
Riprendiamo le trasmissioni con la recensione di “All the Dead Lie Down”, avvincente libro gotico per ragazzi di Kyrie McCauley.
Una storia d’amore, morte, traumi e redenzione che ricorda tantissimo la straordinaria miniserie di Mike Flanagan “The Haunting of Bly Manor”.
Un romanzo in grado di giocare con tutti i trope del genere e di regalare al lettore una lunga serie di sospiri, brividi e palpitazioni, basato su una solidissima atmosfera e su un ottimo cast di personaggi al femminile.
La trama
Da qualche giorno, Marin Blythe è rimasta completamente sola. Dopo che un terribile incidente ferroviario le ha strappato l’unico genitore, infatti, la ragazza non dispone più di connessioni o mezzi di sostentamento, e non sa più che pesci pigliare.
Almeno fino a quando non riceve un invito a sorpresa da Alice Lovelace – un’acclamata scrittrice di libri horror, nonché vecchia amica d’infanzia di sua madre. Alice offre a Marin una posizione da tata presso Lovelace House, l’antica magione della sua famiglia, situata sulle affascinanti e isolate coste del Maine.
Marin non riesce a credere alla sua fortuna. Dopo aver accettato, si ritrova quindi a badare alle peculiari figliolette di Alice: Thea, una bambina che ha il bizzarro hobby di seppellire le proprie bambole, e Wren, che sembra determinata a fare tutto ciò che è in suo potere per mandare via Marin.
E poi Evie Hallowell, la figlia più grande di Alice, viene espulsa dalla sua accademia e torna a casa a sua volta. Evie è tanto strana quanto le sue sorelle; anzi, forse addirittura di più. Eppure, la sua eterea bellezza e il suo comportamento magnetico attraggono Marin come una calamita.
Tuttavia, mentre Marin inizia ad ambientarsi, l’ansia che da sempre la tormenta inizia a impennarsi in un picco vertiginoso. Perché una serie di uccellini morti prende a comparire sul davanzale della sua finestra. Gli scherzi delle bambine, prima così innocenti, iniziano a prendere una piega sinistra.
E qualcosa di pericoloso si aggira nei boschi, lasciandosi alle spalle una scia di animali mutilati.
Non va tutto bene, a Lovelace House: presto, Marin dovrà svelare i segreti della casa, o rischiare di finire completamente consumata dal suo oscuro passato.
“All the Dead Lie Down”: la recensione
Il mio riferimento all’adattamento televisivo de “Il Giro di Vite” di Henry James non è stato casuale.
In effetti, l’affinità fra i due titoli non si limita neanche agli aspetti più evidenti.
Certo, l’odissea di Marin assomiglia moltissimo a quella di Dani Clayton, l’intrepida e tormentata eroina del popolare show targato Netflix. Inoltre, anche in “All the Dead Lie Down” possiamo trovare una coppia di bambini/e che continua a danzare sulla sottile linea di confine che separa “l’adorabilmente eccentrico” dal “maledettamente inquietante”.
E l’appassionata storia d’amore saffica al centro dell’intreccio del romanzo di Kyrie McCauley echeggia sicuramente quella (indimenticabile) fra Dani e Jamie nella suddetta miniserie.
Ma credo che il legame fra i due titoli, in realtà, si estenda in maniera anche più profonda di così.
Tanto per cominciare, anche “All the Die Lie Down” rappresenta un lungo, lunghissimo slow burn, una malinconica e struggente riflessione sui temi dell’elaborazione del lutto e della perdita.
La componente sentimentale, dal canto suo, svolge un ruolo di primo piano ed è portata avanti in maniera convincente e ricca di pathos: vale a dire, rispettando in pieno le convenzioni del proprio genere di riferimento.
Tuttavia, neanche la bellissima love story ha il potere di mettere in ombra la tempestosa e cupa atmosfera, o la complessa caratterizzazione psicologica dei personaggi.
“Crimson Peak” incontra “Pet Cemetery”, con un pizzico de “La Notte dei Morti Viventi” e “La Figlia di Rappaccini“.
Il tutto, chiaramente, rielaborato secondo il gusto YA e filtrato da uno stile estremamente scorrevole e alla portata di chiunque.
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