaming Amazon Prime Video.

Un film che si lascia guardare, ma che, a mio avviso, si rivela al tempo stesso abbastanza deludente.

Tutta colpa di una regia svogliata e di una sceneggiatura che, tutta presa dalla foga di inserire scene di combattimento, sparatorie e protocolli geopolitici, finisce per dimenticarsi il prerequisito più importante: la necessità di lasciarsi seguire dallo spettatore…


La trama

Mace (Jessica Chastain) è un’agente dei servizi segreti americani che riceve l’incarico di finalizzare l’acquisto di un pericolosissimo congegno tecnologico appena introdotto sul mercato nero.

Tuttavia, a causa dell’interferenza dell’agente operativa tedesca Marie (Diane Kruger), lo scambio si rivela un tragico buco nell’acqua.

La situazione degenera nel momento in cui ulteriori forze sconosciute si lanciano nella mischia e Nick (Sebastian Stan), un collega e amante di Mace, finisce ucciso dal fuoco nemico.

Mace decide quindi di intraprendere una personale missione di vendetta contro gli assassini, infischiandosene delle regole dell’agenzia e cercando di recuperare il disco perduto con ogni mezzo necessario.

Nel corso della sua impresa, la donna finirà per incrociare di nuovo la strada della combattiva rivale Marie. Ma avrà anche bisogno dell’appoggio dell’esperta mondiale di hackeraggio e informatica Khadijah (Lupita Nyong’o) e della tenace psicanalista colombiana Graciela (Penélope Cruz).


“Secret Team 355”: la recensione

La “creatura” cinematografica di Simon Kinberg vanta un cast stellare e una premessa intrigante, ma annaspa sotto i battiti un cuore che riesce a tenere in vita l’entusiasmo soltanto a metà.

Come mai?

Bè, tanto per cominciare, la trama di “Secret Team 355” si rivela inutilmente tortuosa e complicata. La verità è che, per quanto lo spettatore possa lambiccarsi le meningi, si ritroverà in molteplici occasioni a perdere completamente il filo degli eventi, delle complicazioni e degli innumerevoli voltafaccia messi in atto dai personaggi secondari.

E’ come se la mezza dozzina di comprimari continuasse ad affannarsi istericamente dal punto A al punto B, senza permettere a nessuno di decifrare totalmente le complicate motivazioni alla radice delle loro azioni.

Eccezion fatta, ovviamente, per il prevedibile inseguimento del loro MacGuffin (nel caso in questione, un portentoso congegno in grado di hackerare qualsiasi sistema di sicurezza internazionale).

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