Se sei nato dopo il 1841, probabilmente sai già che un incipit in stile “I Promessi Sposi” non è la scelta ideale per un autore di romanzi che aspiri a procurarsi un editore e a coltivare un seguito di lettori nell’anno del Signore 2022.
La verità è che viviamo in un mondo frenetico, ricco di opportunità, mezzi di intrattenimento e distrazioni: Netflix, TikTok, Snapchat, WhatsApp, Spotify, il circolo locale del bingo, e chi più ne ha, più ne metta…
Se vuoi che il tuo lettore scelga di dedicare la sua sospiratissima serata libera al tuo libro, dovrai riuscire a confezionare l’incipit perfetto, in grado di catturare la sua attenzione e catapultarlo all’interno della tua storia fin dai primissimi paragrafi.
Altrimenti, quel lettore mollerà allegramente il tuo libro a pagina 4 e correrà a spararsi l’ennesima maratona di “Grey’s Anatomy”. Lo sai, che lo farà. Perché è quello che faresti anche tu, se ti trovassi alle prese con l’inizio di un romanzo che non riesce a risvegliare minimamente il tuo interesse.
Perciò, da che parte si inizia a raccontare una storia? Come si può riuscire a scrivere un incipit coinvolgente, accattivante e in grado di dimostrare al pubblico che il tuo romanzo vale tutto il tempo (e il denaro) speso per la lettura?
È arrivato il momento di scoprirlo insieme! 😀
La scena d’apertura
In uno dei post precedenti, abbiamo già parlato del famoso metodo “Save the Cat!”, e di come potresti servirtene per imparare a strutturare la trama del tuo romanzo.
Ci siamo anche concessi il tempo di analizzare le 5 parti che compongono una scena; perciò, probabilmente, a questo punto avrai già un’idea più chiara di che cosa implichi, esattamente, il concetto di “immagine di apertura”.
«In termini semplici, l’Immagine di Apertura è una fotografia in grado di mostrare il “prima”. È una scena o un capitolo che illustra la vita del tuo eroe prima che tu, come scrittore, sia giunto lì per scuotere un po’ le cose. Questo passaggio aiuta il lettore della tua storia a comprendere in che tipo di viaggio sia sul punto di imbarcarsi e in compagnia di chi il lettore sia sul punto di partire. L’Immagine di Apertura serve anche a stabilire il tono, lo stile e l’atmosfera della narrazione.»
Jessica Brody – Save the Cat: Write a Novel!
L’autrice prosegue: «Perciò, se hai scritto un libro comico, l’Immagine d’Apertura dovrà essere divertente. Se hai scritto un libro di suspense, l’Immagine di Apertura dovrà essere – sorpresa! – piena di suspense!»
«Ma, sopra ogni altra cosa, l’Immagine di Apertura dovrà essere una scena. […] Dovrebbe cioè essere una rappresentazione visiva della vita piena di difetti del tuo eroe. Che cosa vuol dire? Significa, apri il tuo romanzo con qualcosa di attivo! C’è una ragione se non si chiama Monologo Interiore d’Apertura, o Info Dump d’Apertura.»
Mi prenderei un momento per ribadire questo preziosissimo punto.
Ripetiamolo tutti in coro:
Non si dovrebbe MAI iniziare a scrivere un romanzo partendo da un monologo interiore o da un cumulo di infodump!
Bisogna partire da QUALCOSA DI ATTIVO.
UNA SCENA in tutta la sua gloria, così abbiamo imparato a definirla di recente: incidente scatenante, turning point, crisi, climax e risoluzione.
Ma un’Immagine di Apertura, ovviamente, non è una scena come le altre.
Perciò, per riuscire a scriverne una realmente in grado di risvegliare la curiosità del tuo lettore, dovrai assicurarti di mettere in pratica qualche altro piccolo accorgimento…
La “Domanda Invisibile” di Shane Millar
Shane Millar è un giovane autore di libri fantasy/storycoach/developmental editor americano.
Nell’estate del 2022, ha pubblicato un volumetto estremamente interessante, interamente dedicato all’arte di scrivere incipit brillanti ed efficaci: il libro si chiama “How to Write Brilliant Beginnings: Crafting Your Novel’s Opening Chapters Made Easy”.
Nel suo manuale, Millar svela il grande “segreto” alla base del lavoro dei migliori scrittori: per cominciare in maniera ottimale il proprio romanzo, non basta ricorrere a una semplice frase a effetto – bisogno inserire quella che lui definisce “la domanda invisibile”!
«Se vuoi convincere il lettore ad acquistare il tuo libro, dovrai riuscire ad agganciare rapidamente la sua attenzione. Il modo migliore per riuscirci è quello di aprire il tuo romanzo con una domanda.»
Ora…
Naturalmente, non bisogna intendere il concetto di “domanda invisibile” in maniera letterale. Nessuno, qui, sta cercando di dirti che dovresti iniziare la tua storia con una domanda “reale”, vale a dire con una qualsiasi frase seguita da punto interrogativo!
Bisogna imparare a essere molto, ma molto più sottili di così.
In che modo?
Bè, è presto detto: scrivendo qualcosa che costringa il tuo lettore a porsi una domanda, tanto fulminea quanto IMPLICITA, a proposito della trama, dell’ambientazione, del punto di vista o del tuo personaggio principale.
Soltanto così riuscirai ad alimentare la sua curiosità e lo “costringerai” a proseguire nella lettura!
Esempi
Conosci l’incipit de “L’Ultimo Cavaliere”, il primo volume della monumentale saga western fantasy di Stephen King “La Torre Nera” ?
Il libro comincia così:
«L’Uomo in Nero fuggì nel deserto e il Pistolero lo seguì.»
Piuttosto cool, eh? 😀
Vedi quante “domande invisibili” è in grado di porre, un esordio del genere?
Chi è questo misterioso “Uomo in Nero”? Che cosa ha fatto al Pistolero? Perché ha scelto di scappare proprio nel deserto? Ma, soprattutto… qual è l’esatta natura della relazione che lega questi due personaggi?
All’immenso Stephen King basta una frase per agganciare il lettore e spingerlo a porsi una dozzina di domande a proposito dei personaggi, della trama e dell’ambientazione.
Ma non è tutto: se ci fai caso, l’incipit del romanzo riesce anche a introdurre un’ intrigante allusione al potente CONFLITTO fra l’eroe della saga e la sua nemesi, il famigerato Uomo in Nero.
Perché, ovviamente, la scelta della parola “fuggito” si rivela tutt’altro che casuale. L’Uomo in Nero non è semplicemente andato nel deserto, bada: è fuggito…
E chi è che fugge, di solito?
Soltanto chi è consapevole di aver fatto qualcosa di molto, molto sbagliato…
Adesso proviamo a pensare al geniale incipit di uno dei miei romanzi sci-fi preferiti in assoluto, “La Quinta Stagione” di N. K. Jemisin:
«Cominciamo dalla fine del mondo, perché no? Chiudiamo la questione e passiamo ad argomenti più interessanti.»
Vedi che cosa è riuscita a fare l’autrice? L’intelligenza, l’ironia, l’assoluta perfezione di questo inizio?
Il lettore, subito dopo aver letto queste parole, strabuzzerà gli occhi e si ritroverà a esclamare: «Caspita! Ma di che cosa starà parlando? Cosa potrà mai esserci di più importante della fine del mondo?!»
Allibito e intrigato, non potrà fare altro che continuare a voltare le pagine…
Un buon inizio è sempre… personaggio-centrico!
In uno dei capitoli successivi, Shane Millar continua a spiegare in che modo andrebbero scritte, secondo lui, le scene inerenti al beat del “Mondo Ordinario” del tuo protagonista.
Come ricorderai, con l’espressione “mondo ordinario” siamo soliti indicare quella fase della vita dell’eroe che precede l’evento scatenante e il dipanarsi della “trama” vera e propria.
Una “sezione” del tuo manoscritto che, idealmente, dovrebbe andare a occupare all’incirca il 10% della durata complessiva della tua storia. Non di più.
Se ci fai caso, questa è più o meno la stessa lunghezza dell’estratto gratuito che il tuo lettore potrebbe decidere di scaricare sul suo dispositivo eReader.
Nelle mani di un autore inesperto, non c’è dubbio che questa fase della trama rischi di trasformarsi in una zavorra, un autentico concentrato di noia letale!
Dopotutto, l’avventura del tuo eroe non è ancora iniziata, ed è possibile che il villain non si sia ancora manifestato. Le giornate del tuo protagonista, insomma, si svolgono ancora esattamente come al solito…
Ma se vuoi che il lettore acquisti l’ebook del tuo libro (o anche la copia cartacea, si capisce…) al di là di questo primo “assaggio”, la verità è che non puoi concederti il lusso di tediarlo per la bellezza di 20, 30 o 40 pagine.
Finirebbe per ritorcersi tutto contro di te.
Mi credi?
Perciò, in che modo potremmo risolvere questo apparente dilemma?
È presto detto: nel suo manuale, Millar ricorda gli aspiranti autori la necessità di mostrare il Mondo Ordinario dal PUNTO DI VISTA del loro protagonista.
Che sembra un po’ una precisazione scontata, giusto?
Solo che non lo è.
Ricordi cosa abbiamo detto a proposito della costruzione dell’eroe di una storia?
Il protagonista deve essere un personaggio attivo. Deve anche essere dotato di una «ferita emotiva» con la quale sia possibile relazionarsi e di un oggetto del desiderio. Deve essere, insomma, una figura potenzialmente in grado di dare i natali a un grande arco di trasformazione.
Ecco.
La fase del Mondo Ordinario dovrebbe comprendere una serie di scene in grado di mostrarci tutti questi aspetti della vita del tuo eroe (difetti, vizi, relazioni problematiche, convinzioni sbagliate ecc), e farlo attraverso una narrazione dal taglio fortemente immersivo.
Quindi, mi raccomando: se stai scrivendo un fantasy, non perdere tempo a elencare le diecimila razze di creature mostruose che hai previsto in fase di progettazione del worldbuilding!
Fai piuttosto in modo che il tuo protagonista si imbatta in una di loro. Escogita un conflitto, progetta una scena, mostra tutto ciò che c’è bisogno di mostrare, e parti semplicemente da lì.
Da grandi promesse, derivano grandi responsabilità
Conflitto e tensione sono due elementi che non possono mancare all’interno di una storia. Sta’ pur sicuro che non dovrebbero mancare neanche all’inizio di un romanzo: infatti, come abbiamo visto, di solito i grandi scrittori si premurano di inserirne almeno una traccia già a partire dai primissimi paragrafi dei loro bestseller!
Perciò, adesso, torniamo al manuale di Millar, e cerchiamo innanzitutto di chiarire la differenza fra i due termini:
«Si crea TENSIONE quando esiste il rischio che qualcosa di brutto stia per accadere (di solito, al protagonista.»
«Si crea CONFLITTO quando la minaccia creata usando la tensione diventa una realtà.»
Come saprai, alcuni autori scelgono di iniziare la loro storia attraverso l’inserimento di un prologo, un adrenalinico evento in grado di anticipare gli sbalorditivi (e, a volte, pirotecnici…) conflitti che avranno luogo nel corso del secondo e terzo atto del libro.
Non è una scelta del tutto sconsigliata, di per sé.
Ma mi piacerebbe proporti un’opzione alternativa, attraverso le parole dall’acclamato autore di romanzi epic fantasy Brandon Sanderson:
«La cosa importante non sta nel modo in cui decidi di chiamare la tua apertura, ma nell’accertarti che la tua apertura sia in grado di fare al lettore il tipo giusto di promesse. Dici che vuoi partire da zero e poi alzare il tiro – ed è fantastico, puoi assolutamente farlo.
Ma prova a inventare per la tua storia un’apertura che sia in grado di intrattenere e che offra un foreshadowing, un’anticipazione del tipo di storia che vuoi raccontare. Decidi come partire dal piccolo, insomma, ma fai grandi promesse.
Alcune storie ci riescono attraverso il prologo. Ma altre storie iniziano semplicemente dal protagonista che prova qualcosa di audace e al di fuori delle sue capacità, per mostrare che si sta mettendo alla prova – e questa prova potrebbe essere qualcosa di semplice come partecipare a una corsa, o parlare in maniera temeraria quando tutti gli altri rimangono in silenzio.
[L’inizio] non deve includere per forza qualcosa di epico, per implicare che sono in arrivo colpi di scena epici.»
Brandon Sanderson – da un articolo apparso sul suo sito ufficiale
Parti dal piccolo, ma fai GRANDI PROMESSE.
Esempio
Nel thriller vittoriano “Ladra”, l’autrice Sarah Waters scrive una scena d’apertura che riporta un incidente avvenuto durante l’infanzia di una delle sue protagoniste, l’orfana Sue.
L’eroina rievoca l’episodio subito dopo una brevissima presentazione (scritta, ovviamente, seguendo la regola della “domanda invisibile”).
A quei tempi, una ragazza di nome Flora era solita portare la piccola Sue con sé a teatro, allo scopo di migliorare le proprie possibilità di ottenere una succosa elemosina.
Tuttavia, lo spettacolo di quel giorno aveva turbato la bimba in modo particolare. Confusa e spaventata dalla folla tonante, Sue si era quindi messa a urlare a squarciagola.
La scaltra Flora aveva subito approfittato dell’occasione per mettersi a rubacchiare dalle tasche dai passanti.
Il risultato? Ovviamente, Sue aveva preso a strillare ancora più forte!
L’incipit di “Ladra” stabilisce l’ambientazione e il tono della narrazione in maniera magistrale.
Ma c’è di più: attraverso la cronaca di questo piccolissimo avvenimento, apparentemente insignificante, Sarah Waters riesce a comunicarci il background della protagonista, parte della sua personalità, l’epoca storica di riferimento… ma anche a farci una specifica promessa.
«Stai attento, Caro Lettore», dice questa promessa. «Quello che hai fra le mani è un romanzo che parla di truffe, tradimenti e innocenza traviata; una storia di inganni, cuori spezzati, canaglie e sotterfugi EPOCALI… Puoi contare sul fatto che ci sarà da divertirsi. Perciò, non smettere di leggere, mi raccomando!»
Il “gioco di prestigio” di Flora a teatro è solo un piccolo “antipasto” degli sconvolgenti colpi di scena che ci aspettano nel corso della narrazione. Tuttavia, l’episodio innesca un perfetto meccanismo di foreshadowning: al lettore, infatti, basta leggere la primissima pagina, per capire cosa aspettarsi dalla trama di “Ladra”… e restarne completamente stregato!
E tu?
Cosa pensi di questi piccoli “trucchi” per imparare a scrivere l’incipit di un romanzo?
Sei mai rimasto colpito dalla scena (o frase) d’apertura di un libro in particolare? 🙂