“How to Sell a Haunted House”: la recensione del folle libro horror di Grady Hendrix


how to sell a haunted house recensione - grady hendrix

La recensione di “How to Sell a Haunted House” di Grady Hendrix sarà un po’ ambigua, temo.

Cercherò di spiegarmi meglio nel corso dell’articolo. Il succo del discorso, però, è che nutro dei sentimenti abbastanza ambivalenti nei confronti di questo surreale campy horror a tema pupazzetti dall’inferno!

Da una parte, infatti, ho sicuramente apprezzato la contagiosa ironia dell’autore, nonché il suo sforzo di conferire un certo livello di profondità emotiva all’intera vicenda. Dall’altra, devo ammettere di non essere rimasta particolarmente colpita dall’altalenante costruzione della trama, né da quella dei personaggi


La trama

Quando Luoise scopre che i suoi genitori sono morti, non è affatto felice all’idea di dover tornare nella sua città d’orgine. Tanto per cominciare, non ha nessuna voglia di lasciare la sua bambina, Poppy, alle cure del suo ex, per volare a Charleston da sola.

E poi, Louise non è certo ansiosa di avere a che fare con la casa dei suoi genitori! L’edificio, infatti, è stracolmo di ricordi. Contiene tutto ciò che resta della carriera accademica di suo padre e dell’eterna ossessione di sua madre verso bambole e pupazzi.

Soprattutto, Luoise non vuole avere a che fare con il suo nullafacente fratello, Mark.

Mark, dal canto suo, non ha certo intenzione di renderle le cose più facili. L’uomo, che non ha mai lasciato Charleston e non è mai riuscito a tenersi un lavoro per più di qualche giorno, cova un grandissimo risentimento nei confronti della sorella. Sfortunatamente, Luoise dovrà trovare un modo per dialogare con Mark, se intende preparare la casa per la vendita.

Specialmente perché, a quanto pare, non bastano una mano di vernice e una sana dose di pulizie per rendere appetibile per il mercato una vecchia magione infestata.

Certe case non hanno nessuna intenzione di essere cedute. Quella di Louise e Mark, ad esempio, sta preparando piani di tutt’altro genere nei confronti dei suoi proprietari…





“How to Sell a Haunted House”: la recensione

Nei suoi aspetti essenziali, “How to Sell a Haunted House” ” si legge quasi come una sorta di bizzarra saga famigliare condensata… con un sadico emulatore del pupazzo Slappy a fare da improbabile collante intergenerazionale, e un gustoso contorno di intermezzi comico-demenziali a ravvivare sporadicamente l’atmosfera.

C’è da dire che, se non avessi divorato – e visceralmente amato – due dei precedenti romanzi dell’autore (“My Best’s Friend Exorcism” e “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”, entrambi in editi in Italia da Mondadori), forse stavolta non sarei riuscita a spingermi oltre pagina settanta.

Perché credo di aver cominciato a sviluppare un piccolo problema nei confronti dei “primi atti” delle opere di Grady Hendrix: i capitoli introduttivi mi annoiano un po’, probabilmente perché ai protagonisti dei suoi libri serve sempre del tempo per riuscire a rendersi riconoscibili ed ergersi al sopra della baraonda di gag, battute e azione sfrenata che l’intreccio tende sempre a scagliare nella loro direzione. Nel caso di “How to Sell a Haunted House”, devo dire che questo fenomeno si è replicato alla perfezione.

In realtà, a fine lettura mi sentirei di definire Luoise, l’eroina del libro, come un “personaggio abbastanza ok“. Suo fratello Mark, viceversa, mi è sembrato un idiota colossale e infantile dalla prima all’ultima pagina. Tant’è che ho fatto veramente fatica a mandar giù una lunga (e delirante) parentesi narrata dal suo punto di vista.

Il che, fra l’altro, rappresenta un altro dei problemi principali: perché i frequenti flashback, i retroscena, le digressioni, a tratti rendono la lettura pastosa e, a mio avviso, anche un filino pedante. Nella seconda parte, per fortuna, questo meccanismo inizia ad attenuare i suoi effetti, permettendo a Hendrix di dispiegare tutti i suoi punti di forza, i suoi caratteristici assi nella manica: ad esempio, il fattore nostalgia, la metafora sovrannaturale, le complicate sfumature dei rapporti famigliari, il sense of wonder tipico dell’infanzia…


Lo “spirito dell’infanzia”

Direi che è arrivato il momento di bilanciare la mia recensione di “How to Sell a Haunted House”, introducendo alcune considerazioni relative a quelli che sono, invece, i miei elementi preferiti del libro.

Ho apprezzato tantissimo, ad esempio, l’atmosfera disturbante e retrò della narrazione. Ma anche l’originalità dei colpi di scena e gli sviluppi imprevedibili (per non dire esilaranti) portati dal classico trope horror dei “pupazzetti malevoli che prendono vita”.

Se i film del franchise “Annabelle” avessero la metà della personalità del romanzo di Grady Henrix, ci troveremmo senza dubbio alle prese con alcuni degli horror più inquietanti e divertenti dell’ultimo decennio!

Ho trovato stupenda, fra l’altro, la metafora dello “spirito dell’infanzia” incarnata dal diabolico pupazzo Pupkin. Nell’accezione più romantica del termine, la prima fase della nostra vita coincide con anni spensierati di pura magia, trascorsi all’insegna dell’innocenza e del sentimentalismo più sfrenato. A questa visione semplicistica delle cose, il romanzo di Hendrix sembra ribattere con un semplice e accorato: «Col cavolo!».

Hai presente quella teoria secondo la quale, quando nasciamo, non siamo ancora dotati di quella cosa fragile e delicata che siamo soliti chiamare “anima”? Un bambino è una creatura fatta di pura amoralità, in un certo senso. Dopotutto, sarà soltanto crescendo, dopo aver sviluppato i meccanismi di empatia e imparato a riconoscere nell’altro un’immagine di se stesso, che inizierà a perdere quei vaghi contorni di sociopatia che caratterizzano altre adorabili creature sue simili, tipo, chessò… Jack lo Squartatore? I gatti? 😛

Ecco, in “How to Sell a Haunted House”, Grady Hendrix sembra rifarsi un po’ a questa tesi.

Molto coinvolgente ed emotivamente “carico” mi è sembrato, del resto, anche il catartico finale del romanzo. Che non è, a mio avviso, il migliore fra tutti gli horror mai scritti da Hendrix… Ma resta comunque una spassosa e intrigante lettura “obbligata” per qualsiasi appassionato di narrativa horror. In modo particolare, per tutti gli appartenenti ai vari fan club di Chucky, Megan e così via!


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Dopo “How to Sell a Haunted House”: ulteriori consigli di lettura

A parte i già citati titoli di Grady Hendrix – assolutamente imperdibili – ti consiglio di dare un’occhiata alla bibliografia horror della bravissima T. Kingfisher: con riferimento particolare al recente “A House with Good Bones” e ai due quasi-classici “The Hollow Places” e “What Moves the Dead”.

La splendida raccolta di racconti “Laughter at the Academy” di Seanan Mcguire contiene, invece, alcune delle più gustose e brillanti storie sul tema “giocattoli maledetti” che io abbia mai letto!

Altre letture affini potrebbero essere, infine, l’adrenalinico bestseller “Teddy” di Jason Rekulak (Giunti edizioni) e il thriller “A Casa Prima di Sera” di Riley Sager (Fanucci).


E tu? Cosa ne pensi della mia recensione di “How to Sell a Haunted House”?

Hai mai letto qualcosa di Grady Hendrix? 🙂


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