
Scrivere una recensione di Fear Street – Prom Queen vuol dire, prima di tutto, confrontarsi con una domanda amletica: quanto è brutto, da uno a dieci, questo ennesimo slasher prodotto e distribuito da Netflix?
Il mio parere personale? Il film di Matt Palmer raggiunge il punteggio massimo nei campi dell’inutilità, della mancanza di ispirazione e della sciatteria. Essendo una grande fan della trilogia cinematografica “originale” di Fear Street, devo ammettere che questa critica mi pesa in modo particolare.
Ma quando ti trovi davanti a un pasticcio del genere, diventa davvero difficile giustificare un’assenza di idee così plateale; senza contare la mediocrità del cast e l’incredibile banalità della sceneggiatura…
Di cosa parla Prom Queen?
Il quarto capitolo del franchise Fear Street, ambientato nel 1988, segue l’aspirante reginetta del ballo Lori (India Fowler), una liceale tormentata da uno scabroso passato. Lori è sempre stata un’emarginata, ignorata da tutti tranne che da Megan (Suzanna Son), la sua inseparabile amica del cuore goth.
Lori si iscrive alla competizione con la speranza di riscattare il proprio nome e conquistare Tyler (David Iacono), il belloccio dagli occhi tristi di cui è sempre stata innamorata.
Ma la nostra eroina sta per scoprire che il ballo dell’ultimo anno è un affare che gli studenti e il corpo insegnante della scuola superiore di Shadyside prendono piuttosto sul serio.
Così, quando un assassino mascherato comincia a eliminare le concorrenti al prestigioso titolo di reginetta, Lori e Megan si troveranno ad affrontare una minaccia ben più pericolosa delle prepotenze della perfida Tiffany (Fina Strazza) e della sua banda di bulle…
Prom Queen: la recensione del quarto film della serie Fear Street
Lo spauracchio e le reginette del ballo
Essere magnanimi significa essere disposti a riconoscere che la seconda parte di Prom Queen funziona (anche se solo un po’) meglio della prima. Tuttavia, ammetto di aver faticato ad arrivare a questa conclusione : per quanto possa apprezzare i b-movie, i teen-slasher e le numerose assurdità scaturite dalla fervida immaginazione di R. L. Stine, non credo si possa fare a meno di storcere il naso di fronte all’invasione di cliché che infarcisce la sceneggiatura dl film di Matt Palmer, o trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo al cospetto dell’estrema prevedibilità di buona parte dei suoi twist.
Guardare Prom Queen, in un certo senso, ti fa pensare a Mean Girls (mi riferisco al cult originale del 2004, ovviamente…), più che a Carrie o a So Cosa Hai Fatto. La differenza sta nel fatto che le battute non fanno ridere, e la totale mancanza di originalità delle scene rischia di trascinarti in uno stato di torpore assoluto.
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