“Her Majesty’s Royal Coven”: recensione del libro fantasy di Juno Dawson


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Her Majesty’s Royal Coven” è la risposta di Juno Dawson alle recenti dichiarazioni transfobiche di J. K. Rowling.

Il fatto che si tratti anche, incidentalmente, di un romanzo fantasy, si traduce in una coincidenza nel più ingenuo degli scenari, e in un deliberato atto di provocazione in tutti gli altri.

Dopotutto, l’idea di sfidare la Rowling sul suo stesso terreno dev’essere sembrata alla Dawson praticamente irresistibile.

Non una decisione particolarmente assennata, forse, considerando il calibro dell’autrice a cui decide di lanciare il guanto.

Ma, a quanto pare, irresistibile lo stesso…


La trama

All’alba della loro adolescenza, quattro ragazzine si ritrovano alla vigilia del solstizio d’estate, pronte a fare il loro giuramento.

Stanno per entrare a far parte della Congrega Reale di Sua Maestà, fondata dalla Regina Elisabetta I a mo’ di dipartimento ultra-segreto del governo.

Decadi più tardi, la comunità di streghe sta ancora cercando di riprendersi dalle conseguenze di una sanguinosa guerra civile.

Helena, una di quelle ragazze, è diventata l’Alta Sacerdotessa dell’organizzazione.

Eppure Helena è l’unica, fra i membri del suo vecchio gruppo di amiche, a essere rimasta invischiata nelle maglie soffocanti della burocrazia della Congrega Reale. Tutte le altre hanno deciso di continuare per la loro strada.

Elle, ad esempio, cerca di fingere di essere una normalissima casalinga. Niahm è diventata una veterinaria di campagna e Leonie ha disertato per fondare la Diaspora, una congrega molto più compatta e inclusiva.

Helena è furiosa con lei, ma adesso ha per le mani problemi più grossi. Un giovane stregone, dotato di abilità straordinarie, è stato catturato dalle autorità. La sua stessa esistenza sembra una minaccia per la Congrega Reale: nessun uomo dovrebbe essere dotato di un potere del genere!

La magia è sempre stata prerogativa delle donne.

Mentre, nel tentativo di venire a capo del problema, ideologie conflittuali cominciano a scontrarsi, le quattro amiche dovranno decidere da che parte si erge la loro lealtà: preservare la tradizione, o… fare la cosa giusta.


“Her Majesty’s Royal Coven”: la recensione

Il libro di Juno Dawson esordisce con una suggestiva immagine di apertura, enfatizzando subito il vincolo di amicizia e sorellanza fra le cinque protagoniste.

Le “incontriamo” per la prima volta il giorno del loro Giuramento, in qualità di adolescenti rose dall’ansia e dal senso di responsabilità imminente.

Diventare una strega significa promettere di servire la Congrega di Sua Maestà la Regina, per tutta la vita e a qualsiasi costo; ma anche garantire alle proprie “sorelle” la lealtà, l’empatia e la protezione di cui ciascuna donna al mondo avrebbe bisogno.

Una scena molto evocativa e toccante, inframezzata tuttavia da una serie di vivaci dialoghi al vetriolo e infarcita di tutti quei colorati riferimenti alla cultura pop che, di fatto, andranno a caratterizzare anche il resto della narrazione.

“Her Majesty’s Royal Coven” comincia così, su una nota che tocca corde familiari a qualsiasi estimatore del genere fantasy: quello che succederebbe se “The Rook” incontrasse la serie tv “Motherland: Fort Salem”, il bestseller svedese “Il Cerchio” o l’intensa epopea magica di Alix E. Harrow “Le Streghe in Eterno”.

Peccato che si tratti di una promessa che Juno Dawson non può – che in realtà non ha nessuna intenzione – di mantenere.

Perché basta leggere qualche altro capitolo, per scagliare il lettore in preda a un certo sbigottimento.

Battute velenose, frecciatine politiche, personaggi monodimensionali, un linguaggio da chick-lit e un worldbuiling che sembra la (brutta) copia carbone di quello di “Harry Potter“?

Come tornare a Wisteria Lane, senza il fascino delle attrici protagoniste e con qualche abracadabra a caso buttato nel mezzo…


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In realtà, se proprio volessimo trovare un punto di riferimento letterario per il romanzo di Juno Dawson (diverso dalla Rowling), probabilmente dovremmo guardare alla famosa opera di Gregory Maguire.

Eppure, a essere sinceri, continuo a ritenere che “Her Majesty’s Royal Coven” abbia un’impostazione dal taglio più che altro… cinematografico? Televisivo? Da soap opera?

Ci troviamo dalle parti di “Jane the Virgin” e “Devious Maids”, con quella tipica vena moraleggiante degli show televisivi della CW a tenere banco.

Dopotutto, il conflitto si svolge quasi esclusivamente sul livello interpersonale (cioè, sul piano dei personaggi), creando uno spaventoso vuoto di tensione su tutti gli altri fronti e depotenziando i singoli archi narrativi in maniera irreparabile.

Certo: i capitoli brevissimi, rapidi e scoppiettanti, conferiscono alla narrazione un ritmo abbastanza fresco e scorrevole.

Ma la netta divisione fra buoni e cattivi rende impossibile identificarsi o provare empatia nei confronti di una qualsiasi delle cinque protagoniste o dei loro protetti.

Anzi.

Di fatto, la caratterizzazione dei personaggi di “Her Majesty’s Royal Coven” non si spinge mai oltre quel certo grado superficiale banalità che rende ciascuno dei loro ruoli francamente interscambiabile….


Rappresentando… chi, esattamente?

Oltretutto, per essere un libro che si propone di difendere a spada tratta l’idea stessa di rappresentazione della diversità (una causa in cui credo, confido e per cui, nel mio piccolo, continuerò sempre a battermi… ), ritengo che “Her Majesty’s Royal Coven” renda un servizio piuttosto povero alla sua crociata.

Dopotutto, l’eroina assoluta del libro è Niham, una bellissima strega dai capelli rossi e gli occhi verdi, di purissima discendenza celtica.

Niahm è la più buona fra i buoni, giusta fra i giusti, nonché intrepida paladina dei diritti delle persone trans.

Il suo uomo è un tipo che assomiglia in maniera allarmante a Chris Hemsworth, ovviamente il biondo nordico più cool, hot e aitante che si possa immaginare.

Per motivi che, a mio avviso, risultano inesplicabili, al personaggio di Theo la Dawson decide invece di concedere pochissimo spazio.

Theo è una vittima, un cucciolo smarrito, una creatura indifesa da proteggere… che altro?

Leggere il libro fino alla fine non ti aiuterà a scoprire qualcosa di più sul suo conto; a parte, certo, quell’unico elemento della sua identità che la Dawson non potrà fare a meno di tirare in ballo.

E cosa dire di Helena, Elle e Leonie?

Una schiera di puri e semplici caricature: la personificazione dell’arrogante donna bianca al potere, la prima; una perfetta matrona dal cuore d’oro, la seconda; la classica ribelle punk nera, lesbica e incazzata, la terza.

Senza contare il fatto che in “Her Majesty’s Royal Coven”, vai a capire perché, perfino la più inutile delle comparse vanta l’aspetto di un divo e sembra fare un punto d’onore della propria capacità di restare costantemente aggiornato sugli ultimi trend in fatto di dieta, moda e saloni di bellezza.

Diamine, è praticamente un prerequisito!

In questo libro, se non sei attraente, puoi anche scordarti di comparire da qualche parte.


Il libro-manifesto

Magari ti sorprenderà scoprire che le (poche) scene d’azione che ravvivano l’intreccio di “Her Majesty’s Royal Coven” risultano piuttosto mozzafiato e spettacolari.

Peccato che, in definitiva, servano più che altro a fare un po’ di rumore, e che non esercitino poi poi tutto questo grande impatto dal punto di vista della trama.

Un paio di battute salaci potrebbero riuscire a strappare un sorriso, certo.

Ma la maggior parte dei dialoghi mi è sembrata più che altro imbarazzante e puerile, infarcita di una retorica da propaganda talmente sciropposa da dare fastidio perfino a me.

In effetti, ogni volta che aprono bocca, i personaggi non fanno altro che sbandierare le proprie ideologie a destra e a sinistra. L’autrice elegge Niahm, in modo particolare, a mo’ di portavoce, mettendole in bocca ogni sorta di dichiarazione progressista possibile e immaginabile.

A Helena spetta, invece, il ruolo di “perfida” J. K. Rowling della situazione.

Se non fosse che la Rowling, chiaramente, è una persona in carne e ossa, con tutte le sue complessità, il suo background e le sue contraddizioni; laddove la villain della Dawson è soltanto uno spauracchio da cartone animato, uno zimbello patetico da sottoporre a pubblico vilipendio, e sulle cui spalle la Dawson insiste semplicemente a scaricare il peso di ogni singolo male della società.


Alla faccia della sottigliezza

Per illustrare il suo mondo e la sua mitologia, l’autrice si serve abbondantemente di infodump, cliché e stereotipi da serie televisiva fantasy di penultima generazione.

Non contenta, si ostina a riciclare anche un paio di vistosi elementi tratti dalle nuove religioni neopagane; ovviamente, ignorandone la complessità (o senza capirne proprio una cippa) e limitandosi a rimescolare i vari elementi senza il minimo accenno di sensibilità o rispetto.

E…

Ascolta, la verità è che…

Comprendo le buone intenzioni alla base di questo libro, sul serio. Anzi, di più: le comprendo, le approvo e le condivido!

Ma diciamo le cose come stanno: “Her Majesty’s Royal Coven” è un libro molto furbetto, molto immaturo, e comunque infinitamente meno arguto e salace di quanto una larga fetta dell’industria editoriale voglia cercare di dare a bere ai potenziali lettori.

Le risposte semplici a domande complesse, le banalizzazioni, gli estremismi, i fanatismi, la stigmatizzazione e la ripetuta persecuzione di intere categorie di persone vulnerabili… l’essenza del Male è proprio questa, sono d’accordo anch’io.

Ma, per come la vedo io, non è che continuare a pubblicare pessimi libri sull’argomento contribuirà veramente a smuovere le coscienze.


Punti di forza

+ Una valanga di buone intenzioni;

+ Commentario sociale dai toni accesi e vivaci;

+ Ritmo dinamico e scorrevole;

+ Tipico humor british.

Punti deboli

– Uno sviluppo della trama posto al servizio di una tematica d’attualità importante, ma introdotta con prepotenza e una considerevole dose di falsa arguzia;

– Un intreccio semplicione;

– Un cast di personaggi stereotipati e privi di qualsiasi potenzialità;

– Atmosfere patinate e anonime, in perfetto stile “soap opera di periferia”;

Worldbuilding riciclato;

Sistema magico incomprensibile;

Infodump come se piovesse;

– Un gergo giovanilistico e immaturo che fa sanguinare le gengive.


“La Congregazione Reale di Sua Maestà”: quando esce in italiano il libro di Juno Dawson?

In italiano, “Her Majesty’s Royal Covenant” si chiamerà “La Congregazione Reale di Sua Maestà“. La traduzione sarà a cura di Laura Prandino.

Il romanzo arriverà nelle librerie di tutta Italia a partire dal 12 marzo 2024. Puoi acquistarlo anche su Amazon, in formato digitale oppure in cartaceo.


E tu?

Leggerai “Her Majesty’s Royal Coven”? 🙂


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