Sul blog non poteva mancare la recensione di “The Daughter of Doctor Moreau”, il retelling firmato Silvia Moreno-Garcia di uno dei più intramontabili classici della fantascienza di H. G Wells.
Un libro a cui i fan di “Mexican Gothic” non hanno alcuna possibilità di resistere, dal momento che ripropone le stesse atmosfere “calde” e passionali, le medesime tematiche, gli stessi personaggi ambigui e tormentati del popolare bestseller edito in Italia dalla Oscar Vault.
Fra parentesi, non è necessario leggere il romanzo originale di Wells per riuscire ad apprezzare l’opera “collaterale” di Silvia Moreno-Garcia… ma, un paio di giorni fa, vi ho fornito 5 ottime ragioni per leggere “L’Isola del Dottor Moreau“: per cui, mi auguro di avervi convinto a prendere almeno in considerazione l’idea di recuperare questo grande libro! 🙂
La trama
Carlota Moreau: una giovane donna cresciuta in una magione isolata e circondata da vegetazione lussureggiante, al riparo dai conflitti e dalle dilanianti lotte interne che lacerano la penisola dello Yucatán. L’unica figlia di un ricercatore che potrebbe anche essere un genio… ma che molti considerano semplicemente pazzo.
Montgomery Laughton: un malinconico sorvegliante al servizio del famigerato dottor Moreau. Sulle sue spalle grava il peso di un passato tragico, che il giovane si sforza caparbiamente di affogare nell’alcol. Un emarginato, molto lontano dalla natia Inghilterra, assunto per assistere il dottore nei suoi esprimenti, finanziati dalla ricca e potente famiglia Lizaldes.
Gli ibridi: il frutto del lavoro di Moreau. Creature deformi, o comunque affette da gravi patologie, destinate a ubbidire ciecamente al loro padrone. E a rimanere nell’ombra. Perché sono umani soltanto a metà, e sanno benissimo che il mondo non sarebbe mai disposto a perdonare la loro diversità.
Tutti questi personaggi vivono in un mondo perfettamente bilanciato, fatto di stasi, verità sepolte e obiezioni ingoiate. Almeno fino a quando Eduardo Lizalde, l’affascinante e incosciente figlio del mecenate del dottore, non fa il suo trionfale ingresso in scena.
Eduardo, senza saperlo, innesca una reazione a catena dalle conseguenze molto pericolose.
Perché il dottor Moreau ha dei segreti, Carlota ha delle domande e, nel soffocante calore della giungla, passioni letali potrebbero essere sul punto di sbocciare.
“The Daughter of Doctor Moreau”: la recensione
“L’Isola del Dottor Moreau” raccontava una strepitosa storia d’avventura e d’azione, in grado di introdurre una tematica scottante per l’età moderna, quanto per quella contemporanea: il complesso rapporto fra etica e scienza.
C’è da dire che l’argomento ricorre anche fra le pagine di “The Daughter of Doctor Moreau”. Tuttavia, come i fan dell’autrice probabilmente si aspetteranno, in questo caso Silvia Moreno-Garcia preferisce concentrare l’attenzione soprattutto sui conflitti interiori dei personaggi e sulle morbose dinamiche che regolano le interazioni fra i singoli abitanti della penisola.
Ne consegue un intreccio a cui manca sicuramente qualcosa, in termini di ritmo e sviluppo del plot; ma che, in cambio, riesce a offrire al lettore un ricco e travagliato ritratto della vita interiore dei due protagonisti, Carlota e Montogomery.
Come sempre, l’autrice si propone di realizzare i suoi scopi attraverso il genere della love story, il suo “campo” per antonomasia.
“The Daughter of Doctor Moreau”, infatti, tende ad affrontare il tipico conflitto “Uomo VS Natura” (la tematica portante del romanzo di Wells) da un punto di vista infinitamente più intimista e personale.
In questo retelling, l’eterna dicotomia fra forze contrastanti si tinge quindi di una sfumatura particolare, nel momento in cui contrappone la freddezza asettica della ragione, dell’intelletto e della biologia, alla potenza devastante delle tensioni irrisolte e delle passioni amorose.
Che è un po’ la stessa cosa che accadeva in “Mexican Gothic”, se ci fai caso.
L’eterno dualismo fra i principi psicologici del maschile e del femminile, così come innumerevoli culture prima della nostra sono state tentate di concepirlo.
“Il Potere del Cane”, o qualcosa del genere.
Se hai visto il meraviglioso film di Jane Campion su Netflix, probabilmente non avrai difficoltà a farti un’idea delle ribollenti atmosfere e delle torbide tonalità che caratterizzano “The Daughter of Doctor Moreau”.
«You are deaf, Loti.»
Sono queste le parole che scandiscono l’arco trasformativo di Carlota.
Un personaggio con il quale, a essere del tutto sinceri, risulta difficilissimo entrare in sintonia.
Forse perché il suo punto di partenza è un limbo infinito fra i capricci dell’infanzia e le insopprimibili pulsioni dell’adolescenza. Una guerra irrisolta che, spesso, la porta – comprensibilmente – a rispecchiarsi nell’effige di una piccola tiranna, una ragazzina viziata e smaniosa pronta a fare a pezzi il suo stesso paradiso, pur di ottenere ciò che vuole.
Un ritratto convincente, solido e accurato, certo. Ma anche, ehm, un filino irritante, se mi si permette di inserire un pizzico di soggettività all’interno di questa recensione di “The Daughter of Doctor Moreau”!
Tutto ciò rappresenta solo l’inizio, certo. Ma Carlota rimane la caricatura di una tipica protagonista da soap opera per buona parte della narrazione; una giovane donna accecata dalle passioni, da una fame di vita talmente esagerata da sconfinare nell’autentico egocentrismo.
Ho sentito il personaggio di Montgomery, con i suoi difetti e la sua debolezza congenita, infinitamente più vicino.
Un uomo sensibile e cinico, a cui la vita ha impartito una lunga serie di “ripassate”; alcune meritate, altre no.
In ogni caso, la sua lotta quotidiana per risollevarsi dall’abisso e trasformarsi in un essere umano decente, è ciò che ha continuato a coinvolgermi e a spingermi a voltare le pagine.
Tropical Gothic
“The Daughter of Doctor Moreau” è un libro intenso, vitale, seducente, scritto dalla penna magica di un’autrice che non riuscirebbe a dimostrarsi pretenziosa o pesante neanche se ci provasse per cento anni.
Lo stile di Silvia Moreno-Garcia risulta così fluido, così avvolgente, così incredibilmente piacevole, da riuscire a rendere la lettura dei suoi romanzi un’assoluta gioia per la mente e per il cuore, a prescindere dal loro contenuto.
Nessuno è in grado di scrivere di desiderio represso, carnalità e struggimento con la sua stessa leggerezza, la sua grazia inconfondibile o la sua contagiosa spontaneità.
C’è da dire che, sotto molti punti di vista, “The Daughter of Doctor Moreau” resta comunque un libro ibrido, almeno tanto quanto le animalesche creature che popolano la penisola dell’incosciente dottore.
I personaggi, ad esempio, sono gli stessi del libro di Wells, ma le tensioni e gli sviluppi ricordano più che altro “Cime Tempestose” e innumerevoli altri classici della letteratura gotica a sfondo romantico.
Un paio di allusioni al contesto socio-economico e alle drammatiche tensioni intestine dello Yucatan incoraggiano inoltre il lettore a riflettere sulla dimensione storica dell’ambientazione; altro elemento totalmente estraneo alla nostra concezione de “L’Isola del Dottor Moreau”.
Eppure, al pari di personaggi brillanti quali la vivace ibrida “gatta selvatica” Lupe, “The Daughter of Doctor Moreau” dimostra di possedere un’identità, una personalità e un’anima ben specifici.
Insomma, se credevi che, con “Mexican Gothic”, Silvia Moreno-Garcia avesse già dato fondo a tutta la propria capacità di riscrivere il canone della narrativa gotica… preparati a un altro colpo di scena! 😀
Cosa pensi della mia recensione di “The Daughter od Doctor Moreau”?
Hai già letto altri libri di Silvia Moreno-Garcia? 🙂
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