“Il Mistero di Penelope”: la recensione del libro fantasy di Claire North


Il Mistero di Penelope - recensione - Claire North

La mia recensione de “Il Mistero di Penelope” non può che iniziare sollevando uno sconcertante interrogativo: com’è possibile che il retelling di Claire North – senz’altro uno dei migliori libri fantasy del 2022 – sia passato così clamorosamente inosservato?

Ovvio, sto facendo riferimento alla versione del testo in lingua originale inglese (“Ithaca”, edizione Orbit).

In realtà, non ho la minima idea di quale possa essere la qualità della traduzione proposta in Italia dalla Newton Compton.

Certo è che “Il Mistero di Penelope” sembra essere sfuggito ai radar della maggior parte dei lettori forti internazionali.

Una lacuna che non mi aspettavo e che, francamente, tende a lasciarmi abbastanza sconcertata.

Voglio dire: tutto quel polverone sollevato in onore di “Circe” di Madeline Millar, e neanche una parola su un retelling ispirato alla mitologia greca che dimostra di riuscire DAVVERO a combinare la tematica del femminismo a una trama impeccabile, a uno stile inconfondibile e a una galleria di personaggi tragicamente tormentati?

Il tutto, senza mai rischiare di scadere nel sentimentale, nei patemi di dubbio gusto o nella banalità supponente di un’insegnante pronta a salire in cattedra?

Sinceramente, Amico Lettore…

Altro che “Mistero di Penelope”!

Stavolta, è proprio questo paradosso, che non sono in grado di spiegarmi…


La trama

La guerra di Troia è finita da anni, ma il re Odisseo non è mai tornato.

Ormai, nella verdeggiante isola di Itaca, gli unici uomini rimasti sono quelli troppo attempati, menomati o immaturi per combattere.

La regina Penelope veglia sulla sua terra al fianco di un consiglio di vegliardi che non si fanno scrupolo a mostrare quanto poco tengano alla sua opinione; dopotutto, dal punto di vista di un antico greco, una donna non vale molto più delle singole parti del suo corpo, e il cervello non fa sicuramente parte dei suoi asset principali.

Eppure, Penelope si muove nell’ombra e intesse in silenzio la sua tela, cercando di proteggere la sua isola dalle mire dei pretendenti che non aspettano altro che di arraffare il potere… a costo di una brutale guerra civile, che potrebbe tranquillamente causare la rovina di Itaca e di tutti coloro che la abitano.

L’ostinata perseveranza della regina, il suo dolore di moglie e di madre incompresa, attira infine l’attenzione di Hera, sferzante dea dei reietti e degli emarginati.

Inizia così una dettagliata rivisitazione – insaporita dall’impareggiabile e caustica voce narrante della Regina degli Dei – di alcuni fra i più celebri episodi mitologici che la cultura occidentale ci abbia tramandato: dalla morte di Agamennone alla cattura di Clittemnestra, passando per l’inganno dell’arazzo mai compiuto e per la ribellione di Telemaco



“Il Mistero di Penelope”: la recensione

Se hai già letto qualcosa di Claire North (autrice di piccole/grandi gemme quali “Le Prime Quindici Vite di Harry August” e “The Sudden Appareance of Hope”), probabilmente hai già una certa familiarità con la forza travolgente della sua personalità.

La voce autoriale della North è un dissacrante ciclone di modernità e consapevolezza storica. Il suo è un tipo di prosa che esige la massima attenzione e, in genere, riesce a ottenerla senza troppo sforzo.

Non si può dire che la North scriva romanzi per signore beneducate, no. O per gente con gli occhi foderati di prosciutto.

La sua penna è una lama; la sua immaginazione, una tela dai bordi spigolosi e affilati. Perfino (e anzi, forse, soprattutto…) nei momenti in cui i suoi mordaci giochi di parole caustici iniziano a intrecciarsi a squisiti slanci di virtuosismo lirico.

La prima idea geniale, quella che basta a differenziare “Il Mistero di Penelope” dalla recente inondazione di retelling simili?

La scelta di affidare la narrazione al personaggio più brillante e sottovalutato di tutti: Hera, la dea che una caterva di secoli di cultura patriarcale hanno cercato di sminuire e relegare ai margini.


La voce della Dea

Hera, quella stessa “signora del focolare” che le correnti classiche hanno deciso di interpretare nel senso più misogino e banale del termine. Ai posteri sia consegnata, dunque, l’effige di una matrona invidiosa, orgogliosa, altera, vendicativa e pronta a subissare di meschinità chiunque (leggi: le donne più giovani e belle di lei) commetta l’errore di ferire la sua vanità.

Che è un po’ – se ci fai caso – il modo in cui l’ipocrita narratore (maschio) medio tende a descrivere le proprie consorti, figlie, sorelle, madri eccetera eccetera.

Bè…

Non la nostra Hera, la Hera dipinta nel libro di Claire North!

Nelle vene di questa dea scorre l’acciaio più puro, combinato a uno spaventoso (e giustificato) quantitativo di veleno.

E, alla fine, sarà proprio lei a riunire intorno a sé una buona parte del resto del pantheon greco femminile (tratteggiato in modo altrettanto provocatorio e interessante) e a spargere i semi di una ribellione divina già sul punto di sobbollire…


Una pazienza che erode le pietre e… cambia il corso della storia

E che dire di Penelope, colei che “attende-senza-mai-lamentarsi”?

Claire North prende il mito che cerca di dettare i canoni delle virtù femminili per antonomasia (bellezza, umiltà, pazienza, spirito di sacrificio, una totale sottomissione nei confronti dei marito…) e lo ribalta senza stravolgerlo, senza commettere l’errore di trasformare Penelope in qualcosa che non è.

Non una condottiera, quindi, né una roboante piantagrane, un’outsider o una regina pronta a mettere in gioco le vite dei suoi sudditi.

No: semplicemente, una donna introversa e incredibilmente intelligente, consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti. Una persona che cerca di fare buon viso a cattiva sorte, mentre lotta (dietro le quinte) per salvare suo figlio e la sua nazione da un’ondata di pazzia e devastazione totale.

Ma sarebbe ingiusto proseguire questa recensione de “Il Mistero di Penelope”, senza sottolineare la natura profondandomene corale della narrazione.

Il cast del romanzo di Claire North prevede, infatti, un’autentica miriade di personaggi. In effetti, abbastanza prospettive da stordire, di primo acchito, il lettore meno avvezzo alle minuziose ramificazioni di ogni singolo episodio mitologico.

Questo senso di disorientamento, per fortuna, è destinato ad avere vita breve. A poco a poco, infatti, ogni personaggio del romanzo, per umano o divino che sia, riesce a ritagliarsi la propria dimensione e il proprio posto nel cuore del lettore.

Finché, alla fine, l’arazzo formato dalle decine di sottotrame contenute nel libro riesce a materializzarsi, dando vita uno spettacolare, vividissimo ritratto di un’epoca travagliata… la nostra o quella dei nostri antenati o un’inquietante sovrapposizione fra le due cose, chi può dirlo?


Come usare (bene) la tecnica dello “show, don’t tell”

Resta il fatto che Claire North riesce laddove innumerevoli autrici prima di lei hanno fallito: consegnare il messaggio del suo romanzo, in uno sbalorditivo esempio di show, don’t tell, senza enunciarlo ad alta voce neanche una volta.

E, soprattutto, senza abbassarsi a ricorrere a umilianti tonalità lagnose di sorta.

Il patriarcato è un abominio e miete vittime da ogni parte, condannando all’infelicità uomini e donne in (quasi) egual misura.

Non c’è nulla di cui frignare. Questa non è una condizione ineluttabile dell’esistenza umana: è un’ingiustizia, un sopruso bello e buono. Per cui, quello che bisogna fare è arrabbiarsi e rimboccarsi le maniche.

Ché gli ideali di mascolinità tossica, a lungo andare, conducono a una fine indegna perfino quegli stessi “patriarchi” che tanto si ostinano a promuoverli. Basta seguire gli archi narrativi di Telemaco, Agammenone o Oreste, per rendersi conto di tutte le sconvolgenti implicazioni della tesi della Claire.

Insomma, “Il Mistero di Penelope” è un libro tragico, originale, profondamente commovente e, al tempo stesso, dolorosamente divertente.

L’umorismo graffiante di Claire North rende la lettura incalzante, irresistibile e irriverente perfino nei momenti di maggior tensione drammatica.

Onestamente, non ho mai amato molto la mitologia greca. La violenza in generale, e quella contro la donne in particolare, sembrano essere le sue uniche colonne portanti. Una parte di me preferirebbe (e di di gran lunga!) che la nostra cultura provasse a volgere lo sguardo verso altri modelli, altri punti di riferimento.

Ma questa saga?

Qualcosa mi dice che aspetterò l’uscita del prossimo capitolo (“House of Odysseus“) in preda a un’ansia a dir poco smodata


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E tu?

Cosa pensi della mia recensione de “Il Mistero di Penelope”? 🙂


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