“Belladonna”: la recensione del libro di Adalyn Grace


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La recensione di “Belladonna” di Adalyn Grace renderà felici gli appassionati di narrativa gotico-fantastica a sfondo romantico.

Dopotutto, stiamo parlando di uno YA che, malgrado le invadenti parentesi “ormonali” e la sua imbarazzante eroina obnubilata dai desideri della carne, riesce a giocare (bene) con le regole del mistery e a tingere di pathos il suo nucleo tematico principale: l’inevitabile scontro fra natura (umana) e società.

La trama, certo, annaspa un po’ in alcuni punti. Ma la solida ambientazione e i personaggi secondari, con i loro drammi, le loro ossessioni e le loro intime vicissitudini, rendono la lettura coinvolgente e accattivante sotto più di un punto di vista.


La trama

Signa è l’unica erede di una considerevole fortuna. Poco tempo dopo la sua nascita, la sua famiglia è rimasta vittima di un avvelenamento inspiegabile: da quel momento, la piccola è stata sballottolata da un tutore legale all’altro, nell’attesa di diventare abbastanza grande da poter rivendicare il proprio patrimonio e vivere per conto suo.

Nessuno dei suoi guardiani – a parte la prima: la sua amorevole nonna – ha mai avuto a cuore gli interessi di Signa. Nessuno di loro è rimasto nei paraggi abbastanza a lungo da sviluppare un autentico legame con lei.

In effetti, le persone che hanno a che fare con Signa sembrano manifestare la disturbante inclinazione a crepare come mosche. Un fatto che turba profondamente la ragazza, e che fra l’altro ha incoraggiato la nascita di una serie di allarmanti pettegolezzi sul suo conto.

I suoi ultimi parenti rimasti, adesso, sono gli Hawthorne: un’eccentrica famiglia che vive nel maniero di Thorn Grove, una dimora grandiosa quanto tetra.

Il patriarca, Elijah, non riesce a riprendersi dalla morte della moglie. Ne piange la scomparsa dando party scandalosi e sfrenati, mentre il figlio Percy lotta per riprendere il controllo della reputazione di famiglia e la figlia, Blythe, si consuma in un letto al piano di sopra, preda di una misteriosa malattia.

Ma quando lo spirito irrequieto della loro madre confessa a Signa il suo segreto – la sua morte non è stata accidentale: si è trattato di omicidio! – Signa capisce che anche il resto della nuova, strana famiglia che le è toccata in sorte potrebbe essere in pericolo.

Per svelare l’arcano, Signa recluta quindi due aiutanti d’eccezione: il vivace e robusto Sylas, un garzone di stalla, e… il Tristo Mietitore in persona!

A poco a poco, infatti, Signa, scopre di condividere con Morte un legame singolare. Un potere sconosciuto le scorre nel sangue, qualcosa che la tiene avvinta al suo affascinante “stalker” sovrannaturale e che costringe i due a rientrare continuamente l’uno nell’orbita dell’altra.

Un’attrazione pericolosa e letale, che rischia di mandare all’aria quel futuro di cui Signa era sempre stata così sicura…


“Belladonna”: la recensione del libro di Adalyn Grace

Tanto per cominciare, ammetto che lo stile di Adalyn Grace mi ha piacevolmente colpito. L’autrice riesce a dosare magia e realismo, sense of wonder e soffocanti imposizioni sociali, praticamente alla perfezione. La sua padronanza delle principali tecniche di scrittura è ottima, e l’atmosfera di “Belladonna” risulta così viva e ammaliante, così ricca di sfumature e di dettagli, da insinuarsi praticamente sotto la tua pelle.

Sono abbastanza sicura che, da qui a qualche mese, quando i dettagli del plot avranno già cominciato a perdere di consistenza dentro la mia mente, i ricordi più vividi che riuscirò a conservare di “Belladonna” avranno a che fare con la festa ecclettica e multisensoriale di profumi, bagliori, suggestioni, fumi, spettri e scintilli che l’affascinante prosa dell’autrice riesce a evocare.

La scena più riuscita è indubbiamente quella, preparata con cura, del ballo con Morte in un landa al di fuori del tempo e dello spazio. È in quest’occasione che l’elemento fiabesco riesce a emergere in tutto il suo splendore, trasportando chi legge in un mondo archetipicamente “altro” e spingendolo disperatamente a desiderare, insieme a Signa, di potervi rimanere a tempo indeterminato.

Dell’intreccio del libro, di per sé, ho apprezzato soprattutto la quantità di false piste (nella migliore tradizione di Agatha Christie, ogni personaggio è un potenziale indiziato…), un paio di colpi di scena e la grande onestà del finale.

Devo dire che non nutro una grande passione nei confronti della personalità di Signa; in compenso, però, posso quantomeno affermare di aver condiviso i suoi obiettivi e gran parte delle sue scelte.

Un fatto che mi spinge a coltivare una certa curiosità nei confronti del resto della serie. E dico questo, nonostante il leggero senso di stizza provocato da un odioso cliffahanger finale…  un twist che mi è sembrato soltanto un tentativo un po’ rozzo e, tutto sommato, poco necessario, di imbeccare il lettore e “costringerlo” ad acquistare il volume due.


Di stereotipi immortali, amori sbilanciati e uomini di carta

E adesso, cari lettori, è venuto il momento di indossare i panni dell’avvocato del diavolo e dedicare questa parte della recensione di “Belladonna” a una breve analisi dei suoi punti meno riusciti.

La prima cosa da capire è che “Belladonna” è quel classico genere di libro che si rivolge a un pubblico molto, molto specifico, e che fa davvero poco per tutti gli altri!

Non mi è mai piaciuto azzardare generalizzazioni di questo tipo, ma penso sia un fatto che si tratti di una storia congegnata avendo in mente una “lettrice ideale” dai contorni molto netti: vale a dire, una giovane donna fra i sedici e i venticinque anni, affascinata dalle storie d’amore e da tutti quei romanzi “di etichetta” ambientati, magari, nel corso dell’epoca Regency o vittoriana.

Mi sto deliberatamente riferendo a una “lettrice”, al femminile, e non a un lettore generico come faccio di solito, perché, diciamocelo: i vari spasimanti di Signa (tutti maschi) risultano credibili/complessi/interessanti quanto un quarto di carne di manzo acquistato al banco della macelleria. Anche perché la classica “sindrome del Sottone” si manifesta forse in loro secondo diversi stadi di irrecuperabilità, ma li affligge comunque tutti.

Questi, amici lettori, sono uomini che si farebbero flagellare pubblicamente in piazza pur di ricevere una prova di favore da parte della loro bella. E… bè, se esiste altro da dire a proposito delle loro personalità, io davvero non ci ho fatto caso.

Non sto cercando di distruggere un trope caro a tante lettrici (“il protettore possente e leale”), lo giuro! Dico solo che difficilmente un ragazzo in carne e ossa riuscirebbe a identificarsi in un tipo come Sylas, o chi per lui. Esattamente come una ragazza farebbe fatica a rivedersi in una di quelle “action girl” con il seno strabordante che affollano tanta parte della produzione di genere anni Ottanta/Novanta.


Loop d’amore (e di intenti)

Il banter fra Morte e Signa, per me, costituisce un altro tasto dolentissimo. I due continuano a sbattersi in faccia le stesse accuse, lamentele e argomentazioni, ancora e ancora, in un circolo infinito, per metà del romanzo. Dopodiché, decidono di essersi innamorati: da quel momento in poi, non ci sarà spazio che per una sfilza di altisonanti proclamazioni di devozione eterna.

A parte che il passaggio dall’una all’altra modalità mi è sfuggito, ammetto di aver trovato la dinamica piuttosto monotona.

Più gustose, a questo punto, le interazioni con Sylas. Oppure i battibecchi fraterni con Percy e Blythe. Non so ancora cosa pensare di altri comprimari, ma immagino che i libri successivi (“Foxglove” e “Wisteria”), contribuiranno a schiarirmi le idee.

Mi è parso di capire che Blythe avrà un ruolo maggiore. Da quel poco che ho visto fino a qui, posso solo accogliere l’idea con grande favore. Anche perché non so se riuscirei a tollerare l’idea di altri due volumi pieni di Signa e l’Oscur… ehm, volevo dire Morte, che tubano e si ripetono in loop sempre le stesse quattro o cinque cose (una variazione o l’altra del tema “Signa è speciale, Signa è diversa, Signa è potente”/”Morte è bellissimo, Morte è gentile, Morte è il Bene fatto persona“).

Ben venga una ventata d’aria fresca, quindi, per il libro successivo. Soprattutto se, come spero, sarà corredata da una nuova prospettiva…


Oltre la recensione di “Belladonna”: ulteriori consigli di lettura

Se ti è piaciuto “Belladonna”, corri a leggere la recensione di “One Dark Window” di Rachel Gillig: qualcosa mi dice che non te ne pentirai!

Uno dei più notevoli fantasy gotici del 2023 è lo splendido “Starling House” di Alix E. Harrow.

Altri titoli che potrebbe essere interessante recuperare sono “Lightlark” di Alex Aster, “L’Orso e l’Usignolo” di Katherine Arden e il sottovalutatissimo “All the Dead Lie Down” di Kyrie McCauley

Colgo intanto l’occasione per ricordarti che “Belladonna” è disponibile per l’acquisto su Amazon. Anche in italiano, a partire da gennaio 2024.


E tu? Cosa pensi della mia recensione di “Belladonna” di Adalyn Grace?

Hai mai letto libri fantasy dedicati al tema “omicidi e veleni”? 🙂


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