
Ci sono libri che apprezziamo perché li troviamo perfetti, e storie di cui ci innamoriamo perché il caos che permea le loro pagine ci seduce come le labbra scarlatte e gli artigli dipinti di una villainess da cartone animato.
La recensione di Long Live Evil è qui per testimoniare che il mio amore per il rocambolesco romanzo fantasy di Sarah Rees Brennan appartiene alla seconda categoria!
Perché, anche se personalmente avrei sfoltito un paio di scene e ridimensionato il numero dei PoV (per lo meno in questo primo volume), la verità è che Long Live Evil rappresenta un concentrato di verve spigliata e personaggi fantastici! Ancora meglio: è un vero e proprio tributo alla magia e all’entusiasmo che soltanto un fandom “sano” e autentico è in grado di riversare nel mondo. E offre al lettore un caloroso, spassossimo omaggio alla passione per la narrativa fantastica…
La trama
Quando ha ricevuto la diagnosi, la vita di Rae è completamente crollata. Eppure, aveva ancora i suoi libri.
Morendo, però, le si presenta una seconda possibilità: un patto magico che le consente di entrare nel mondo della sua serie fantasy preferita. Si risveglia così in un castello sospeso sul ciglio di un abisso infernale, in un regno sull’orlo di una guerra contro i famigerati predoni dei ghiacci.
Un luogo abitato da mostri pericolosi, cortigiani subdoli e dal suo personaggio immaginario preferito: l’Imperatore, un sovrano eterno e affascinante, come solo la narrazione sa creare. In questo mondo fantastico, Rae scopre di non essere l’eroina, ma la cattiva della storia dell’Imperatore.
E così sia.
I villain, dopotutto, vestono meglio e hanno battute più taglienti, anche se sono destinati a un destino crudele. Rae raduna attorno a sé i malvagi più disparati della storia, tramando per riscrivere il loro destino. Ma mentre i cadaveri si accumulano e l’ira dell’Imperatore cresce, una tragica verità comincia a farsi strada dentro di lei: Rae e i suoi alleati potrebbero non sopravvivere fino all’ultima pagina.
La recensione di Long Live Evil
L’inizio di una grande avventura
Non mi considero una grandissima fan degli isekai, e mentirei se affermassi di provare un’enorme nostalgia per i portal fantasy di vecchia generazione.
Per fortuna, Long Live Evil ha ben poco di “classico” e molto di moderno; a cominciare da un ensamble di personaggi che non hanno paura di rovesciare ogni stereotipo e fare di diversità e originalità i propri cavalli di battaglia.
Il romanzo deve sicuramente moltissimo al mondo dell’epic fantasy, ma anche (e, forse, soprattutto) alle light novel, ai manga, all’età d’oro delle fan fiction e qualcosina, addirittura, a piccoli fenomeni della cultura pop per adolescenti come High School Musical e Descendants.
La costruzione della trama del romanzo di Sarah Rees Brennan, tutt’altro che impeccabile, può tuttavia contare su una serie di scene-chiave confezionate a regola d’arte, in grado di catturare il lettore e far battere il suo cuore a un ritmo forsennato!
Si tratta, non a caso, di tutti quei momenti fondamentali della narrazione di cui abbiamo parlato nel dettaglio nell’articolo in cui abbiamo esplorato la “forma” di una storia: vale a dire, ovviamente, scena d’apertura, midpoint e climax/finale.
(Nel caso specifico di Long Live Evil, climax e finale coincidono perché il primo volume della serie si conclude, come è d’uso, con un emozionante e sorprendente cliffhanger…)
Born this way
Un piccolissimo disclaimer, prima di proseguire con la nostra recensione di Long Live Evil: credo di non essere più abituata a leggere in traduzione.
Long Live Evil è il primo romanzo (pubblicato) che mando giù in italiano da mesi. E senza nulla togliere alle abilità della bravissima Anna Vivaldi, che ha tradotto il testo per Mondadori, devo ammettere che si è trattato di un’esperienza abbastanza… destabilizzante.
Nel senso che faccio fatica a valutare lo stile di Sarah Rees Brennan. Se, da un lato, l’ho trovato buffo, eccentrico, roboante e, tutto considerato, un pochino pasticciato, dall’altro non posso fare a meno di chiedermi… Ho avuto quest’impressione perché “tradurre” significa davvero sempre un po’ “tradire”, o avrei avuto la stessa percezione anche al cospetto del testo originale?
In ogni caso, la maggior parte dei dialoghi e delle battute – prevalentemente oneliner, vivaci e accattivanti, spesso ispirate all’universo della cultura pop a 360 gradi – colpisce sempre nel segno e regala più di un sorriso.
Sospetto, comunque, che ti innamorerai dell’irriverente sense of humor di Long Live Evil soprattutto se nel novero delle tue passioni immortali rientrano i villains dai costumi variopinti, la risata sguaiata e la citazione meta-testuale sempre pronta.
La nostra Rae/Rahela, dopotutto, è fatta proprio così: “disegnata” – come la famosa Jessica Rabbit – per avere curve pericolose e le labbra incurvate in un perenne sogghigno maligno; una gonna vaporosa dagli orli del colore del sangue e una vipera domestica di nome Victoria Broccoli come animaletto da compagnia.
Dietro i lustrini, la vena malvagia e la lingua affilata, però, si nasconde molto di più…
La seconda chance di Rae
In effetti, uno dei grandi punti di forza (annunciati) di Long Live Evil consiste proprio nella capacità di svelare gradualmente ai lettori i segreti nascosti dietro la vita di un cosiddetto villain secondario, insegnando così la vera virtù degli eroi: non il coraggio, l’audacia o l’avvenenza, bensì la preziosa lezione dell’empatia.
Concentrandosi sul tema universale del “non è tutto oro quello che luccica, e viceversa”, la storia di Sarah Rees Brennan ci aiuta a ricordare che, in questa vita, sono soltanto i mostri – quelli dalle fattezze umane: quelli VERI – che hanno interesse a tracciare linee morali nette e a distinguere fra personaggi importanti (la gente che conta) e personaggi secondari (coloro che possono essere tranquillamente sacrificati per il bene “comune”).
E, a proposito di mostri, in realtà ho adorato anche la costruzione del personaggio più egocentrico, odioso e spregevole del libro.
Non faccio nomi per evitare spoiler, ma ti assicuro che il fatto che Rae riuscisse a intravedersi, talvolta, nei peggiori aspetti predatori di questo protagonista oscuro ha sicuramente contribuito a rendere l’arco dell’ eroina più avvincente e interessante dal punto di vista psicologico.
Il cuore spezzato della cattiva
Un ultimo, grande punto di forza di questo libro, secondo me, riguarda la rappresentazione della malattia. Che colpisce come un pugno allo stomaco.
Durante la stesura di questo libro, purtroppo, anche Sarah Rees Brennan ha dovuto affrontare delle brutali sessioni di chemioterapia. Probabilmente per questo motivo, le scene dedicate alla backstory di Rae – i trattamenti implacabili, l’isolamento, le difficoltà economiche, la lunga permanenza in ospedale – acquistano una chiarezza e uno spessore unici, rendendo la rabbia, l’impotenza e la sofferenza della protagonista reali in un modo che toglie il respiro.
Se anche tu vuoi entrare a far parte del team villain e goderti uno dei romanzi fantasy YA più esilaranti e ironici di quest’anno, ti ricordo che puoi acquistare la tua copia di Long Live Evil su Amazon.
Cosa leggere dopo Long Live Evil?
- A Spindle Splintered di Alix E. Harrow
- I’m in love with the villainess di Inori
- Little Thieves di Margaret Owen
- Assistant to the Villain di Hannah Nicole Maehrer
- Malice e Misrule di Heather Walter
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