“L’allieva di Sherlock Holmes”: la recensione del libro giallo di Laurie R. King

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L’allieva di Sherlock Holmes” è un libro mistery di Laurie R. King.

Il romanzo, primo volume della fortunatissima serie “Mary Russell and Sherlock Holmes”, ha esordito per la prima volta nelle librerie americane nel 1994. La precedente edizione italiana si intitolava “L’allieva e l’apicoltore” (Neri Pozza).

Possiamo descrivere l’opera come un giallo/storia di formazione, a metà strada fra cozy mistery e pura fanfiction; un reteling in cui l’autrice prova a immaginare cosa sarebbe successo se, svariate decadi dopo essersi ritirato dall’attività, il celebre detective Sherlock Holmes si fosse imbattuto in una talentuosa giovane donna determinata a seguire le sue orme.

Si dimostrerà, l’allieva, in grado di superare il maestro?

Ma, soprattutto… riuscirà il famoso investigatore di Baker Street a lasciarsi alle spalle i pregiudizi che contraddistinguono la sua ristretta visione del mondo femminile? 😀


La trama

Campagna del Sussex, 1915.

Mary Russell è una giovane orfana dall’intelligenza vivace e l’istinto infallibile; un’autentica «donna moderna», sempre impegnata nello studio e convinta seguace del movimento femminista.

Un bel giorno, durante una tranquilla passeggiata all’aperto, Mary si imbatte in un arcigno uomo di mezza età.

La conversazione con lo sconosciuto mette a dura prova la sua pazienza… e le sue facoltà intellettuali.

Quel torvo apicoltore altri se non è Sherlock Holmes, uno dei più noti e anticonvenzionali investigatori privati di tutta la Gran Bretagna.

Ormai in pensione, il detective si è ritirato a vivere in compagnia dei suoi amati alveari. Ma dal momento che – come si sa – il lupo perde il pelo, ma mai il vizio, Holmes si lascia ancora trascinare nelle indagini sui casi criminali più singolari.

Mary è intrigata: la sua ammirazione nei confronti delle straordinarie doti deduttive dell’investigatore è seconda solo al suo sconfinato desiderio di emularlo e trasformarsi a sua volta in un imbattibile segugio.

L’inattesa collaborazione fra questi due stravaganti personaggi segnerà il primo passo verso una profonda, leggendaria amicizia, destinata a cambiare per sempre la vita di entrambi.


«Mio Dio, ma allora sa pensare

Ne “L’allieva di Sherlock Holmes”, Laurie R. King schiera in campo il suo vivace alter ego – Mary Russell, una brillante ereditiera dalla mente sveglia e analitica – e le affianca uno dei personaggi più popolari e amati della storia del giallo.

Nel corso di questo primo volume, la «strana coppia» formata da investigatore e allieva si imbarca in una serie di rompicapo sempre più impegnativi e complicati: dal furto di un prosciutto a una serie di attentati dinamitardi, passando per il ritorno di una vecchia nemesi e il rapimento di una bambina.

La relazione fra Mary e il suo maestro si sviluppa di pari passo, approfondendosi e connotandosi di nuove sfumature a ogni indizio. Come se ogni tassello del puzzle fosse in grado di amplificare il legame d’intimità che si viene pian piano a stabilire fra di loro.

Devo dire che, sebbene un’ampia parte della narrazione verta intorno al percorso di “coming of age” di Mary, a mio avviso il “vero” protagonista del romanzo resta sempre lui: dopotutto, dei due personaggi, quello che impara dai suoi errori e compie il “viaggio” interiore più profondo e inaspettato è sicuramente Sherlock!

Dal punto di vista della trama, Holmes sarà anche il mentore ufficiale dell’intraprendente signorina Russell. Ma, senza Mary a mostrargli la strada, immagino che difficilmente il nostro investigatore trasformista avrebbe avuto modo di superare la propria misoginia… o assicurarsi anche solo una remota possibilità di sopravvivere alla sinistra cospirazione ordita da un certo personaggio nella seconda metà del libro.

Si tratta di un’evoluzione che le fan contemporanee di Holmes, in modo particolare, non potranno fare a meno di apprezzare. Una necessaria rivisitazione, in chiave moderna e inclusiva, di un «eroe vittoriano» che, forse, non si è mai concesso il lusso di arrivare a disprezzare apertamente le donne… ma che, in compenso, ha sempre rifiutato qualsiasi punto di contatto con tutto ciò che riguarda il “femminile”, inteso come principio e come risorsa.

Istinto, passioni, empatia, perseveranza…

Agli occhi di un individuo ossessionato dai concetti di rigore scientifico, logica e controllo, forze del genere devono per forza aver rappresentato la quintessenza del Male…


Uno studio in… giallo

Anche Mary, ovviamente, si accinge a intraprendere un percorso denso di ostacoli.

La sua meta definitiva sarà un’ironica presa di coscienza.

Sto pensando soprattutto alla scena d’apertura e a quella particolare battuta di dialogo in cui Mary ammette che la vita degli alveari, tutto considerato, non le interessa poi più di tanto… perché le api le ricordano troppo gli esseri umani.

Tempo di trascorrere qualche settimana in compagnia di Holmes, e al lettore sarà chiara un’evidenza sopra le altre: malgrado il disclaimer, la nostra impavida signorina Russell è più che pronta a lasciarsi STREGARE dalle sfumature dell’animo umano, in tutte le sue gloriose (e, talvolta, inquietanti) ramificazioni.

Come avrai intuito, quindi, la struttura de “L’Allieva di Sherlock Holmes” tende ad appoggiarsi soprattutto sulla costruzione della sua “coppia di punta“, e sulla forte complicità che la tiene insieme.

Ma, di tanto in tanto, fra le pagine del libro della King fanno capolino anche altre “facce” familiari: l’adorabile dottor Watson, l’energica signora Hudson, il compito Mycroft Holmes...

Un devoto fan dei racconti di Arthur Conan Doyle avrà la possibilità di sbizzarrirsi nella ricerca di piccoli omaggi ed “Easter eggs” di ogni tipo!


A nice cup of tea

Purtroppo, esiste un rovescio della medaglia.

Dal punto di vista degli enigmi e dei colpi di scena, l’intreccio de “L’allieva di Sherlock Holmes” si dimostra abbastanza blando.

L’unico caso emozionante è quello legato alla scomparsa della figlia di un senatore americano. E, anche in questo caso, il coinvolgimento nasce più dal processo di immedesimazione che Mary riesce a instaurare nei confronti della vittima, che da un nostro eventuale interesse nei confronti del rompicapo.

Il livello di tensione resta sempre più o meno costante. Non c’è molta suspense, i dialoghi sono nella norma, e per giunte molte delle soluzioni offerte ad alcuni enigmi “tradizionali” del genere poliziesco assumono una forma apertamente svogliata, quando non addirittura condiscendente.

Lasciarsi incuriosire dalle varie “tracce” investigative, insomma, si rivela tutt’altro che semplice. Anche perché Laurie R. King non sembra particolarmente interessata ad applicare una delle più famose “regole del mistery” di S. S. Van Dine: «Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero.»

In questo caso, avviene il contrario. Sherlock e Mary si tengono stretti ogni indizio, si scambiano cenni di intesa, comunicano fra di loro a un livello che non sempre il pubblico è in grado di seguire.

Accompagnarli nel loro lento percorso di scoperta reciproca si dimostra un gioco da ragazzi, e quasi sempre un’esperienza piacevole. Eppure, gli enigmi sembrano quasi un intermezzo, un passatempo intellettuale rivolto esclusivamente ai protagonisti…

Si tratta di criminologia, certo. Ma il romanzo avrebbe potuto benissimo essere incentrato sui viaggi di una coppia di ornitologi, o di giocatori di scacchi in procinto di partecipare a un torneo competitivo.

Dal punto di vista del lettore, probabilmente, avrebbe fatto poca differenza.

Ma se l’obiettivo era quello di offrirci un pastiche dal sapore gradevolmente “tiepido”, accogliente, nostalgico…

Missione compiuta!


Punti di forza

+ una trama “a episodi” gestita con scaltrezza e abilità, nell’ambito di una narrazione più grande che ha, evidentemente, appena cominciato a dipanarsi

+ un cast di personaggi gradevoli e ben caratterizzati

+ un tema originale e particolarmente adatto al palato del pubblico femminile

+ un’atmosfera rilassata e confortevole, in perfetto stile “Murder, She Wrote”…

Punti deboli

– la simulazione dello stile ottocentesco di Conan Doyle, con tutti i suoi artifici, a tratti risulta forzata

– due espedienti anacronistici che non funzionano: il prologo al prologo (la scena del rinvenimento dei presunti diari) e la luuuunga digressione dell’ultima metà del secondo atto

– l’intenso rapporto mentore/allieva fra Sherlock e Mary apre la strada a una potenziale sottotrama romantica dal taglio inquietante

– colpi di scena deboli e poco calibrati


E tu? Hai già letto “L’allieva di Sherlock Holmes”?

Qual è il tuo “detective dilettante” preferito? 🙂


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