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“Wicked: Parte 1”: la recensione del film che riscrive la storia delle streghe di Oz


wicked parte 1 recensione

Ho visto il film musical sulla strega verde e mi è piaciuto un sacco: questa è la frase che incarna, in soldoni, tutta l’essenza della mia recensione di “Wicked: Parte 1”!

Prima di andare avanti a leggere l’articolo, ti invito a tenere conto di due semplici fatti:

1) L’autrice di questo articolo, una millenial palesemente disadattata, adora andare a vedere i musical al cinema e ha fatto in modo di non perdersene uno dai tempi dell’uscita del “Moulin Rouge!”. Ciononostante, ci tengo a precisare che non ho mai assistito a uno spettacolo dal vivo e che le mie competenze musicali equivalgono a quelle di un ragazzino delle medie alle prese con la sua prima lezione di flauto…

2) Non mi è mai andato particolarmente a genio il libro di Gregory Maguire a cui “Wicked” è ispirato. Probabilmente perché si tratta di uno scritto che si legge, più che come un romanzo vero e proprio, come una graffiante satira politica e un arguto commentario sociale.

Per fortuna, alla resa dei conti, l’affinità fra il libro e il film si rivela abbastanza marginale… Perciò, se ti aspetti un adattamento fedele (o se, dopo aver adorato questa prima parte della storia di Elphaba e Galinda in versione cinematografica, ti è venuta una mezza tentazione di acquistare lo splendido volume targato Mondadori…) tieni conto delle debite differenze e non rischierai di imbatterti in qualche (evitabilissima) delusione.


Di cosa parla “Wicked: Parte 1”?

La versione cinematografica di “Wicked”, al pari della sua controparte teatrale, si concentra sulla complessa storia d’amicizia, complicità e rivalità fra le due streghe di Oz Elphaba (Cynthia Erivo) e Galinda (Ariana Grande).

In particolare, questo primo film segue gli anni giovanili della loro formazione e i loro studi presso la prestigiosa accademia di magia Shiz.

A causa di un momento di disattenzione da parte di sua madre, Elphaba, la futura Strega dell’Ovest, nasce con la pelle verde e un destino che sembra già segnato da pregiudizio, oscurità e miseria. Tuttavia, nel momento in cui la stimatissima Madame Morrible (Michelle Yeoh) si rende conto dello straordinario potenziale magico di Elphaba, la ragazza viene caldamente invitata a iscriversi alla Shiz e a coltivare il suo talento verso le complesse arti stregonesche.

Nel giro di poco tempo, la sua indole introversa e anticonformista la renderà un facile bersaglio per lo scherno dei compagni.

Tuttavia, grazie all’incontro/scontro con l’eterea e popolare Galinda (la futura “Strega Buona” del mondo di Oz…), la vita della solitaria Elpheba andrà incontro a una svolta imprevista…


“Wicked: Parte 1” – la recensione

Hai presente quando si parla di quei rari momenti-cardine nella vita di ciascuno di noi?

Uno di quei cinque o sei eventi di natura straordinaria, attorno ai quali il resto della nostra esistenza e della nostra personalità sono destinate a strutturarsi?

Ecco. Per le protagoniste di “Wicked: Prima Parte”, uno di questi “perni” coincide senz’altro con l’incontro fra Elphaba e Galinda. Un “meet-cute che rappresenta, ovviamente, soltanto il primo beat dello sfiziosissimo trope “Golden Retriever X Black Cat“; un pattern che la sceneggiatura porta avanti, con deliberata consapevolezza e il pieno supporto del suo cast artistico, fino al commovente finale, passando per l’emotivamente carico midpoint (l’iconica scena del ballo).

Non c’è bisogno che sia io a dirtelo: nulla di tutto questo sarebbe stato possibile, se le due attrici protagoniste non avessero dimostrate di essere praticamente nate per questi due ruoli. O se Erivo e Grande non avessero instaurato una chimica incredibile sul set di “Wicked”, riuscendo ad armonizzare le loro voci e le loro interpretazioni in maniera strepitosa.

In effetti, attraverso lo schermo, hai l’impressione di riuscire a cogliere l’immenso livello di devozione riversaton all’interno di questo progetto non soltanto da loro, ma anche da parte degli altri attori e del cast tecnico.

Il risultato, magnetico e coinvolgente, è un blockbuster che riesce a tenerti incollato alla poltrona per centossessanta minuti e a lasciarti senza fiato, soprattutto al cospetto dell’inevitabile cliffhanger di fine prima parte…


Una possibilità di volare

Se hai un’indole giocosa, una vivida immaginazione e un grande amore per la musica, non puoi rischiare di perderti “Wicked: Parte 1” sul grande schermo.

Questo film è una festa sensoriale, una spettacolare ostentazione di sinergia, passione e talento, amalgamate insieme a creare un’esplosione di movimento, suono e colori. Un grande, irresistibile “giocattolone” concepito per emozionare e divertire. Ma anche un tripudio di effetti speciali, coreografie pazzesche e scenografie eccentriche, che rischiano di passare in secondo piano soltanto perché, fortunatamente, la colonna sonora si rivela all’altezza delle aspettative e la storia cattura alla perfezione.

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“Agatha All Along”: la recensione della serie tv Marvel che ha (finalmente!) riportato le streghe in tv


Agatha all along banner

Da quanto tempo stavo aspettando di pubblicare la recensione di “Agatha All Along”?

Quasi un mese, ormai. Mi sono ufficialmente trasformata nella proverbiale tizia incaricata di chiudere la parata; e c’è da dire che, nel caso specifico in questione, mi rammarico del ritardo addirittura più del solito.

Anche perché ti assicuro che ho seguito fedelmente, ogni settimana, gli episodi rilasciati su Disney+. Anzi… La verità è che mi sono ritrovata a fagocitarli, in preda a un considerevole livello di adorazione!

E… sì, lo so: dal mio punto di vista personale, pare abbastanza chiaro che “Agatha All Along” poteva soltanto ambire diventare LA serie Marvel per antonomasia. La prima e unica pensata, scritta a interpretata avendo la sottoscritta come rappresentante del proprio pubblico ideale, anziché il classico trentenne maschio che va a letto indossando i boxer di Spider-Man e sognando di avere il savoir faire di Iron-Man (ehi, guarda che non sto mica criticando, eh? Sarà dal 2019 che vado a dormire ogni sera indossando la mia t-shirt viola di Captain Marvel…).

Voglio dire, quando gli ingredienti di uno show televisivo sono:

  • una squinternata congrega di streghe;
  • delle irresistibili vibes in stile “Hocus Pocus”;
  • una protagonista moralmente ambigua, trickster e queer;
  • un pizzico di sapphic yearning;
  • Kathryn Hahn + Aubrey Plaza = ♥…

… come diavolo puoi spettarti di piazzare me davanti al televisore e non fare centro?

Eh, già. La cosa che mi ha intrippato di più, però? Una volta tanto, ho potuto condividere il mio entusiasmo per qualcosa di eccentrico, ben fatto e diverso con il resto del grande pubblico…


Di cosa parla “Agatha All Along”?

“Agatha All Along” è uno spin-off della monumentale miniserie “WandaVision“, a sua volta disponibile sulla piattaforma streaming Disney+.

Dopo la partenza di Wanda (Elizabeth Olsen) da Westview, la strega Agatha è rimasta in città, prigioniera di un incantesimo dalle condizioni alquanto peculiari.

Agatha ha perso buona parte della sua magia. Non ha memoria del suo passato e si crogiola in una lunga serie di allucinazioni derivate dalla sua vasta conoscenza di telefilm polizieschi e/o a sfondo procedurale (qualcuno ha detto “Mare of Easttown“, per caso?).

Tuttavia, l’arrivo di una vecchia nemesi e di un misterioso ragazzino la spingeranno a formare una nuova congrega e a imbarcarsi in una lunga e pericolosa quest per la riconquista dei suoi poteri…


Giù, giù, giù per la Strada della Strega…

Prima di “Agatha All Along”, diciamo che non avevo proprio litigato con il MCU. Ma quasi.

Non mi è piaciuto il modo in cui hanno gestito la metà dei progetti post-Endgame. E sì, sto deliberatamente includendo nella lista il simpatico “The Marvels“: perché, anche se l’ho trovato divertente, piacevolmente fresco e genericamente ca**one, sappiamo tutti che il film avrebbe potuto ambire a rappresentare l’inizio di qualcosa di grande, anziché accontentarsi di incarnare una momentanea parentesi di leggerezza e demenzialità.

Miss Marvel“, dal canto suo, rappresenta forse un’iniezione di contagioso ottimismo multiculturale; ma la forzata giovialità di “She-Hulk” risulta deprimente persino per una millenial abituata agli exploit di “Ally McBeal”, mentre “Moon Knight” ha segnato la più importante scoperta contro l’insonnia dai tempi della creazione del Valium.

Di “Quantumania“, onestamente, mi rifiuto anche soltanto di parlare.

Insomma, ultimamente era andata così.

E poi, d’un tratto, dal nulla, eccoti arrivare una piccola bomba del calibro di “Agatha All Along”. Con la sua sceneggiatura brillante e i suoi dialoghi esilaranti, i suoi personaggi larger-than-life e il suo tormentone autunnale degno della Digital Song Chart Record…

Pronta a dimostrare, semmai ce ne fosse stato bisogno, che i troll della domenica sera non hanno mai capito una cippa. Non è del ritorno trionfale di quel bolso di Robert Downey Jr. nei panni del Doctor Doom, che il MCU ha bisogno; né di qualsiasi altro patetico stunt pubblicitario dello stesso tipo.

E’ soltanto di buone storie, che noi fan di vecchia data abbiamo bisogno. Di tematiche universali, scene d’azione che non siano lì soltanto per fare “boom” e “bang” , e di archetipi in grado di risuonare con i nostri con i nostri sogni, le nostre paure e le nostre esperienze.

E, soprattutto, di registi e sceneggiatori che, come Jac Schaeffer e la sua squadra, dimostrino una grande consapevolezza di quelle che sono le aspettative del pubblico e delle varie potenzialità espressive in dotazione ai loro medium…


Chi non risica, non rosica?

Da questo punto di vista, “Agatha All Along” ha rappresentato, forse, una scommessa rischiosa per la Marvel. Lo testimoniano il budget moderato, e la lunga serie di flop che ha preceduto il debutto dei suoi primi episodi.

Eppure, a mio avviso, la scarsità di fondi (relativamente parlando, si capisce…) in realtà ha soltanto giocato a favore dello show, perché ha costretto la showrunner a concentrarsi su ciò che conta davvero: un buon uso delle tecniche di storytelling, un intreccio in grado di stimolare le capacità deduttive dello spettatore, e un cast di attori che sembrano praticamente nati per interpretare i ruoli assegnati loro in questa serie!

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“Nettle and Bone”: la recensione della fiaba dark di T. Kingfisher


nettle and bone recensione - come uccidere un principe

So già che la mia recensione di “Nettle and Bone: Come Uccidere un Principe” non sarà in grado di rendere giustizia alla complicata semplicità e all’irresistibile umorismo dark di questo libro. Che poi è anche – guarda caso – uno dei romanzi fantasy più profondi e struggenti che io abbia mai letto!

Se hai visto il recente film Netflix “Damnsel” – o se hai letto l’omonimo libro di Evelyn Skye – sappi che “Nettle and Bone” può essere considerato come una versione più matura e coinvolgente di quel particolare titolo.

Non a caso, T. Kingfisher è una delle migliori autrici di retelling a sfondo folclorico-fiabesco in cui ti capiterà mai di imbatterti (per non parlare dei suoi indimenticabili romanzi southern gothic, come “What Moves the Dead” o “A House With Good Bones”…). Ma è stato proprio grazie all’uscita di “Nettle and Bone”, nel 2023, che l’autrice americana è riuscita a scalare una nuova vetta e a portare a casa l’ambito Premio Hugo


La trama

Marra è la terza principessa di un piccolo regno. Timida e riservata, è cresciuta in un convento, circondata dalle suore e immersa nella tranquilla routine del suo monastero.

In realtà, la ragazza prova soltanto sollievo all’idea di non essere costretta a sposare qualche alto dignitario straniero per questioni dinastiche, nella speranza di consolidare il trono dei genitori. Purtroppo, le sue sorelle maggiori non sono state così fortunate.

La più grande è morta quasi subito, distrutta dalle percosse di un marito tanto abusivo, quanto potente. Lo stesso principe che, adesso, ha sposato anche la seconda sorella di Marra. Dalla sicurezza del convento, Marra non riesce a smettere di chiedersi chi si farà avanti per salvare la sua ultima sorella e metterà fine alla violenza, una volta per tutte.

Ma dopo aver passato anni a osservare la sua famiglia e due interi regni che si ostinano a fingere che ogni cosa vada per il verso giusto, Marra capisce che, se è vero che c’è bisogno di un eroe, stavolta dovrà essere lei stessa a diventarlo.

Perché, se Marra riuscirà a portare a termine tre compiti impossibili, una strega le garantirà gli strumenti di cui avrà bisogno per liberarsi del tiranno. Eppure, come spesso succede in queste storie di principi e imprese titaniche, le sue missioni si rivelano soltanto il primo passo di un lungo e pericoloso viaggio per salvare l’ultima delle sue sorelle e rovesciare il trono…


“Nettle and Bone”: la recensione

In “Nettle and Bone”, la voce inconfondibile di T. Kingfisher (aka Ursula Vernon) assume una carica tragicomica che riesce a comunicare, con una grazia che ha quasi del preternaturale, tutti i complessi stati d’animo della protagonista Marra e le macabre vibes surreali che circondano il suo viaggio.

Una quest epica che si svolge al fianco di un’anziana strega e della sua gallina posseduta da un demone; di una fata madrina di mezza età che, forse, si finge più svampita di quello che è; di un guerriero espulso dal suo clan per aver fatto la cosa giusta, anziché quella ritenuta socialmente accettabile; e di un delizioso cane d’ossa, provvidenzialmente incapace di accorgersi di essere già morto.

Basta aggiungere alla banda la nostra eroina, una quasi-suora trentenne ansiosa e nata da una famiglia reale, per rendersi conto di trovarsi alle prese con una fiaba dark dal taglio molto, molto atipico.

La Kingfisher, infatti, schiera in campo tutti gli ingredienti che ti aspetteresti – gli oggetti incantati, la terra maledetta, la saggia strega, l’adorabile animale magico ecc. – per intessere un racconto dal sapore salvifico e dolceamaro. Uno che, pur svolgendosi in un mondo fuori dal tempo, in realtà riesce a parlare (anche) della nostra realtà.

Il canovaccio prescelto, ovviamente, è quello di Davide contro Golia. Vi troviamo, infatti, un gruppo di squinternati e disadattati, pronti a sacrificare qualsiasi cosa, pur di abbattere il titano.

Al centro della rete che li unisce, la lotta contro un uomo violento e potente, che le leggi degli uomini non possono fermare. Che si rifiutano di fermare…


 Vietato sottovalutare il potere della gallina

Puoi scrivere una recensione di “Nettle and Bone”, forse, e trattenerti dall’usare due espressioni molto in voga quali “cozy vibes” e “cottagecore”.

Ma non puoi davvero esimerti dal tirare in ballo Terry Pratchett e il suo Ciclo delle Streghe!

Di fatto, T. Kingfisher è una delle poche autrici viventi in grado di dar vita a personaggi all’altezza di prendere il tè con Nonnina Wheatherwax o Tata Ogg. Non a caso, i dialoghi di “Nettle and Bone” si rivelano una perpetua ed esilarante fonte di meraviglia:

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“La Strega delle Pietre”: fra streghe e pietre preziose, il libro fantasy storico di Anna Rasche ambientato a Firenze


la strega delle pietre - anna rasche - the stone witch of florence

La Strega delle Pietre” sarà il titolo italiano di “The Stone Witch of Florence“, il libro d’esordio della scrittrice di libri fantasy Anna Rasche.

Una storia ambienta nella Firenze del quattordicesimo secolo, ricchissima di suggestioni storiche e supportata dalle numerose ricerche effettuate dall’autrice. Pare che la Rasche, infatti, abbia cercato di documentarsi il più possibile durante la stesura del suo manoscritto. Cosa che ha implicato lunghe sessioni di lavoro in biblioteca, ma anche una visita approfondita del nostro Paese!

Il risultato? Semplicemente uno dei romanzi di speculative fiction più attesi del 2024, soprattutto per i fan di titoli come “I Chiostri di New York” di Katy Hays o “L’Alchimista” di Paulo Coelho…


“La Strega delle Pietre”: la trama

1348. La peste imperversa per l’Italia, devastando la nazione. Dopo quasi dieci anni di esilio solitario, Ginevra di Gasparo viene convocata di nuovo a Firenze.

Ginevra ha un dono: è in grado di usare le antiche pratiche alchemiche apprese da ragazza per guarire gli ammalati. Ma non appena la voce delle sue inconsuete abilità si è sparsa, Ginevra è stata condannata per stregoneria ed esiliata. Adesso, gli stessi uomini che l’hanno mandata via sono pronti a implorare per il suo ritorno.

    Ginevra li accontenta, presumendo che i signori della città siano finalmente pronti ad accettare le sue inusuali tecniche di guarigione per mettere fine alla pandemia. Invece, non appena giunge a destinazione, riceve un incarico inaspettato: usare la sua collezione di pietre preziose per rintracciare l’implacabile ladro che si aggira per la città.

    Questi, infatti, sta depredando tutte le chiese di Firenze, portando via reliquie inestimabili e lasciando al loro posto delle misteriose ampolle colme di liquidi dai colori sgargianti. Se la missione di Ginevra avrà successo, le verrà riconosciuto il rango di medico e non verrà mai più accusata di pratiche diaboliche.

    Tuttavia, con il proseguire delle indagini, Ginevra si rende conto di essere solo una pedina in un piano molto più grande, che travalica i confini del suo attuale incarico. E, di colpo, realizza anche che gli uomini pericolosi che si nascondono dietro la cospirazione non esiterebbero due volte a far fuori una Strega delle Pietre. Specialmente se questo contribuisse a portarli un passo più vicino ai loro obiettivi…


    Mineralogia e fantasy rinascimentale

    Se pensi che le espressioni “fantasy rinascimentale” e “mineralogia” non abbiano nulla in comune…

    Bè, sospetto che “La Strega delle Pietre” sia il libro più adatto a smentirti!

    Basta leggere l’intervista ad Anna Rasch pubblicata su Nerd Daily, infatti, per rendersi conto che la giovane autrice ha trovato un modo per coniugare felicemente le sue due più grandi passioni.

    «Stavo facendo una ricerca per la mia scuola di specializzazione, relativa a tutti i diversi tipi di corallo rosso usati durante il Rinascimento in Italia. Mi sono imbattuta allora in un certo numero di manoscritti medievali inerenti all’arte lapidaria. Si tratta di libri che registravano le proprietà magiche e medicinali delle gemme.

    Potevano dire, ad esempio, che un’ametista piazzata sotto la lingua era in grado di prevenire l’ubriachezza, o che gli smeraldi possono curare le malattie degli occhi. Ai tempi in cui questi manoscritti furono scritti, molti credevano che questi poteri fossero reali.

    Ho pensato che avrebbe potuto essere un setting super-interessante per un romanzo. Un mondo medievale esattamente uguale al nostro, tranne che per un piccolo dettaglio: i poteri delle pietre, lì, funzionano davvero!»

    Anna Rasche

    La Storia svolge sicuramente un ruolo di primo piano all’interno de “La Strega delle Pietre”. L’autrice, infatti, si è assicurata di curare l’aspetto della verosimiglianza storica non soltanto dal punto di vista della mentalità dei suoi personaggi e dei grandi eventi, ma anche visitando alcune delle location geografiche più significative di Firenze.

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    “The Very Secret Society of Irregular Witches”: la recensione del cozy fantasy di Sangu Mandanna


    The Very Secret Society of Irregular Witches - recensione libro

    La recensione di “The Very Secret Society of Irregular Witches” ci porta ad accendere i riflettori su un’unica, eloquente espressione: “cottagecore“!

    Una parola che riassume un’intera estetica e che ci permette di farci un’idea più precisa non soltanto del worldbuilding e delle vibes, ma anche dei contenuti e del tipo di personaggi che ci attende all’interno di questo popolarissimo bestseller.

    Perché “The Very Secret Society of Irregular Witches” rappresenta, a mio avviso, la lettura fantasy perfetta per tutti i fan di autori come Travis Baldree, Lana Harper e T. J. Klune. Ma, a dire il vero, sospetto che anche gli estimatori di Terry Pratchett troveranno diverse parole buone da spendere nei confronti dell’opera della nostra Sangu Mandanna…


    La trama

    Mika Moon è una delle poche streghe rimaste in Gran Bretagna. Come tale, sa bene che le conviene nascondere la sua magia, tenere la testa bassa e tenersi alla larga dalle altre streghe, in modo tale che i loro poteri non si mescolino e non finiscano con l’attirare un quantitativo di attenzione indesiderata.

    E, dal momento che è stata anche un’orfana, allevata da uno stuolo di servitori e governanti stipendiati, Mika è abituata a stare da sola e a seguire le regole… con un’unica eccezione: un account online, in cui Mika posta una serie di video in cui “finge” di essere una strega. Sfere di cristallo, alambicchi di vetro e lettura dei tarocchi: è tutto vero, certo, ma quale membro del popolo internettiano sarebbe mai in grado di dirlo?

    Mika è convinta che nessuno prenderà mai sul serio i suoi video. Ovviamente, si sbaglia di grosso.

    Un giorno, infatti, la donna riceve un inaspettato messaggio, in cui un cliente misterioso le chiede di viaggiare fino alla remota e misteriosa Nowhere House, per prendersi cura dell’educazione di tre giovanissime streghe.

    La richiesta infrange ogni singola regola della congrega, ma Mika decide comunque di andare a dare un’occhiata. Ed è così che finisce invischiata nelle peripezie di un attore in pensione, un’archeologa introvabile, due custodi dalla pazienza apparentemente inesauribile… e di Jamie, un affascinante bibliotecario brontolone.

    Tutte queste persone sembrano decise a fare l’impossibile, pur di tenere al sicuro le tre ragazzine e permettere loro di crescere all’interno di un ambiente sano e accogliente. Ma la magia non è l’unico pericolo presente nel mondo, e alla fine toccherà a Maika, contro ogni buon senso, decidere fino a che punto spingersi per proteggere l’unica famiglia che le bambine – e, forse, la stessa Maika – abbiano mai conosciuto…


    “The Very Secret Society of Irregular Witches”: la recensione

    Amico Lettore, sai che ho divorato il romanzo di Sangu Mandanna in meno di ventiquattro ore?

    Un po’ perché si tratta, certo, di una lettura scorrevole e veloce per sua stessa natura, ricca com’è di dialoghi esilaranti e parentesi divertenti, inequivocabilmente scandite da una vena di tipico umorismo british.

    Ma anche perché questo libro è riuscito a stregarmi, con la sua irresistibile galleria di personaggi eccentrici e il suo gigantesco cuore, depositario di un’umanità travolgente e di una dolcezza sconfinata.

    In effetti, mi sembra giusto osservare che, per essere un libro incentrato sulla love story fra due personaggi etero (che più etero di così non si può), le pagine di “The Very Secret Society of Irregular Witches” risultano pervase da un’energia queer assolutamente prorompente.

    Tutto merito della colonna portante della narrazione, l’adorabile trope della found family, ovviamente… ma anche un po’ di Ian, diciamocelo! ;D


    “Witchcore” is the new “fairycore”

    Il dolcissimo rapporto fra Mika e le tre vivacissime streghette poste sotto la sua tutela rappresenta uno degli elementi più riusciti e coinvolgenti della storia. C’è sicuramente qualcosa di “Mary Poppins” all’interno di questo libro… la stessa magia, lo stesso calore, la stesso tipo di immaginazione effervescente e contagiosa!

    Tieni presente, però, che Sangu Mandanna scrive per il pubblico adulto contemporaneo.

    E la sua mano leggera contribuisce a infondere un delizioso tocco di modernità, giovialità e allegria in un testo che, a conti fatti, non si sottrae dal tirare in ballo tematiche delicate e importanti quali pregiudizi razziali, abbandono genitoriale, solitudine ecc.

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    “Six of Sorrow”: la recensione del libro “witchy” YA di Amanda Linsmeier


    six of sorrow recensione - amanda linsmeier

    Sospetto che la recensione di “Six of Sorrow”, il nuovo libro horror YA di Amanda Linsmeier, sarà interessante soprattutto per tutti quei lettori millenials affetti da un po’ di sana nostalgia per gli anni Novanta!

    Le vibes di questo libro, infatti, richiamano un po’ il film cult “Giovani Streghe“, un po’ “Fear Street: 1994“. E, dal momento che il tema dell’amicizia al femminile è la colonna portante di tutta la storia, ti farà magari piacere che qualcuno ha intravisto anche echi di “Yellowjackets” all’interno di “Six of Sorrow” .

    Su quest’ultimo punto, a dire il vero, preferisco non esprimermi: dopotutto, la mia indiscutibile adorazione per il fenomenale show con Melanie Lynskey e Christina Ricci mi porta a pensare che non esista YA sulla terra in grado di reggere il confronto.

    Ma posso almeno garantirti questo: “Six of Sorrow” è un horror leggero, avvincente e suggestivo, caratterizzato da un’atmosfera deliziosamente creepy e animato da un discreto cast di protagoniste. Se ami anche uno solo dei titoli citati finora, insomma, le probabilità che il libro si riveli di tuo gradimento sono parecchio alte…


    La trama

    Per la maggior parte della sua vita, Isabeau e le sue cinque migliori amiche sono state inseparabili. La cosa che rende questo fatto ancora più straordinario? Tutte e sei le ragazze sono nate lo stesso giorno.

    A un certo punto, però, qualcosa ha spalancato una crepa nel loro rapporto, e Iz ha perso tutte le sue amiche a parte Reuel, l’unica che si è rifiutata di abbandonarla. Almeno finora.

    Perché, la notte del loro sedicesimo compleanno, Iz saluta Reuel e la lascia seduta sul portico di casa sua, dirigendosi a spasso spedito verso la propria abitazione… soltanto per scoprire, la mattina dopo, che Reuel è scomparsa.

    Malgrado le ricerche, nessuno riesce a trovare Reuel per due giorni. Quando finalmente torna a farsi viva, la ragazza si trova in un evidente stato di agitazione, delirante e malata, oltre che priva di ogni ricordo relativo alle ore precedenti. Il panico invade Iz: c’è decisamente qualcosa che non va in Reuel. Tuttavia, i medici non riescono a capire esattamente cosa e la situazione non fa che degenerare.

    L’unico risvolto positivo è che la faccenda spinge le altre quattro amiche a fare di nuovo cerchio intorno a lei e Reuel. Di colpo, la loro sorellanza appare di nuovo integra e forte. Ma quando un’altra delle ragazze scompare, le amiche sono tutte d’accordo: non può trattarsi di una coincidenza.

    Qualcos’altro le lega, al di là del giorno del loro compleanno. Si stanno tutte ammalando. C’è qualcuno – o qualcosa – che le sta aspettando, e che ha intenzione di reclamarle, una dopo l’altra. Così, in fondo al cuore, le ragazze non possono fare altro che ammettere la verità: è soltanto questione di tempo prima che quella cosa riesca ad avere la meglio su di loro.

    Perché, se non riusciranno a salvarsi fra di loro, nessun altro sarà in grado di farlo.


    “Six of Sorrow”: la recensione

    Ho sempre trovato confortante la formularità degli horror: dopotutto, si tratta di uno dei generi più codificati al mondo, dotato di “regole” e convenzioni talmente radicate da essersi trasformate praticamente in una garanzia d’acciaio.

    Anche se non sai bene quando aspettarti un jumpscare o quale sarà esattamente la forma che il baobao nascosto nell’armadio della protagonista deciderà di assumere per l’occasione, ci sono una serie di certezze sulle quali sai di poter sempre contare: che l’eroe/eroina ingaggerà una battaglia disperata contro le forze del Male, ad esempio, incarnando quella parte di te che ogni giorno ce la mette davvero tutta, per cercare di sconfiggere i suoi demoni interiori.

    O il fatto che verrà guidato nell’impresa da qualche improbabile esorcista/veggente/fattucchiera con curiose velleità da santone. O che il mostro sarà sempre invincibile prima del gran finale. Eccetera, eccetera.

    Ecco, su tutti questi tropes consolidati riposa il successo di “Six of Sorrow”: un libro che può vantare sicuramente “Sabrina” e “Charmed” nel proprio patrimonio genetico, ma anche una piccola dose di Sam Raimi, Stephen King e Wes Craven.

    Una di quelle storie dal delizioso sapore “halloweeniano”, insomma, particolarmente adatte a chi preferisce assumere la proprio horror dose in formato shakerato – vale a dire, diluito da un pizzico di romance, tanta suspense e qualche goccia di teen drama.

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    “The Honey Witch”: la recensione del cozy fantasy di Sydney J. Shields


    the honey witch recensione - sydney shields

    La recensione di “The Honey Witch” non può che portare una valanga di dolcezza e romanticismo fra queste pagine!

    Se anche tu hai sempre sognato di allevare api e usare il loro miele per creare pozioni arcobaleno e lanciare incantesimi d’amore, direi che il libro di Sydney J. Shields è esattamente quello che fa per te.

    A patto di amare le streghe, le ambientazioni in stile Regency e il trope del grumpyXsunshine, ovviamente!

    Ma diciamoci la verità…

    Chi è che non ama una perfetta combinazione di queste tre cose? ;D


    La trama

    Marigold Claude ha ventun anni e non è affatto sicura di appartenere al mondo in cui è nata. Di fatto, ha sempre preferito la compagnia degli spiriti della brughiera a quella dei corteggiatori e degli altri invitati ai balli che è tenuta a frequentare nel tentativo di accaparrarsi un buon partito.

    Così, quando sua nonna si presenta alla sua porta e le offre l’occasione di diventare la prossima strega dell’isola di Innisfree – la famigerata e rispettata Strega del Miele – Marigold accetta senza esitare. Anche se la sua nuova magia e l’indipendenza appena acquisita comportano un prezzo da pagare: una terribile maledizione famigliare, secondo la quale nessuno potrà mai innamorarsi della Strega del Miele.

    Ma quando Lottie Burke, una brontolona notoriamente scettica di Innisfree, le annuncia di non credere nella magia, Marigold non riesce a resistere alla tentazione di dimostrarle che si sbaglia di grosso: i suoi poteri sono reali!

    Eppure, quella che inizia come una sfida si trasforma, a poco a poco, in qualcosa di più. Finché Marigold non si accorge di provare per Lottie dei sentimenti che non è in grado di controllare.

    Così, quando una magia oscura si risveglia nella foresta e minaccia di distruggere la sua casa, Marigold deve imparare a lottare con tutta se stessa per proteggere le cose – e la persona – che ama. A rischio di perdere la sua magia e, forse, il suo stesso cuore.


    “The Honey Witch”: la recensione

    Il libro d’esordio di Sydney J. Shields ha fatto parte della mia wishlist fin dal giorno in cui è stato annunciato. E questo, nonostante l’opera sia stata spesso definita come una sorta di punto di incontro fra “Amori e Incantesimi” e “Bridgerton” – due titoli per cui non coltivo alcuna venerazione particolare.

    Eppure, che posso dirti? Sarà stata colpa delle incantevoli cozy vibes evocate della cover, oppure della promessa di un grande, struggente amore saffico suggerita dalla sinossi… Sta di fatto che Il titolo “The Honey Witch”, per me, è sempre stato sinonimo di hype pazzesco!

    A lettura ultimata, posso confermarti che si tratta di un libro adorabile e veramente dolcissimo. La prima parte del romanzo si concentra più sul viaggio interiore di Marigold, sulla sua costante sensazione di essere “diversa” da tutti gli altri esponenti del suo ambiente, nonché sul suo bellissimo rapporto con la nonna, una combattiva ed energica strega solitaria.

    Lottie entra in scena soltanto parecchi capitoli più tardi. Eppure, bisogna dire che, grazie alla sua personalità dirompente (e alla sua indole simpaticamente arcigna!) la nostra ragazza dai capelli rossi riesce subito a guadagnarsi il nostro affetto.

    Anche perché l’alchimia con Marigold è innegabile; i loro bisticci/goffi tentativi di attirare l’attenzione l’una dell’altra si rivelano sempre molto teneri e divertenti.

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    “The Invocations”: la recensione del libro horror YA di Krystal Sutherland


    the invocations recensione - Krystal Sutherland

    Il sottotitolo della mia recensione di “The Invocations” sarà “ragazze che vendono l’anima al diavolo”. E che hanno una ragione dannatamente buona per farlo!

    In questo nuovo libro di Krystal Sutherland – autrice della perla dark “Le Sorelle Hollow”, pubblicato in Italia da Rizzoli – tre giovani inglesi uniscono le forze per fermare uno dei più pericolosi predatori naturali che la storia delle donne abbia mai conosciuto: un uomo che crede di avere il diritto di rubare i loro poteri.

    E le loro vite.


    La trama

    Inghilterra, al giorno d’oggi. Cinque donne sono morte. L’assassino non lascia traccia di impronte né DNA. La polizia è di fronte a un vicolo cieco.

    La diciannovenne Jude Wolf, ricca come il peccato e affascinante quanto il diavolo, è stata maledetta. La sua anima immortale, adesso, è legata a un demone che la odia. Jude farebbe qualsiasi cosa per liberarsi di lui, per fermare il grottesco decadimento che sta consumando il suo corpo.

    Ciò di cui Jude ha bisogno è una “cursewriter“, una strega in grado di scrivere le maledizioni – e ritiene che seguire la scia di donne morte, tutte sospettate di aver avuto a che fare con il mondo dell’occulto – possa rappresentare la sua migliore opportunità di trovarne una.

    Anche Zara Jones sta tenendo d’occhio la catena di omicidi. Sua sorella maggiore, Savannah, è stata la prima vittima del serial killer. Zara, però, non sta covando vendetta: vuole semplicemente cercare un modo per riportare in vita Savannah.

    Ciò di cui Zara ha bisogno è una maga, un’incantatrice, una necromante… A tutti gli effetti, ciò di cui ha bisogno è una strega in grado di scrivere le maledizioni.

    Nell’appartamento della quinta vittima del killer, Zara e Jude si incontrano per caso. Lì, le due ragazze si imbattono in un indizio destinato a legare i loro sentieri: uno strano biglietto da visita, che porta inciso un singolo nome.

    Emer Byrne. Cursewriter.


    “The Invocations”: la recensione

    Anche se potremmo definire il nuovo libro di Krystal Sutherland come un “character-driven”, dal momento che il focus della narrazione tende a concentrarsi sulle dinamiche fra le sue tre protagoniste e sul loro diverso modo di reagire al filo conduttore del trauma e dell’abuso, bisogna dire che “The Invocations” garantisce parecchia adrenalina, tanti brividi e qualche bel colpo di scena!

    Durante il primo atto, l’autrice si prende il suo tempo per introdurre le eroine e assicurarsi che il pubblico arrivi a empatizzare con loro. Si rivela, senz’altro, una scelta vincente: dopotutto, Zara, Emer e Jude sono personaggi sfaccettati e complessi, in grado di far impallidire di vergogna il 90% delle anonime eroine da “romantasy” che, nel corso degli ultimi anni, hanno cominciato ad andare tanto per la maggiore.

    Lo stile della Sutherland, in questa occasione, mi ha ricordato un po’ quello di Victoria Schwab in alcuni dei suoi romanzi per adulti (e chi mi conosce bene, sa che intendo questo paragone come un grandissimo complimento). L’atmosfera del romanzo, deliziosamente oscura, ammalia fin dalle primissime pagine e si sposa benissimo con le tematiche cupe e attuali della narrazione.

    Una Donna Promettente incontra “Le Terrificanti Avventure di Sabrina”: non so se sia questo il modo perfetto per descrivere “The Invocations” (bisognerebbe, forse, aggiungere al mix anche “Ragazze Elettriche”)…

    Eppure mi basta sapere che, in questo caso, l’irriverente Jude sarebbe al 100% d’accordo con me!


    Tre streghe contro il patriarcato

    Se c’è un fatto che l’uscita de “Le Sorelle Hollow”, bellissima e conturbante fiaba oscura, è riuscita a mettere in luce, è che il dark fantasy per ragazzi è un genere ancora troppo sottovalutato. Soprattutto qui da noi in Italia.

    In “The Invocations”, Krystal Sutherland ci dimostra che la stessa cosa vale per l’horror in salsa YA.

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    “Witchshadow” in italiano: svelata la data d’uscita del libro di Susan Dennard


    witchshadow susan dennard - data uscita

    Witchshadow” uscirà in italiano il 5 marzo 2024!

    So che, già da parecchio tempo, tantissimi fan di Susan Dennard si stavano arrovellando circa la data d’uscita del quarto volume della serie “Witchlands” (ehi, magari te lo stavi chiedendo anche tu! ;D) e adesso l’annuncio è ufficiale, diffuso dalla Mondadori stessa attraverso i suoi canali.

    Ricordiamo che la traduzione del terzo capitolo delle avventure di Iseult e Safi – “Bloodwitch” – è disponibile fin dal marzo 2021. Certo, è stata una lunga attesa e marzo non è esattamente dietro l’angolo…

    Ma vedrete che, nel frattempo, tanto la Oscar Vault, quanto il resto delle nostre case editrici, si daranno parecchio da fare per tenerci “impegnati”!


    “Witchshadow”: la trama

    Iseult ha finalmente ritrovato Safi, la sua sorella spirituale. Purtroppo, però, la loro riunione è destinata a durare poco: se vuole sopravvivere, infatti, Iseult dovrà fuggire da Cartorra, mentre a Safi toccherà rimanere.

    E, sebbene Iseult abbia dei piani per salvare la sua amica, le sue imprese richiederanno l’evocazione di una magia più pericolosa di qualsiasi cosa abbia mai affrontato.

    Nel frattempo, Aeduan è assediato da forze che non riesce a comprendere. E Vivia – legittima regina di Nubrevna— si ritrova senza una corona o una casa.

    Mentre avversari di portata leggendaria si risvegliano attraverso tutte le Witchlands, soltanto la mitologica figura del Cahr Awen riuscirà a fermare la guerra in fibrillazione. Iseult potrebbe abbracciare questo potere e guarire la sua terra… prima, però, dovrà scegliere da che parte delle ombre si staglierà il suo destino.


    La saga “Witchlands”

    “Truthwitch” non è stato il romanzo d’esordio di Susan Dennard (quel primato spetta all’ucronia/urban fantasy per ragazzi “Something Strange and Deadly”), ma è sicuramente il libro che maggiormente ha contribuito a imporre il nome della scrittrice americana presso l’attenzione del grande pubblico.

    Negli USA, la serie ambientata nel mondo delle “Terre Stregate” ha debuttato nel 2016 e risulta, ad oggi, ancora incompleta: l’uscita del quinto e ultimo volume del ciclo è prevista, infatti, per il 23 luglio 2024 (mi sto riferendo, ovviamente, all’edizione in lingua inglese).

    Questo quinto romanzo si chiamerà “Witchlight” e porterà a compimento tutti gli archi narrativi intessuti dall’autrice nel corso degli ultimi otto anni.

    È interessante constatare anche l’uscita di uno spin-off “intermedio”, una sorta di volume 2.5, intitolato “Sightwitch”. La storia, ambientata nello stesso mondo della serie principale, ruota attorno alle gesta di un cast di personaggi diversi. La protagonista è la giovane Ryber Fortiza, appartenente a un ordine di Sorelle dotate del potere della Vista: la capacità di vedere il Futuro.

    Ryber, però, non riceve mai la “chiamata” e non ottiene la Vista. Anziché perdersi d’animo, decide di consacrarsi alla dea anima e corpo, nella speranza di riuscire a ottenere, prima o poi, il dono che tanto desidera. Tuttavia, un giorno, ogni singola Sorella dotata del potere della Vista viene convocata sulla cima di un’alta montagna… per non fare mai più ritorno!

    Spetterà a Ryber risolvere il mistero della loro scomparsa, per salvare le sue Sorelle e l’antico potere protetto dal loro ordine…

    In Italia, “Sightwitch” è stato pubblicato all’interno dell’edizione Mondadori di “Windwitch”.

    • 1. Truthwitch
    •  2. Windwitch
    •  2.5. Sightwitch
    •  3. Bloodwitch
    •  4. Witchshadow
    •  5. Witchlight

    E, visto che a marzo manca ancora un po’, ti ricordo che c’è ancora tempo in abbondanza per rimettersi in pari e unirsi all’entusiasmo generale: su Amazon puoi acquistare i primi tre volumi della serie, a cominciare da “Truthwitch“!


    La serie “The Luminaries”

    Se segui il blog da qualche tempo,  la notizia non ti sarà certo sfuggita: Susan Dennard ha già iniziato a dedicarsi a un’altra importante saga di libri fantasy per giovani lettori…

    In effetti, lo YA ad ambientazione contemporanea “The Luminaries” ha debuttato nelle librerie d’oltreoceano e oltremanica proprio all’inizio del 2023. L’uscita del sequel, “The Hunting Moon”, è prevista per il 7 novembre di questo stesso anno.

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    “Witch King”: la recensione del libro fantasy di Martha Wells


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    Sospetto che la recensione di “Witch King”, libro fantasy di Martha Wells, assumerà dei toni un po’ dolceamari.

    Nel senso che, per quanto io abbia amato alcuni aspetti della narrazione – personaggi, worldbuilding e sistema magico sopra ogni cosa – ammetto di aver trovato la lettura abbastanza faticosa.

    Una struttura inutilmente arzigogolata e un cast di comprimari che si estende da qui a Capo di Buona Speranza contribuiscono ad accrescere il senso di smarrimento del lettore, compromettendo la sua capacità di gustarsi la storia e frustrando – ahimè – i suoi tentativi di stringere una connessione più profonda con il protagonista e i suoi alleati…


    La trama

    Dopo essere stato assassinato – la sua coscienza dormiente e del tutto inconsapevole dello scorrere del tempo mentre giace all’interno di un’elaborata trappola acquatica – il demone Kai si sveglia e poggia gli occhi su un mago minore.

    Uno che sta tentando di imbrigliare la magia di Kai a proprio vantaggio. Un tentativo  che non è destinato a finire bene.

    Ma perché Kai è stato imprigionato, in primo luogo? Cosa è cambiato nel mondo, dal giorno del suo omicidio? E perché, durante la sua assenza, la Coalizione del Mondo Nascente sembra aver acquistato un’influenza così spropositata?

    Per scoprire le risposte ad almeno alcune di queste domande, Kai dovrà radunare attorno a sé i suoi alleati e sguinzagliare tutta la magia a sua disposizione.

    A dire la verità?

    Le risposte che troverà, rischieranno di non piacergli affatto…


    “Witch King”: la recensione

    “Witch King” segna il ritorno al fantasy di Martha Wells, un’autrice che si è affermata presso il pubblico internazionale grazie alla pubblicazione della fortunata saga sci-fi “Murderbot: I diari della macchina assassina”.

    Cosa dire? Dopo aver letto il suo nuovo libro, non posso (né sentirei il desiderio di) mettere in discussione la straordinaria vena creativa della Wells. O la sua capacità di plasmare mondi unici e incredibilmente affascinanti, misteriosi e originali.

    Ciò premesso…

    Può darsi (il condizionale è d’obbligo, dal momento che non ho mai letto “Murderbot”…) che questa notevole autrice americana sia più portata per il versante fantascientifico della speculative fiction.

    Questo spiegherebbe, a mio avviso, le numerose difficoltà riscontrate durante la lettura di “Witch King”.

    Che i lettori hardcore di sci-fi vantino un livello di tolleranza naturalmente più alto nei confronti di cose come esposizione, descrizioni statiche e infodump, del resto, è un fatto conclamato.

    Ma io? Per tutta la parte centrale del libro, ammetto di aver fatto seriamente fatica a concentrarmi.

    Affermo questo, nella piena consapevolezza degli svariati livelli di grandiosità che il nuovo lavoro della Wells riesce a raggiungere in altri campi.

    Dal punto di vista della profondità del worldbuiling o del sistema magico, ad esempio “Witch King” potrebbe (quasi) essere in grado di rivaleggiare con la brillante vena creativa di Tamsyn Muir nei suoi “Gideon”, “Harrow” e “Nona la Nona”.

    Mentre il protagonista del romanzo, il demone/stregone Kai, risulta abbastanza affascinante e complesso da riportare alla mente alcune fra le creature più vivaci e magnetiche nate dalla penna N. K. Jemisin.

    E chi mi conosce bene, lo sa perfettamente…

    Non mi permetterai mai di tirare in ballo il nome di Nora K. invano…!


    Un paradosso bizzarro

    Facciamo il punto della situazione, e proseguiamo la nostra recensione di “Witch King” fornendo una piccola precisazione.

    Ho parlato, prima, di una struttura “inutilmente arzigogolata”.

    Che cosa intendevo dire?

    Bè, innanzitutto, devi sapere che il libro segue due diverse linee temporali: prima e adesso. Il filone narrativo ambientato nel passato serve a giustificare le azioni compiute da Kai e dai suoi compagni nel presente. E, ovviamente, anche a fornire un po’ di agognato contesto.

    Alla faccia dei suoi quattordicimila spiegoni, infatti, la Wells è un’autrice che ama evidentemente stimolare le capacità deduttive dei suoi lettori. L’inizio del viaggio è sicuramente caotico, una commistione di elementi fantastici e/o altamente caratterizzanti dovuta al fatto che, tanto per rendere l’intreccio un po’ più convoluto, ovviamente la narrazione comincia in medias res, dando una miriade di cose per scontate.

    Un bel paradosso, eh?

    Sì, perché, in realtà, potresti ritrovarti tranquillamente a leggere quattro paragrafi pieni zeppi di informazioni sui capi di vestiario tipici del popolo di X della terra di Y, senza per questo avere la più pallida idea di chi diavolo siano gli X, cosa stiano facendo o cosa accidenti c’entrino nella nostra storia.

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