“First Kill” (recensione): la serie tv che tutti i fan dell’urban fantasy stavano aspettando

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“First Kill” è una serie tv di genere horror/action, indirizzata al pubblico dei giovanissimi e approdata su Netflix all’inizio di giugno.

La trama è tratta da un omonimo (e adorabile!) racconto di V. E. Schwab, contenuto nell’antologia “Vampires Never Get Old: Tales With Fresh Bite”.

La sceneggiatura del primo episodio (sempre firmata dalla popolare autrice dei romanzi “La Vita Invisibile di Addie LaRue” e “Gallant“…), offre una trasposizione fedelissima della breve storia originale.

In effetti, al pilot bastano una manciata di minuti per sfoggiare il divertente high concept, presentare le due protagoniste e il loro vivace ambiente famigliare, introdurre l’incidente scatenante (galeotto fu il gioco della bottiglia…) e stabilire le irresistibili tonalità in stile “campy horror” della serie.

Un impeccabile esempio di storytelling? Mmm…

Probabilmente no, ma sospetto che perfino il più accanito detrattore dello show rischierebbe di trovarsi in cattive acque, se cercasse di negare l’evidenza: “First Kill” è una serie che si dimostra in grado di anticipare i desideri del suo target con un livello di chiarezza preternaturale, e di consegnargli ciò che vuole praticamente su un piatto d’argento

La trama

Juliette Fairmont (Sarah Catherine Hook) discende da una potente e antica dinastia di vampiri.

Vivace, goffa e spiritosa, Jules frequenta il liceo locale e cerca di tenere a bada la sua sete di sangue… anche se, con l’arrivo dell’adolescenza, si avvicina sempre più il momento in cui le regole della società vampira inizieranno a cospirare con quelle della biologia per costringerla a compiere la sua riluttante, inevitabile «prima uccisione».

Calliope Burns (Imani Lewis) è una cacciatrice di mostri altamente addestrata, pronta a sgominare orde di demoni in compagnia dei genitori e dei chiassosi fratelli.

Bè, questo è l’obiettivo, perlomeno!

In realtà, Cal non ha mai fatto fuori nessuno, anzi… Finora, i suoi incontri ravvicinati con il mondo dei mostri hanno sempre condotto a un qualche tipo di débâcle epocale. Ma la ragazza non vede l’ora di provare il suo valore agli occhi dei zelanti genitori…

Una sera come tante, le due ragazze si incontrano a una festa, e fra di loro scatta immediatamente una potente connessione.

Ma, se c’è una cosa che Buffy e Angel sono riusciti a insegnarci, è che la passione proibita fra un demone e un cacciatore esige sempre un caro prezzo

“First Kill”: la recensione

Dal momento che gestisco un blog dedicato al mondo delle storie e della scrittura, in questa recensione eviterò di dilungarmi troppo su tutti quei particolari aspetti dello show che rientrano nel novero della cosiddetta “messa in scena”.

Mi limiterò, quasi en passant, a riconoscere l’esistenza dell’imbarazzante elefante rosa spaparanzato al centro della stanza.

Vedi…

Per ragioni che esulano dalla mia capacità di comprensione, non sembra che “Kirst Kill” sia un progetto sul quale Netflix sia stato disposto a investire molte risorse; e mi riferisco soprattutto al fattore economico, considerando le palesi limitazioni imposte da un budget evidentemente ridotto all’osso.

In situazioni di questo tipo, capita a volte che provvedano le interpretazioni degli attori a compensare il trauma scatenato dai vari obbrobri in CGI, dalle scenografie scadenti e dalla colonna sonora in stile «Oh-mio-Dio, qualcuno allontani quel gatto dalla console, prima che inizi a sanguinarmi un orecchio!».

Non è sicuramente il caso di “First Kill”.

Anche se la verità è che, a furia di proseguire nella visione, uno/a comincia ad affezionarsi talmente tanto ai protagonisti e al loro manierismo, alla loro eccentricità e al loro umorismo così deliziosamente “silly&cringe” che, nel giro di pochi episodi, la scarsa familiarità del cast con il metodo Stanislavskij tende a sfuggirti completamente dalla testa.

Com’è possibile?

Bè, in realtà credo che l’enigma sia piuttosto facile da decifrare: come la maggior parte degli show televisivi ispirati a “Buffy: The Vampire Slayer”, “First Kill” è quel classico tipo di serie che cerca di concentrarsi sullo sviluppo di un legame emotivo con i personaggi sopra ogni cosa…

«Il mio cuore è al sicuro con te?»

Alcuni hanno già cominciato a descrivere “First Kill” come il nuovo “Twilight”, ovviamente declinato in salsa LGBT.

Mi trovo abbastanza in sintonia con questa dichiarazione. Dopotutto, l’aspetto della love story fra le due ragazze è sicuramente centrale, ed è anche il più grande elemento di richiamo che la trama possa vantare.

Probabilmente, all’inizio, il fatto che Juliette e Calliope sembrino incline a lasciarsi possedere da un bruttissimo caso di “instalove” si dimostra destabilizzante. Ma, nel complesso, trovo che la loro reciproca attrazione si basi su un paio di fattori “ormonali” piuttosto convincenti; una caratteristica che contribuisce senz’altro a spargere un pizzico di vivacità sulle loro (frequentissime) interazioni.

Nel corso di questa prima stagione, la storyline romantica, di per sé, risulta strutturata in maniera un po’ bizzarra; nel senso che sembra intenzionata a mixare le componenti di qualsiasi trope a tema sia passato per la mente degli sceneggiatori (starcrossed lovers, enemies-to-lovers, soul mates, sunny vs grumpy… chi più ne ha, più ne metta!) senza riuscire a portare veramente nessuno di loro al momento del pay-off.

Tuttavia, le due protagoniste condividono anche dei momenti di autentica connessione, dando vita a una luuuunga serie di effusioni e tenerissimi scambi di battute in grado di mandare in visibilio qualsiasi fan adolescente.

Sfido chiunque a contestare l’elevatissimo livello di shippabilità della coppia formata da Jules e Cal. Per affermare il contrario, uno dovrebbe proprio essere un cinico convinto! O, quantomeno, aver saltato a piè pari la fascia di età compresa fra i 12 e i 18 anni.

Il punto è che gli alti e i bassi della relazione fra Cal e Jules, per quanto talvolta risultino forzati, riescono comunque a coinvolgere e a colpire nel segno.

Probabilmente perché, dietro l’apparenza in salsa urban fantasy della loro grandiosa “storia impossibile”, si cela uno dei messaggi più universali di tutti: il primo amore, quando ti spezza il cuore, di solito lo fa con trasporto.

Non è che si limita a lasciarti una cicatrice, come tutti quelli che verranno dopo.

Ti uccide, per così dire…

Guardiani e trickster

Ovviamente, come quasi tutti gli YA ad ambientazione contemporanea, “First Kill” racchiude in sé anche l’essenza di una coinvolgente storia di formazione.

Il fenomeno del «rito di passaggio», in questo caso, è dato dalla medesima prova che presta il nome alla serie…

E che splendido simbolo Victoria Schwab ha pensato di usare!

La «prima uccisione».

Il primo morso. La prima ferita al cuore. Lo spauracchio dell’età adulta, con tutte le sue gioie dolceamare, in attesa appena oltre la soglia.

Non so tu, ma io dico che Joss Whedon avrebbe approvato!

E, poiché non esiste davvero modo di diventare adulti, senza imparare a sviluppare una propria identità e a ribellarsi ai dettami di chi finora ha sempre deciso tutto al posto nostro, “First Kill” ci regala anche una spettacolare parata di “guardiani della soglia”, alias i membri delle due famiglie rivali da cui provengono Jules e Cal.

Impossibile non innamorarsi, ad esempio, di Elinor (Gracie Dzienny), la sorella maggiore in chiave psycho di Juliette. Con i suoi sogghigni ammalianti, i suoi modi predatori e le sue iconiche battute ispirate al racconto originale («Some people want to die young!»), Elinor domina la scena e ricopre molteplici ruoli nel contesto dell’arco narrativo di Juliette (mentore, alleata, ombra, antagonista… chissà cos’altro?).

E come non restare affascinati da Oliver (Dylan McNamara), il gemello trickster; il carismatico (e squilibrato) “Loki” della situazione?

Mitologia e genitori

In generale, trovo che le varie sottotrame legate alla famiglia di Jules siano quelle più interessanti, divertenti e ricche di colpi di scena.

Un po’ perché spalancano le porte al worldbuilding, introducendo una spassosa (quanto pasticciata!) mitologia ancora in via di formazione.

E un po’ perché i membri della famiglia Burns (con l’evidente eccezione di Talia) non riescono mai a catturare veramente l’attenzione. Una manica di Gary Stu, dal primo all’ultimo; santimoniosi “salvatori” dalla mentalità in bianco e nero, pronti ad ammorbare e giudicare come se solo da questo dipendesse il destino del mondo.

Mentre i vampiri, nel corso di questa prima, esilarante stagione, si dimostrano sempre pronti a stravolgere le nostre aspettative.

 Margot (Elizabeth Mitchell), ad esempio, nonostante l’aria scostante si conferma, pian piano, una madre molto più premurosa e all’altezza di quanto chiunque avrebbe potuto aspettarsi. Mentre Sebastian (Will Swenson) passa dal più classico dei modelli Ken di “Barbie” alla figura di un padre pronto a mostrarci il suo lato più vulnerabile, mentre lotta per ritagliarsi un ruolo all’interno della matriarcale società vampira….

Cos’altro potrei aggiungere?

Oh, già, giusto…

Solo un piccolo messaggio per Netflix: ehi, amico, non credi sia il caso di concederci una seconda stagione?

Non è che l’abbonamento sia proprio gratis.

Per una volta, che dici… ce lo siamo meritati, un finale? 😀


Punti di forza

+ Elinor e Oliver

+ Il concept originale

+ Una giovane coppia (f/f) per cui fare il tifo fino alla fine del mondo

+ Dialoghi esilaranti

+ Atmosfere teen briose e leggere

+ Il concetto di “rappresentazione LGBT” portato a un livello superiore!

Punti deboli

Instalove

Effetti speciali scadenti

– Interpretazioni un po’, ehm… sui generis!

– Ogni singolo componente maschile della famiglia Burns

– Un cliffhanger di fine stagione che “spezza a metà” i vari archi narrativi.


E tu? Sei un fan delle storie di vampiri?

Cosa pensi di “First Kill”? 🙂


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