Thunderbolts (aka New Avengers)

Per la prima volta dopo tanti anni ho saltato un’uscita Marvel al cinema. Stavolta è toccato a Thunderbolts subire il peso della mia stanchezza da cinecomic; e, a posteriori, ammetto che mi dispiace un sacco, perché il film di Jake Schreier è davvero notevole e Florence Pugh è senza dubbio una delle mie attrici emergenti preferite.
Ma l’unico progetto della Fase 5 che avevo amato davvero, fino a questo punto, era stato Agatha All Along. E il film Black Widow avrà sempre un posto speciale all’interno del mio cuore, ma all’inizio non ero sicura che, senza il supporto della sua indimenticabile sorella maggiore, il personaggio di Yelena sarebbe stato abbastanza forte da giustificare la creazione di un team completamente nuovo.
Per farla breve: mi sbagliavo! Thunderbolts è un film costruito e realizzato benissimo, uno dei primi titoli Marvel a trattare con sensibilità un tema complesso come la depressione e i disturbi dell’umore. Il villain del film, Sentry (interpretato da Lewis Pullman, che ci aveva già conquistati in Lezioni di Chimica), non è il solito malvagio interdimensionale deciso a conquistare il Multiverso senza motivo. Invece, è un uomo profondamente solo e spezzato, che alla fine necessita di più aiuto di tutti gli abitanti di New York messi insieme.
Non sorprende affatto che il suo vuoto interiore rispecchi quello che Ylena prova dopo la perdita di Natasha. Quando la solitudine ti avvolge, dopotutto, è come se i tuoi peggiori errori tornassero a sfilarti continuamente davanti agli occhi. Un’infinita parata di fantasmi pronti a tormentarti…
Per fortuna, nella maggior parte dei casi, un improbabile team di supereroi (i tuoi amici) si mobilita immediatamente per venire a ripescarti dal baratro, qualunque cosa accada.
Un leitmotiv con cui chiunque di noi, indipendentemente dall’età, dal sesso o dall’orientamento personale, potrà immedesimarsi. Ed ecco perché Thunderbolts riesce a compiere ciò che nessun altro film di questa Fase ha saputo fare: raggiungere il cuore dello spettatore…
I libri che ti consiglio di leggere se ti è piaciuto Thunderbolts:
Long Live Evil di Sarah Rees Brennan e I Malefici Sette di Cameron Johnson.
Sinners – I Peccatori
Dal Tramonto all’Alba in versione black movie, ambientato negli anni Trenta e arrichito da una superlativa colonna sonora.
Perfetto per chi ama i folk horror e i film d’azione in cui il protagonista macho si aggira di qua e di là, sterminando il Male in canottiera. Un po’ meno per chi tiene alle sottigliezze e alla coerenza narrativa.
Mi è piaciuto, ma, a dire il vero, mi guardo bene dal gridare al miracolo. Ho amato soprattutto soprattutto l’estetica suggestiva di alcune scene visivamente spettacolari, come quelle in cui il menestrello Remnick incanta i suoi seguaci attorno al falò nei campi. Ma ho apprezzato anche l’umorismo tagliente delle battute in stile Jordan Peele e la possibilità di rivedere Hailee Steinfeld, che adoro dai tempi di Dickinson e non vedo l’ora di ritrovare nei panni di Kate Bishop (per ricollegarci anche a Thunderbolts di cui abbiamo parlato poco fa).
I libri che ti consiglio di leggere se ti è piaciuto Sinners:
sicuramente Le Calde Mani degli Spiriti di Katherine Arden. Ma anche Where Shadows Meet di Patrice Caldwell e Bury Our Bones in the Midnight Soil di Victoria Schwab.
Anora

Iniziamo con una piccola confessione: Anora era un film che non mi attirava nemmeno lontanamente. La prima volta che ho visto il trailer, in sala, poco prima dell’inizio dei titoli di testa di Heretic (se ricordo bene), ho pensato soltanto: “Mio Dio, che caos di stereotipi e personaggi demenziali è mai questo?”.
Poi Mikey Madison ha vinto l’Oscar, sottraendo l’ambita statuetta a Demi Moore (e The Substance è davvero un signor film, ragazzi!), mentre Anora ha addirittura sbaragliato la concorrenza nella categoria “Miglior film”.
Così, questa settimana ho finalmente deciso di recuperarlo. E, al termine della visione, il mio pensiero è stato esattamente: “Mio Dio, che caos di stereotipi e personaggi demenziali è mai questo?“.
Cioè, Mikey Madison è davvero straordinaria, non fraintendermi! Un riconoscimento più che meritato, soprattutto perché la sua interpretazione è l’unico elemento capace di risollevare le sorti di una pellicola fredda e confusa, e di gettare una luce sugli incomprensibili processi mentali della sua ruvida e vivace protagonista.
Ma come critica al capitalismo o al sogno americano, Anora per me funziona solo in maniera appena sufficiente. La sceneggiatura è piena di slabbrature e il regista sembra incapace di gestire con equilibrio la tonalità del film. Apprezzabile il tentativo di rivelare al pubblico il lato oscuro (e tristemente realistico) della favola di Pretty Woman, ma probabilmente ridurre le concessioni alla commedia surreale e all’umorismo volgare avrebbe aiutato lo spettatore a cogliere meglio il messaggio.
Perché, alla fine, non ci ho capito molto, se non che Anora è la vittima innocente di un sistema immorale e spregevole, in cui i ricchi comprano le persone e le sfruttano finché non si stancano.
I film che ti consiglio di guardare se ti è piaciuto Anora:
The Apprentice, se appena sopporti ancora di sentir nominare il suo personaggio protagonista senza accusare un principio di tensione alla bocca dello stomaco, ma anche Priscilla, Storia di un Matrimonio o Kind of Kindness.
Emilia Pérez
Se ci si concentrasse esclusivamente sulla trama di Emilia Pérez, senza soffermarsi sull’orrore dei suoi numeri musicali o sull’effetto cringe generato dalla maggior parte delle scelte di regia, probabilmente si potrebbero spendere molte parole positive a proposito di questo ambizioso progetto.
Tuttavia, resta il fatto che in molti lo considerano uno dei peggiori musical della storia del cinema. E io non posso che concordare, soprattutto perché la qualità agghiacciante della maggior parte delle sue canzoni finisce per compromettere la capacità dello spettatore di prendere sul serio i drammatici risvolti di questa tragedia.
Tempo di arrivare a metà film, e ti ritrovi a soffocare le risate nel pugno mentre i personaggi declamano i loro delicati sentimenti nel bel mezzo dell’emergenza desaparecidos… Così tanto grave, questa situazione, non so se mi spiego!
Da salvare, oltre al concept potenzialmente intrigante, è sicuramente il personaggio interpretato da Zoe Saldana. La calma intensità dell’attrice si trasmette alla sua Rita in maniera ammirevole, trasformandola senza fatica nell’autentica protagonista del film, a prescindere da tutte le scelte commerciali un po’ “furbette” che la produzione ha preso in questo senso (e che poi si sono rivelate controproducenti).
Invece Selena Gomez, per quanta simpatia possa provare nei suoi confronti grazie a Mabel e a Only Murders in the Buildings, probabilmente farebbe meglio a trovarsi dei ruoli un po’ meno lagnosi e stereotipati…
I film che ti consiglio di guardare se ti è piaciuto Emilia Pérez:
Il musical del 2023 diretto da Blitz Bazawule, ispirato al capolavoro Il Colore Viola; il coinvolgente thriller drammatico La Pelle che Abito di Almodóvar; e infine Joker: Folie à Deux, per chi ama sfidare i propri limiti con impulsi masochisti incontrollabili…
Death of a Unicorn

Abbiamo cominciato con Thunderbolts, chiudiamo l’articolo tornando a parlare di cinema di genere fantastico.
In realtà, Death of a Unicorn è una commedia horror, sulla falsariga di pellicola come Cocainorso o The Hunt. L’ho trovato abbastanza divertente, ma dubito che sarebbe arrivato in Italia (in sala, poi…) senza Jenna Ortega a fare da elemento di richiamo per il pubblico.
Anche in questo caso, sospetto che il problema principale riguardi la gestione delle tonalità del film. Infatti, gli elementi satirici (ricchi contro poveri) cercano di assumere un tono esilarante e iperbolico in una scena, per poi virare verso un registro eccessivamente serioso e drammatico in quella successiva, complice l’inserimento del gravoso tema del conflitto uomoVSnatura e di una serie di morti eccessivamente enfatizzate dal punto di vista dello splatter.
Il risultato è che non sai mai fino a che punto prendere sul serio la storia. È un problema grave, soprattutto considerando che si tratta di un film su un gruppo di unicorni assassini che cercano vendetta contro una banda di spregiudicati capitalisti arraffoni…
Ma se hai già visto Beetlejuice Beetlejuice, e stai disperatamente cercando un modo per alleviare la tua ansia da separazione da Wednesday… Death of a Unicorn resta un’opzione abbastanza originale e coinvolgente per i fan di Jenna Ortega!
I libri che ti consiglio di leggere se ti è piaciuto Death of a Unicorn:
Vendesi Casa Infestata di Grady Hendrix (un autore che rappresenta sempre e comunque una garanzia per gli amanti dell’horror dal taglio più ironico e campy), ma anche A House With Good Bones di T. Kingfisher o Such Sharp Teeth di Rachel Harrison.
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