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“Starling House”: la recensione del libro fantasy gotico di Alix E. Harrow


starling house recensione - alix harrow

Chi è pronto per la recensione di “Starling House“, il nuovo, straordinario romanzo fantasy gotico di Alix E. Harrow?

Un libro magico e suggestivo , che riesce a fondere romanticismo e inquietudine, small town horror e fiaba dark, urban fantasy e southern gothic

Il tutto, narrato dal punto di vista di due protagonisti che si rifiutano di lasciarsi inscatolare da qualsiasi cliché, nel suadente, grintoso stile dell’autrice de “Le Streghe in Eterno” e “Le Diecimila Porte di January” …


La trama

Nessuno, a Eden, è in grado di ricordare quando sia stata costruita Starling House. Ma la città concorda su una cosa: è meglio lasciare che quella vecchia magione derelitta vada in rovina… insieme al suo ultimo occupante.

Dopotutto, voci e racconti sulla pessima reputazione della casa, con il suo carico di sfortuna, sono state tramandate in città di padre in figlio, di madre in figlia, per intere generazioni.

Opal, dal canto suo, non è abbastanza ingenua da lasciarsi coinvolgere in storie fantasiose di questo genere, e si rifiuta di avere a che fare con case infestate o uomini dall’aria particolarmente tormentata. Almeno fino a quando non le si presenta un’opportunità di lavorare a Starling House: l’occasione che aspettava, quella che le permetterà di salvare suo fratello dalla soffocante morsa di Eden.

Starling House è bizzarra e piena di segreti – esattamente come Arthur, il suo ultimo erede. Opal comincia a sentirsi stranamente attratta da entrambi. Ma non è lei l’unica interessata agli orrori e e alle meraviglie che giacciono sepolti sotto la casa…

Forze sinistre e minacciose si preparano, infatti, a convergere su Eden… così, all’improvviso, Opal realizza che, se vuole proteggere la casa, dovrà lottare per lei. A costo di dissotterrare qualche turpe scheletro famigliare.

E di incorrere nelle ire di persone molto potenti…



La ragazza che aveva due liste

Il nuovo libro di Alix E. Harrow racconta di porte segrete, case senzienti, bagagli invisibili e oscuri segreti di famiglia. Nell’occhio del ciclone, la storia di una ragazza che, messa con le spalle al muro, impara finalmente a combattere per ciò che le è stato affidato: la sua intera famiglia, un’armata di uno composta dal suo unico fratello . E lo farà usando le stesse armi che l’intera città ha sempre rivolto contro di lei: una slavina di inganni e mezze bugie, sotterfugi e provocazioni, sorrisi affilati e omissioni ingiustificabili.

Dopotutto, la vita di provincia non è sempre rose e fiori. Polvere, gomma bruciata e un vago aroma di sogni andati a male: oggigiorno, è la stessa aria che si respira un po’ dappertutto, certo… Ma soltanto chi è nato e cresciuto in un piccolo centro urbano ai confini del nulla, nel bel mezzo del vuoto siderale, può capire fino a che punto quel caratteristico e desolato senso di squallore esistenziale possa arrivare a intorpidire i tuoi sensi.

Non è facile continuare a credere nella magia, quando tutti intorno a te hanno già gettato la spugna, e sembrano averlo fatto una ventina d’anni prima della tua nascita. Rinunciare del tutto, però? Per certe persone, vorrebbe semplicemente dire strapparsi via un brandello d’anima dal petto.

Opal, la protagonista di “Starling House”, appartiene a quest’ultima categoria. Una giovane donna, cresciuta troppo in fretta, che è stata costretta a dividere gli elementi della sua vita in due grandi elenchi: una lista per le cose di cui ha bisogno, un’altra per quelle che potrebbero renderla felice.

Il primo elenco, lo custodirà con tutta l’attenzione e la cura che si riservano a un vecchio cimelio di famiglia, una bussola da seguire scrupolosamente.

Il secondo, cercherà disperatamente di seppellirlo in fondo a un cassetto buio, insieme al resto dei suoi sogni infranti…


“Starling House”: la recensione

Ho amato profondamente il nuovo libro di Alix E. Harrow. Forse perché, sotto certi aspetti, la storia di Opal mi ha ricordato un po’ la saga di “Blackwatwer” di Michael McDowell, mentre, per altri, mi ha fatto pensare a una versione più adulta e romantica del delizioso “Gallant” di Victoria Schwab.

Lo stile della Harrow, impeccabile fin dai tempi del suo esordio, è solo migliorato con lo scorrere del tempo, e anche la sua padronanza tecnica sembra aver compiuto dei progressi notevoli.

Una delle qualità migliori di “Starling House”, poi, è sicuramente la sua atmosfera, talmente avvolgente e intossicante da darti l’impressione di trovarti proprio lì, sulle nebbiose strade del Kentucky; in compagnia tanto dei personaggi, quanto della spada di Damocle dello sfruttamento minerario e dell’inquinamento (dell’ambiente, del corpo, ma, soprattutto, dell’anima…)  che incombe ovunque e su chiunque.

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“Le Trafficanti di Anime”: la recensione del libro gotico di Carmella Lowkis


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Ti propongo oggi la recensione de “Le Trafficanti di Anime“, un thriller gotico ambientato in Francia, nel pieno del diciassettesimo secolo. La casa editrice Nord ha portato in libreria il libro dell’esordiente Carmella Lowkis il 27 agosto 2024.

La trama verte sul complicato legame fra due sorelle legate da un passato turbolento e dalle conseguenze di uno scandalo che nessuna delle due riesce a lasciarsi alle spalle. Messe alle strette dalle circostanze, si ritroveranno a indossare di nuovo i loro panni di medium/ciarlatane dell’occulto e a unire le forze per organizzare una pericolosa, ultima truffa ai danni di un’ingenua famiglia aristocratica.

Nelle intenzioni delle ragazze, dovrebbe trattarsi di un piano semplice e indolore. Eppure, l’entità con cui saranno chiamate a fare i conti potrebbe rivelarsi molto più reale e temibile del previsto…


La trama

Parigi, 1866. Quando la Baronessa Sylvie Devereux riceve la visita di Charlotte Mothe, la sorella che ha fatto di tutto per lasciarsi alle spalle, si impossessa di lei il terrore che il suo infame passato da medium e appassionata dell’occulto possa intervenire a compromettere la sua reputazione attuale.

Anche perché il nuovo marito di Sylvie, un blasonato e ricco avvocato che ha parecchi anni più di lei, difficilmente sarebbe disposto a tollerare una simile minaccia al proprio rango di di prestigio in seno all’alta società.

Ma Charlotte ha un padre gravemente ammalato a carico, e nessuna possibilità di pagare i conti. E così, Sylvie si lascia persuadere a ricadere nelle vecchie abitudini e ad aiutare la sorella minore a portare a compimento un’ultima truffa.

I loro bersagli sono i de Jacquinots: una famiglia aristocratica altamente disfunzionale, il cui capofamiglia insiste a proclamarsi perseguitato dal fantasma di una zia, brutalmente assassinata nel corso della Rivoluzione Francese.

Sylvie e Charlotte saranno costrette a ricorrere a tutto il loro vasto repertorio di trucchi per terrorizzare la famiglia e persuaderla a separarsi da un (bel) po’ del suo oro.

Tuttavia, nella decadente magione dei de Jacquinots potrebbe essere in atto qualcosa di davvero sinistro. Così, quando una serie di inesplicabili orrori prende ad abbattersi sulle due sorelle e sui loro incauti clienti, le ragazze saranno costrette a porsi la fatidica domanda: e se una forza sovrannaturale si fosse veramente scatenata sui de Jacquinot?

Ma un’entità di che tipo, poi? Lo spirito vendicativo di una contessa massacrata dai rivoluzionari?

O qualcosa di peggio… che finge soltanto di essere la prozia, mentre aspetta di portare avanti i suoi piani e si prepara a esigere il suo tributo di sangue?


“Le Trafficanti di Anime”: la recensione

“Le Trafficanti di Anime” è il titolo scelto dalla Nord per la traduzione (a cura di Claudine Turla) del romanzo gotico “Spitting Gold” di Carmella Lowkis.

Un esordio che ha riscosso un buon successo da parte della critica, dividendo invece il pubblico pressappoco a metà: coloro che hanno apprezzato le numerose somiglianze fra la storia delle sorelle Mothe e alcuni celebri capolavori di Sarah Waters (soprattutto “Ladra” e “Affinità), e quei lettori che, invece, non hanno potuto fare a meno di notare come un confronto troppo diretto fra le due autrici possa risolversi soltanto con una completa debacle da parte della Lowkis.

Anche se non me la sento di esprimere un giudizio troppo negativo (ci sono aspetti de “le Trafficanti di Anime” che ho sinceramente apprezzato), ammetto di propendere un po’ di più per questa seconda versione.

Non fraintendermi: il modello letterario è innegabile. Probabilmente questo aspetto rappresenta una buona parte del problema: mi è bastato ripensare un attimo al complesso intreccio di “Fingersmith” per immaginare quali avrebbero potuto essere i principali colpi di scena de “Le Trafficanti di Anime”, nonché per prevedere in quali punti del plot avrebbero fatto la loro comparsa e su che tipo di sviluppi avremmo potuto contare.

E il Kirkus Review ha ragione: il libro di Carmella Lowkis è davvero un coinvolgente «thriller romantico a sfondo sovrannaturale», scritto da un’autrice in grado di intessere un racconto ricco di stratificazioni e di inganni. Solo che i suoi personaggi, secondo me, non si rivelano neanche remotamente intriganti o sfumati abbastanza da reggere il gioco fino a fine partita.

Anche perché gli indizi sparpagliati nell’arco delle prime cento pagine ti permettono di smascherare i loro obiettivi e di percepire immediatamente il bluff nel tremolio nelle loro voci narranti…


Fiaba della Sorella Buona e della Sorella Cattiva

In compenso, ho amato alla follia l’accattivante parallelismo fra le storia delle sorelle Mothe e il regno delle fiabe. L’ambiguità del Rospo (personaggio chiave della favola tanto amata da Sylvie), il modo sottile ma tenace con cui l’autrice continua a giocare con questo leitmotiv simbolico per farci capire che non esiste una sola verità, che ogni storia può essere letta secondo (almeno) due differenti versioni e che chiunque cerchi di darci a intendere il contrario sta mentendo a noi o a se stesso…

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“Murder Road”: la recensione del thriller di Simone St. James


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La recensione di “Murder Road” è qui per testimoniare che nessuno può resistere al fascino di una bella edizione… tantomeno io!

Devi sapere che, dopo aver letto “Ragazze Infrante“, avevo praticamente promesso a me stessa che non avrei comprato altri romanzi di Simone St. James. Ma sto collezionando i volumi della box horror Evernight di Illumicrate, e “Murder Road” era il titolo proposto per il mese di aprile, e… Sai, nonostante le mie numerose eccentricità libresche, continuo a credere in quella vecchia massima che dice che i libri vanno rispettati leggendoli, non lasciandoli lì sulla mensola di una scaffale a prendere polvere.

Perciò…

Anche se con qualche tentennamento, ho letto il nuovo thriller a sfondo sovrannaturale di Simone St. James. La trama, dopotutto, aveva un suono intrigante. Voglio dire, una coppia di protagonisti moralmente ambigui? Un narratore (potenzialmente) inaffidabile? Fantasmi e autostoppisti coinvolti in un vero mistero alla “X-Files”?

Ah, ma ormai dovresti saperlo, amico lettore: io vivo per questo genere di storie…


La trama

April e Eddie hanno imboccato la curva sbagliata.

Adesso, si trovano su una strada lunga e oscura. Il cielo è buio, la notte è calata da un pezzo, e all’improvviso i due neo-sposini si imbattono in una donna, stordita e arrancante sul ciglio della strada.

Chiaramente, la sconosciuta è nei guai. Eddie ferma la macchina e April si protende ad aiutarla. Soltanto quando la donna è già salita in macchina, i due si accorgono che sta perdendo litri di sangue.

E poi, Eddie e April vedono le luci dei fari e sentono il sussurro della donna, roco e terrorizzato:  «Mi dispiace. Lui sta arrivando

Anche se il gruppo riesce a scappare – per il momento – la loro terrificante avventura è appena cominciata. Perché le ferite dell’autostoppista si rivelano fatali; così, la coppia si ritrova intrappolata nella piccola città di Coldlake Falls… e la polizia ritiene che siano proprio loro due i principali sospettati dell’omicidio.

Salta fuori che ci sono state altre vittime, e che non è la prima volta che qualcuno svanisce lungo quella dannata strada nel bosco. Chi è riuscito a sopravvivere, ha parlato di eventi che non possono essere spiegati.

Per lasciare la città e tornare alle loro vite, April e Eddie saranno costretti a risolvere il mistero in prima persona… a costo di rischiare le loro stesse vite.


“Murder Road”: la recensione

Piccola avvertenza ai lettori: non penso affatto che “Ragazze Infrante” sia un brutto romanzo. Anzi. C’è sicuramente qualcosa di ipnotico in quella storia, e bisogna dire che il livello di caratterizzazione generale si attesta su dei livelli piuttosto buoni.

Che poi sono le stesse qualità che ho ritrovato, prendere o lasciare, anche fra le pagine di “Murder Road”. Anche perché Simone St. James è un’autrice che ha capito alla perfezione il significato di “spooky vibes“. E che, ormai, ha imparato a declinare il paradigma dello small town mistery praticamente alla perfezione…

A cominciare dalle interessanti backstory dei protagonisti, che riescono a rivelare i loro segreti al lettore in maniera lenta e appagante, e dagli eccentrici, deliziosi personaggi secondari che danno colore a questo nuovo lavoro. Le due sorelle indagatrici dell’incubo mi sono piaciute in modo particolare, e penso davvero che l’improbabile proprietaria di bed and breakfast Rose meriterebbe – al pari della mitica Holly Gibney kinghiana – una serie di libri tutta dedicata a lei.

Peccato che io sia una lettrice di thriller particolarmente esigente, insomma. E che quasi nessun altro aspetto della narrazione – compresi i colpi di scena – sia riuscito a soddisfare le mie (discutibili) aspettative…


Da “From” a “Ghost Whisperer”

Perché, anche in questo caso, mi è sembrato che la narrazione fallisse proprio là dove il mio minuscolo cuoricino gotico insiste sempre a ricercare le gioie più grandi: la gestione dell’elemento sovrannaturale.

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“The Very Secret Society of Irregular Witches”: la recensione del cozy fantasy di Sangu Mandanna


The Very Secret Society of Irregular Witches - recensione libro

La recensione di “The Very Secret Society of Irregular Witches” ci porta ad accendere i riflettori su un’unica, eloquente espressione: “cottagecore“!

Una parola che riassume un’intera estetica e che ci permette di farci un’idea più precisa non soltanto del worldbuilding e delle vibes, ma anche dei contenuti e del tipo di personaggi che ci attende all’interno di questo popolarissimo bestseller.

Perché “The Very Secret Society of Irregular Witches” rappresenta, a mio avviso, la lettura fantasy perfetta per tutti i fan di autori come Travis Baldree, Lana Harper e T. J. Klune. Ma, a dire il vero, sospetto che anche gli estimatori di Terry Pratchett troveranno diverse parole buone da spendere nei confronti dell’opera della nostra Sangu Mandanna…


La trama

Mika Moon è una delle poche streghe rimaste in Gran Bretagna. Come tale, sa bene che le conviene nascondere la sua magia, tenere la testa bassa e tenersi alla larga dalle altre streghe, in modo tale che i loro poteri non si mescolino e non finiscano con l’attirare un quantitativo di attenzione indesiderata.

E, dal momento che è stata anche un’orfana, allevata da uno stuolo di servitori e governanti stipendiati, Mika è abituata a stare da sola e a seguire le regole… con un’unica eccezione: un account online, in cui Mika posta una serie di video in cui “finge” di essere una strega. Sfere di cristallo, alambicchi di vetro e lettura dei tarocchi: è tutto vero, certo, ma quale membro del popolo internettiano sarebbe mai in grado di dirlo?

Mika è convinta che nessuno prenderà mai sul serio i suoi video. Ovviamente, si sbaglia di grosso.

Un giorno, infatti, la donna riceve un inaspettato messaggio, in cui un cliente misterioso le chiede di viaggiare fino alla remota e misteriosa Nowhere House, per prendersi cura dell’educazione di tre giovanissime streghe.

La richiesta infrange ogni singola regola della congrega, ma Mika decide comunque di andare a dare un’occhiata. Ed è così che finisce invischiata nelle peripezie di un attore in pensione, un’archeologa introvabile, due custodi dalla pazienza apparentemente inesauribile… e di Jamie, un affascinante bibliotecario brontolone.

Tutte queste persone sembrano decise a fare l’impossibile, pur di tenere al sicuro le tre ragazzine e permettere loro di crescere all’interno di un ambiente sano e accogliente. Ma la magia non è l’unico pericolo presente nel mondo, e alla fine toccherà a Maika, contro ogni buon senso, decidere fino a che punto spingersi per proteggere l’unica famiglia che le bambine – e, forse, la stessa Maika – abbiano mai conosciuto…


“The Very Secret Society of Irregular Witches”: la recensione

Amico Lettore, sai che ho divorato il romanzo di Sangu Mandanna in meno di ventiquattro ore?

Un po’ perché si tratta, certo, di una lettura scorrevole e veloce per sua stessa natura, ricca com’è di dialoghi esilaranti e parentesi divertenti, inequivocabilmente scandite da una vena di tipico umorismo british.

Ma anche perché questo libro è riuscito a stregarmi, con la sua irresistibile galleria di personaggi eccentrici e il suo gigantesco cuore, depositario di un’umanità travolgente e di una dolcezza sconfinata.

In effetti, mi sembra giusto osservare che, per essere un libro incentrato sulla love story fra due personaggi etero (che più etero di così non si può), le pagine di “The Very Secret Society of Irregular Witches” risultano pervase da un’energia queer assolutamente prorompente.

Tutto merito della colonna portante della narrazione, l’adorabile trope della found family, ovviamente… ma anche un po’ di Ian, diciamocelo! ;D


“Witchcore” is the new “fairycore”

Il dolcissimo rapporto fra Mika e le tre vivacissime streghette poste sotto la sua tutela rappresenta uno degli elementi più riusciti e coinvolgenti della storia. C’è sicuramente qualcosa di “Mary Poppins” all’interno di questo libro… la stessa magia, lo stesso calore, la stesso tipo di immaginazione effervescente e contagiosa!

Tieni presente, però, che Sangu Mandanna scrive per il pubblico adulto contemporaneo.

E la sua mano leggera contribuisce a infondere un delizioso tocco di modernità, giovialità e allegria in un testo che, a conti fatti, non si sottrae dal tirare in ballo tematiche delicate e importanti quali pregiudizi razziali, abbandono genitoriale, solitudine ecc.

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“Il Villaggio Perduto”: la recensione dell’inquietante thriller di Camilla Sten


il villaggio perduto recensione - camilla sten

Dopo una breve parentesi estiva, lasciamo che sia la recensione de “Il Villaggio Perduto” a inaugurare la regolare ripresa dei nostri articoli…

Il libro di Camilla Sten, edito da Fazi, è stato sicuramente uno dei thriller più letti, apprezzati e chiacchierati in Italia nel corso dell’estate 2024. Un titolo che è riuscito a riscuotere un ottimo successo commerciale, soprattutto in virtù delle sue inquietanti atmosfere nordiche e dell’avvincente (e oscuro) mistero al cuore della narrazione.

Ora…

Per quanto mi riguarda, devo ammettere di essere riuscita ad apprezzare soltanto alcuni aspetti di questo romanzo. Nel complesso, infatti, la storia mi è parsa estremamente prevedibile. Inoltre, mi sono ritrovata a seguire gli eventi in preda a un certo senso di distacco, complici probabilmente le reazioni di un cast di personaggi con cui, secondo me, risulta abbastanza difficile entrare in sintonia.

Ma cerchiamo di procedere con ordine e, innanzitutto, ricordiamoci di dare un’occhiata alla sinossi riportata in quarta di copertina…


La trama

Alice Lindstedt è una giovane creatrice di documentari. Fin da quando era bambina, è sempre stata ossessionata dall’idea di risolvere il mistero del “villaggio perduto”, un’isolata e antica cittadina mineraria i cui abitanti sembrano essersi volatilizzati.

Nel 1959, infatti, l’intera famiglia della nonna materna di Alice è svanita nel nulla. Una tragedia inspiegabile che, ancora ai giorni nostri, continua a sollevare parecchie domande. Soprattutto perché nel villaggio sono state trovate soltanto due persone: una donna lapidata a morte nel centro della piazza e una neonata abbandonata nell’infermeria della scuola.

Cos’è successo al resto degli abitanti?

Alice riunisce attorno a sé una piccola crew di amici e professionisti e parte alla volta del villaggio, decisa a realizzare un documentario esplosivo… e, forse, perfino a scoprire cosa sia realmente accaduto quel fatidico giorno.

Ma non appena il gruppo si accampa fra le case decrepite, dei fatti sinistri e misteriosi iniziano a mandare a rotoli i loro programmi. Il loro equipaggiamento viene distrutto. Un membro della squadra svanisce.

E così, mentre dal dubbio nasce la paura e dalla sua stessa mente iniziano a manifestarsi le prime crepe, Alice è costretta a prendere atto di una certezza sconvolgente: lei e il resto del gruppo non sono più soli nel villaggio.

Sono venuti a cercare la verità… ma forse sarà lei a trovare loro per prima.


“Il Villaggio Perduto”: la recensione

La sinossi del thriller di Camilla Sten è davvero una bomba, non è vero?

Impossibile resistere alla tentazione di leggere un libro così. Soprattutto considerando che il pitch contiene le parole magiche “The Blair Witch Project incontra Midsommar“. Sono una ragazza semplice, dopotutto. Voi datemi un mistero, un tocco di survival e un pizzico di folk horror… et voilà: cos’altro potrei pretendere dalla mia prossima lettura?

E devo dire che le prime trenta, quaranta pagine del romanzo sono davvero riuscite a intrigarmi. Prima che iniziasse a subentrare il fattore noia, cioè. Prima che il profluvio di descrizioni asettiche e ripetitive dell’autrice uccidesse completamente la mia curiosità nei confronti del plot e dei protagonisti.

Ma, soprattutto, prima che la conclusione della doppia linea temporale de “Il Villaggio Perduto” iniziasse a sembrarmi una cosa non soltanto inevitabile, ma addirittura scontata.

Perché, a pensarci due secondi, la soluzione del mistero poteva essere una sola. E non serve aver letto un certo grande classico di Shirley Jackson per intuire quale…


Il villaggio dei dannati

C’è da dire che l‘atmosfera del romanzo di Camilla Sten risulta davvero super-inquietante. Il suo villaggio fantasma è cupo, desolato, infestato, spiazzante. C’è anche spazio per qualche solido jumpscares, e un paio di brani hanno avuto davvero il potere di farmi rabbrividire fin nel profondo delle ossa.

Le descrizioni sono “leggere” ma sempre vividissime, per cui, da questo punto di vista, la narrazione risulta deliziosamente immersiva: in diverse occasioni, chi legge ha l’impressione di percorrere le strette viuzze del paese insieme a Alice e compagni.

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“Bookshops and Bonedust”: la recensione del prequel di “Legends and Lattes”


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La recensione di “Bookshops and Bonedust” è qui per rispondere alla domanda che tutti i fan italiani del cozy fantasy si stanno ponendo: vale la pena leggere il prequel di “Legends and Lattes? Come se la cava Travis Baldree in questa nuova/vecchia avventura di Viv, l’orchessa gentile che abbiamo incontrato nel corso del primo libro?

Perché sappiamo tutti che “Legends and Lattes” ha praticamente fondato un (sotto)genere. E la posta in gioco, per i personaggi di un cozy fantasy, potrà anche essere bassina… Le nostre aspettative nei confronti di “Bookshops and Bonedust”, però?

Alte come le Montagne Nebbiose, e più svettanti della Torre di Mordor!


La trama

Viv è finalmente riuscita a unirsi alla rinomata compagnia di mercenari guidata dal leggendario Racksam. La sua carriera fra i Corvi, però, non si sta svolgendo esattamente secondo i piani.

Infatti, mentre il gruppo sta dando la caccia a una potente necromante, Viv subisce una ferita alla gamba ed è costretta a separarsi dal gruppo per cercare rifugio a Murk, una pacifica e sonnacchiosa cittadina costiera. L’orchessa ha il terrore che i Corvi non tornino più indietro a riprenderla, ma che alternative ci sono? La sua gamba malandata ha bisogno di molto riposo per guarire.

Lontana da quell’azione spericolata che tanto brama, Viv inizia a trascorrere le sue ore di ozio in compagnia di Fern, la proprietaria di una libreria sull’orlo del tracollo. A poco a poco, inizia quindi a lasciarsi coinvolgere nelle peripezie di Fern per salvare la sua attività, ritrovandosi a esplorare un mondo in cui non avrebbe mai pensato di avventurarsi… e che pure le fornisce, forse, esattamente l’occasione di cui aveva bisogno per imparare qualcosa di prezioso.

Perché, a volte, le cose giuste ci succedono nel momento sbagliato. Quello di cui abbiamo bisogno non è sempre quello che cerchiamo. E, qualche volta, può perfino capitare di riuscire a trovare noi stessi all’interno delle storie che abbiamo modo di sperimentare insieme…

Eppure, l’avventura non è lontana quanto Viv pensava. Un misterioso viaggiatore vestito di grigio, una gnoma dalla testa calda e un inaspettato romance estivo dimostreranno a Viv che perfino un posto come Murk può rivelarsi, all’occorrenza, ricco di eventi affascinanti e imprevedibili…


“Bookshops and Bonedust”: la recensione

Quando un autore che amo annuncia un prequel, non riesco mai a entusiasmarmi più di tanto. Per natura, e fatta eccezione per un paio di titoli in particolare (qualcuno ha detto “Buffy”, per caso?!) penso di essere una persona abbastanza immune al fattore nostalgia. Nella vita come nella lettura, mi piace guardare avanti, più che al passato.

E dico questo nonostante mi sia poi ritrovata, in più di un’occasione, ad apprezzare un prequel addirittura (quasi) più del romanzo originale.

Ma ti dirò la verità: la cosa che mi “preoccupava” di più, nel caso di “Bookshops and Bondust”, è che il personaggio di Tandri, stavolta, sarebbe rimasto inevitabilmente tagliato fuori dai giochi. E io, al pari di Viv, ho sempre nutrito un debole particolare per la succubus!

A lettura ultimata, però, posso confermarti che il prequel scaturito dalla penna e dall’immaginazione di Travis Baldree riuscirà a risvegliare in te un piccolo tsunami di dolcissime, calde emozioni! Anche perché nessuno degli ingredienti alla base del successo del primo manca all’appello – umorismo, magia, un pizzico di romance e tante, tantissime cozy vibes – e una buona metà dei nuovi personaggi introdotti meriterebbero uno spin-off a parte.

La trama risulta, forse, un po’ più dispersiva, meno “studiata” e incisiva rispetto a quella di “Legends and Lattes”. Ma c’è anche da dire che Baldree, in questo secondo volume, ha fatto ricorso a una dose di azione e a una progressiva crescita di tensione che rendono la lettura particolarmente coinvolgente e immersiva.

E poi, c’è tutto il fattore della libreria e del grande amore per le storie di cui tenere conto…

(insert: sospirone e due giganteschi occhi a cuoricino)


Il potere dei libri e il viaggio dell’orchessa

E, del resto, Travis Baldree non inserisce certo questi stupendi “bookish tropes” a caso, o soltanto per concedere una strizzatina d’occhio al suo lettore. Alzi la mano chi, fra noi, non ha mai sognato di aprire una pittoresca libreria! Meglio ancora se strabordante di volumi, per trascorrere i pomeriggi a catalogare, ordinare, consigliare…

La libreria di Fern, in effetti, costituisce un ottimo catalizzatore per l’arco trasformativo di Viv.

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“The Honey Witch”: la recensione del cozy fantasy di Sydney J. Shields


the honey witch recensione - sydney shields

La recensione di “The Honey Witch” non può che portare una valanga di dolcezza e romanticismo fra queste pagine!

Se anche tu hai sempre sognato di allevare api e usare il loro miele per creare pozioni arcobaleno e lanciare incantesimi d’amore, direi che il libro di Sydney J. Shields è esattamente quello che fa per te.

A patto di amare le streghe, le ambientazioni in stile Regency e il trope del grumpyXsunshine, ovviamente!

Ma diciamoci la verità…

Chi è che non ama una perfetta combinazione di queste tre cose? ;D


La trama

Marigold Claude ha ventun anni e non è affatto sicura di appartenere al mondo in cui è nata. Di fatto, ha sempre preferito la compagnia degli spiriti della brughiera a quella dei corteggiatori e degli altri invitati ai balli che è tenuta a frequentare nel tentativo di accaparrarsi un buon partito.

Così, quando sua nonna si presenta alla sua porta e le offre l’occasione di diventare la prossima strega dell’isola di Innisfree – la famigerata e rispettata Strega del Miele – Marigold accetta senza esitare. Anche se la sua nuova magia e l’indipendenza appena acquisita comportano un prezzo da pagare: una terribile maledizione famigliare, secondo la quale nessuno potrà mai innamorarsi della Strega del Miele.

Ma quando Lottie Burke, una brontolona notoriamente scettica di Innisfree, le annuncia di non credere nella magia, Marigold non riesce a resistere alla tentazione di dimostrarle che si sbaglia di grosso: i suoi poteri sono reali!

Eppure, quella che inizia come una sfida si trasforma, a poco a poco, in qualcosa di più. Finché Marigold non si accorge di provare per Lottie dei sentimenti che non è in grado di controllare.

Così, quando una magia oscura si risveglia nella foresta e minaccia di distruggere la sua casa, Marigold deve imparare a lottare con tutta se stessa per proteggere le cose – e la persona – che ama. A rischio di perdere la sua magia e, forse, il suo stesso cuore.


“The Honey Witch”: la recensione

Il libro d’esordio di Sydney J. Shields ha fatto parte della mia wishlist fin dal giorno in cui è stato annunciato. E questo, nonostante l’opera sia stata spesso definita come una sorta di punto di incontro fra “Amori e Incantesimi” e “Bridgerton” – due titoli per cui non coltivo alcuna venerazione particolare.

Eppure, che posso dirti? Sarà stata colpa delle incantevoli cozy vibes evocate della cover, oppure della promessa di un grande, struggente amore saffico suggerita dalla sinossi… Sta di fatto che Il titolo “The Honey Witch”, per me, è sempre stato sinonimo di hype pazzesco!

A lettura ultimata, posso confermarti che si tratta di un libro adorabile e veramente dolcissimo. La prima parte del romanzo si concentra più sul viaggio interiore di Marigold, sulla sua costante sensazione di essere “diversa” da tutti gli altri esponenti del suo ambiente, nonché sul suo bellissimo rapporto con la nonna, una combattiva ed energica strega solitaria.

Lottie entra in scena soltanto parecchi capitoli più tardi. Eppure, bisogna dire che, grazie alla sua personalità dirompente (e alla sua indole simpaticamente arcigna!) la nostra ragazza dai capelli rossi riesce subito a guadagnarsi il nostro affetto.

Anche perché l’alchimia con Marigold è innegabile; i loro bisticci/goffi tentativi di attirare l’attenzione l’una dell’altra si rivelano sempre molto teneri e divertenti.

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“The Reappearance of Rachel Price”: la recensione del libro di Holly Jackson


recensione The Reappearance of Rachel Price - ricomparsa di Rachel Price - Holly Jackson

Dal momento che Netflix non si decide ad annunciare la data d’uscita della serie di “Come Uccidono le Brave Ragazze”, consoliamoci con la recensione di “The Reappearance of Rachel Price”, il nuovo mistery di Holly Jackson… prossimamente in arrivo anche in Italia!


La trama

Bel ha 18 anni ed è abituata a vivere all’ombra della scomparsa della madre. Dopotutto, aveva soltanto due anni quando Rachel Price è svanita dalla faccia della terra, lasciandosi alle spalle una figlioletta urlante e una macchina vuota.

Bel è l’unica testimone ma, ovviamente, non ricorda nulla dell’accaduto. Ormai pensano tutti che Rachel sia morta; dal canto suo, Bel vorrebbe soltanto andare avanti con la sua vita e lasciarsi il passato alle spalle.

Un giorno, però, suo padre accetta di partecipare a un documentario true crime dedicato alla scomparsa della moglie. Bel non ha altra scelta: deve sottoporsi a una serie di interviste e fare del suo meglio per aiutare la troupe di giornalisti appena sbarcata dall’Inghilterra. In realtà, non vede l’ora di togliersi l’incombenza di torno.

Eppure, di colpo, accade l’impossibile: Rachel Price ricompare!

Bel non sa cosa pensare. La storia di Rachel non ha senso ed è piena di incongruenze, ma nessuno sembra farci caso. Che cosa sta nascondendo sua madre? Dov’è stata per tutto questo tempo? Perché sta mentendo?

Ma soprattutto… è possibile che Rachel Price sia una donna pericolosa?


“The Reappearance of Rachel Price”: la recensione

Se dovessi limitarmi a offrire un giudizio sintetico sul conto di “The Reappearance of Rachel Price”, penso che suonerebbe qualcosa del tipo: “adoro questo romanzo, ucciderei per questa storia e sono follemente innamorata di almeno due delle sue personagge principali… ma ho odiato leggerlo fino all’apertura del terzo atto, e adesso non posso neanche spiegarti il perché!”

Mi pare quasi di sentire la tua risposta: «E come diamine è possibile? Non si tratta di una specie di contraddizione in termini

Bè, in realtà no. Non proprio.

Perché di “The Reappearance of Rachel Price” ho amato quasi ogni cosa: ritmo, colpi di scena, tematiche, ambientazione, stile… tutto, tranne la sua spigolosa, arcigna protagonista, Bel.

Bel è, ovviamente, un personaggio molto diverso dalla Pippa Fitz-Amobi che tutti amiamo e conosciamo. Ma, in realtà, è lontana anche dalla tormentata Sloane di “Five Survive“.

Non fraintendermi: so che quest’assenza di ripetizioni è una cosa buona. Soprattutto perché il livello della caratterizzazione dell’eroina si mantiene su dei livelli superiori alla media. E perché il suo arco trasformativo, a lungo andare, si rivela bello solido e convincente.

Ma che posso farci? Alcuni aspetti della personalità di Bel sono riusciti a farmi saltare la mosca al naso! Soprattutto la sua incredibile supponenza, la sua arroganza e i suoi evidenti daddy issues. Tempo di finire il primo capitolo, e ne avevo già abbastanza delle sue arie da smargiassa e dai suoi commenti da finta-badass liceale di periferia…


La Ricomparsa di Rachel Price

Antipatie personali a parte, “The Reappearance of Rachel Price” è un mistery che ruba il cuore. E che, a volte, riesce a far vibrare delle corde profonde nell’animo del lettore. Soprattutto per quanto concerne, come annunciato alcuni mesi fa dalla stessa Holly Jackson, il tema della maternità e del complesso rapporto madre/figlia.

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“Home is Where the Bodies Are”: recensione del thriller bestseller di Jeneva Rose


home is where the bodies are - recensione

Tempo di pubblicare la recensione di “Home Is Where the Bodies Are”, il nuovo, effervescente thriller “blockbuster” di Jeneva Rose!

Per chi non lo sapesse, il libro è rimasto ai vertici delle classiche di vendita negli USA per diverse settimane, diventando, in breve, un bestseller del New York Times. Non è difficile intuire i motivi alla base di questo successo: dopotutto, il romanzo incarna la quintessenza stessa della definizione di “thriller estivo”.

Un ritmo serrato, un linguaggio scorrevole e un plot di una linearità disarmante rappresentano i marchi distintivi di questo romanzo.

La storia segue, a capitoli alterni, i punti di vista di tre fratelli che si riuniscono, dopo tanti anni di lontananza, per occuparsi insieme dell’eredità di famiglia.

Fra vecchi dissapori, ferite che si riaprono e l’emergere di nuovi rimpianti, si imbatteranno in una scomoda verità: la prova schiacciante dell’atroce crimine commesso dai genitori…


La trama

Dopo la morte della madre, tre fratelli si radunano, dopo aver perso i contatti per tanto tempo, con l’obiettivo di decidere del destino della proprietà di famiglia.

Beth, la figlia maggiore, non ha mai lasciato la casa dei genitori. Ha preferito rimanere con la madre, prendendosi cura di lei fino alla fine.

Nicole, invece, la figlia di mezzo, è scivolata in una sorta di limbo, disprezzata da tutti a causa del suo problema di dipendenza da sostanze stupefacenti.

Micheal, il figlio minore, si è trasferito fuori dalla stato e si è rifiutato di tornare nella loro piccola città del Wisconsin fin dal giorno in cui loro padre, sette anni prima, ha deciso di scomparire nel nulla.

Mentre passano in rassegna gli effetti personali della madre, i fratelli si imbattono in una collezione di vecchie VHS. Il videoregistratore funziona ancora, per cui, dopo qualche tentennamento, decidono di concedersi un’ultima possibilità di rivisitare i loro ricordi d’infanzia.

Ma quel sentimento di innocente nostalgia è destinato ad avere vita breve: una delle videocassette, infatti, rivela una notte del 1999 di cui nessuno di loro sembra conservare la benché minima memoria. Sullo schermo, si materializza il loro padre… farneticante e completamente ricoperto di sangue.

Quello che segue è il primo piano di un cadavere e il terribile patto che i genitori hanno stretto per sbarazzarsi di ogni prova del misfatto.

Il video si interrompe bruscamente. Non c’è altro. Ma ogni cosa è cambiata, e i fratelli lo sanno.

Perché, adesso, Beth, Nicole e Micheal dovranno prendere una decisione molto, molto difficile: lasciare che il passato resti sepolto, oppure riportare i galla tutti gli oscuri segreti che la madre ha cercato di portare con sé nella tomba.


“Home Is Where the Bodies Are”: la recensione

La trama di “Home Is Where the Bodies Are” ricorda un po’, secondo me, l’episodio “Lock Henry” della serie tv “Black Mirror”.

Nello show di Charlie Brooker si celava, tuttavia, una profondità di caratterizzazione dei personaggi e di spunti tematici che, nel romanzo di Jeneva Rose, purtroppo mi è stato impossibile ritrovare.

Non che il libro in questione mi abbia deluso su tutta la linea, intendiamoci. Dopotutto, “Home is Where the Bodies Are” mi ha riservato qualche ora di piacevole intrattenimento ed è riuscito a tenermi sulle spine in più di un’occasione.

In effetti, il ritmo martellante e lo stile scorrevole dell’autrice contribuiscono a intessere un’efficiente rete di curiosità e fascinazione. Sospetto che i fan del domestic thriller troveranno il romanzo delizioso, perché le morbose dinamiche famigliari rappresentate risultano piuttosto credibili e coinvolgenti.

Del resto, come sa bene ogni buon lettore di thriller, non è sempre possibile fidarsi al 100% del narratore di una storia. E i tre protagonisti di “Home is Where the Bodies Are”, da questo punto di vista, si confermano degli autentici campioni di ambiguità, sgradevolezza e paranoia.

Anche perché l’autrice riesce a giocare molto bene con questo elemento, sfruttando le rivalità sepolte e le tipiche animosità in gioco fra parenti-serpenti per intorbidare le acque e creare una costante atmosfera di sospetto e tensione.

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“The Fireborne Blade”: la recensione del libro fantasy di Charlotte Bond


the fireborne blade recensione - charlotte bond

La recensione di “Fireborne Blade” è dedicata a tutti gli amanti delle storie di draghi!

Il romanzo breve di Charlotte Bond ha sicuramente un impianto “epico” dal taglio molto classico – la nostra eroina, del resto, è un cavaliere alle prese con la tradizionale quest della caccia al drago – ma può contare su un ottimo twist e su un promettente cast di protagonisti.

Avrei preferito che il libro si/ci concedesse qualche capitolo in più, magari per approfondire un po’ le relazioni fra i personaggi e il worldbuilding? Senz’ombra di dubbio!

Ma “Fireborne Blade” resta un libricino divertente, avvincente e, soprattutto, infarcito di taaaanta dragon-lore


La trama

Maddileh è un cavaliere. Nella sua professione è piuttosto raro trovare una donna, e le sembra spesso che sopportare il disprezzo e i commenti taglienti dei suoi pari sia ancora più difficile che stanare e uccidere draghi pericolosi.

Ma Maddileh è un cavaliere, e può affrontare di tutto.

Un giorno, però, un’infrazione minore la costringe all’esilio. Per rientrare nelle grazie dei regnanti, Maddileh è costretta a trovare un modo per redimere il proprio onore, peraltro nella maniera più drammatica possibile. Per riuscirci, decide di ritrovare la leggendaria Fireborne Blade.

La spada, però, è custodita dalla Dama Bianca, uno dei draghi più antichi e scaltri attualmente in circolazione. Il tentativo potrebbe facilmente costarle la vita. Anche perché, se la storia ci insegna qualcosa, è che, di solito, la parte che recita “o muori provandoci” è quella che finisce per avverarsi…


“The Fireborne Blade”: la recensione

Malgrado il taglio classico della trama, “The Fireborne Blade” si avvale di un tocco di light academia che assolve, in maniera egregia, il duplice obiettivo di modernizzare la narrazione e rendere l’intreccio più inaspettato e misterioso.

Anche perché la componente avventurosa si rivela senz’altro predominante (dopotutto, “The Fireborne Blade” si svolge, per i tre quarti, all’interno del dungeon costituito dal covo di un temibile drago sputafuoco…), ma è grazie all’elemento psicologico che la storia di Charlotte Bond riesce a distinguersi.

E, in realtà, sono proprio i numerosi brani di “scienza draconica applicata” che intervallano l’odissea di Maddileh a tenere insieme le fila del piccolo mistero che si dipana ai margini della trama.

Ovviamente, se sei alla ricerca di un plot characters-driven, questo non è assolutamente il romanzo che fa per te! Intendiamoci: i personaggi risultano un po’ abbozzati, ma presentano senz’altro dei tratti interessanti. Non li reputo malvagi: Maddileh, ad esempio, mi ha ricordato una sorta di via di mezzo fra la Alanna di Tamora Pierce e l’indimenticabile Lady Brienne di Tarth di George R. R. Martin.

Il suo arcigno (e imbranato) scudiero mi ha fatto pensare a una versione meno simpatica e ingenua del Maximus di “Fallout”. Saralene, invece…

Mmm. In realtà, devo ancora inquadrare bene il personaggio della maga: anche perché mi aspettavo qualcosa in più dal punto di vista del romance, e non ho ancora capito se si tratta di una fantasia mia o se, effettivamente, le cose prenderanno una piega diversa a partire dal prossimo volume.

Ma devo dire che ho comunque apprezzato la sfrenata ambizione e la sfrontata capacità di Saralene di sfidare ogni convenzione…


Nella tana della bestia (aka “Toccata e fuga”)

Azione veloce, mostri in agguato nell’ombra e colpi di scena inaspettati: sono queste le parole-chiave della nostra recensione di “The Fireborne Blade”!

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