“Killers of a Certain Age”: la recensione dello scoppiettante libro thriller di Deanna Raybourn


killers of a certain age recensione - deanna raybourn

La recensione di “Killers of a Certain Age” è rimasta “in caldo” per un po’, ma è finalmente arrivato il momento di servirla in tavola!

Anche perché posso assicurarti che l’originale libro thriller di Deanna Raybourn rappresenta un’ autentica delizia: l’irresistibile storia di quattro donne sessantenni che, dopo aver trascorso una vita a lavorare come sicari per una misteriosa organizzazione internazionale, finiscono al centro di un complotto per la conquista del potere.

Romanzo autoconclusivo, “Killers of a Certain Age” poggia su una premessa che, su un piano potenziale, sarebbe in grado di fornire dell’ottimo materiale per una serie lunghissima. E poi, vanta l’innegabile vantaggio di offrire al lettore una boccata d’ aria fresca nell’ambito di un panorama (quello della “spy-story”) solitamente fin troppo sovraffollato e infarcito di stereotipi.


La trama

Billie, Mary Alice, Helen e Natalie hanno lavorato per quarant’anni per il Museo, una rete d’assassini d’elite nata con l’esplicito obiettivo di rintracciare ed eliminare tutti i rifugiati nazisti scampati, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, alla loro giusta punizione.

Oggigiorno, però, i loro talenti sono considerati un po’ troppo “vecchia scuola” dai nuovi membri della squadra. Nessuno, infatti, sembra disposto ad apprezzare quello che hanno da offrire, in un’era in cui la gente ha iniziato ad affidarsi alla tecnologia più che alle capacità individuali di una persona.

Così, quando al quartetto viene finalmente offerta la possibilità di ritirarsi con onore, Billie e le altre decidono di accettare. E, per celebrare la loro meritata pensione, il Museo decide di regalare alle amiche quattro biglietti per un’esclusiva crociera di lusso.

Peccato che, manco a dirlo, si tratti di una trappola!

Perché, durante il viaggio, le quattro amiche si trasformano nel bersaglio perfetto per uno dei killer registrati sul libro-paga del Museo. E, dal momento che soltanto il Consiglio, composto dai membri di più alto rango della loro organizzazione, ha il potere di autorizzare la morte di un agente, le nostre eroine capiscono subito di essere piombate in un guaio molto grosso.

Per sopravvivere, dovranno quindi fare ricorso ai segreti della loro decennale amicizia e sfruttare le loro capacità contro il Museo.

Pronte a impartire ai loro ex datori di lavoro l’unica lezione che avrebbero fatto bene a imparare dal principio: che cosa significa mettersi contro una donna – e un’assassina – di una certa età.



“Killers of a Certain Age”: la recensione

Mi piace pensare al libro di Deanna Raybourn come a una sorta di connubio ben riuscito fra i film “Red” e “Gunpowder Milkshake”; un cocktail di elementi che, in realtà, riesce a superare i limiti costitutivi di entrambi questi titoli.

E dire che è stato proprio grazie alla scrittura di “Killers of a Certain Age” che la Raybourne – popolare autrice di mistery storici ad alto tasso di romance, pubblicati in Italia da Harper Collins – ha avuto la possibilità di confrontarsi per la prima volta con il genere thriller e con un’ambientazione di stampo contemporaneo.

Pare, fra l’altro, che l’idea di scrivere un romanzo d’azione incentrato sulla storia di un gruppo di donne non più giovanissime sia stata farina del sacco del suo editore britannico, Berkley. Ma fu la stessa Raybourne a replicare: «Voglio che le mie eroine abbiano un’età compresa fra i sessanta e i settanta, e voglio che siano assassine internazionali.»

Alla Berkely, qualcuno in grado di fare il suo lavoro deve averne approfittato per cogliere la palla al balzo: «Eccellente idea! Facciamolo subito

Ed ecco spiegata, in soldoni, la genesi di uno dei thriller più brillanti, scanzonati e adrenalinici che io abbia mai letto…


The Sisterhood of the Traveling… Knives?!

La protagonista di “Killers of a Certain Age” è Billie. Una donna forte e indipendente che, nel corso di quattro decadi, si è vista costretta a sacrificare parecchie cose sull’altare della carriera.

Tutto, in effetti, al di fuori della sua umanità, della sua lingua caustica e della sua famiglia – gli altri membri del Museo e, in modo particolare, le tre donne con cui è stata reclutata e al fianco delle quali ha continuato ad addestrarsi.

Durante la narrazione, seguire il punto di vista esclusivo di Billie si è rivelata la scelta vincente. Una che, peraltro, non avevo assolutamente messo in conto. In realtà, sono convinta che il “trucco” abbia funzionato soprattutto perché la Raybourne si rifiuta di tralasciare, anche soltanto per un secondo, la necessità di fornire a Helen, Natalie e Mary-Alice un set di personalità e conflitti altrettanto coinvolgenti, forti e interessanti.

In effetti, parte del piacere della lettura, secondo me, deriva proprio dal divertente senso di “caos” generato dalla sovrapposizione di così tanti caratteri diversi e ben sviluppati.

Dopotutto, al di là della loro carriera lavorativa, le quattro protagoniste di “Killers of a Certain Age” hanno sempre seguito sentieri divergenti, più congeniali alle loro inclinazioni personali. Ad esempio, laddove Billie è il sempre stata il classico “lupo solitario”, le altre hanno deciso di mettere su casa, o si sono concentrate sul matrimonio, oppure hanno scelto una vita all’insegna della più aperta socialità.

In ogni caso, la profonda amicizia che lega le quattro eroine non viene mai messa in discussione. E, personalmente, trovo che l’autrice sia riuscita a comunicare l’intensità di questo legame con una leggerezza e un’abilità in grado di togliere le parole di bocca al critico più arcigno…


Cercasi nemesi disperatamente…

Pubblicare una recensione di “Killers of a Certain Age” senza citare la straordinaria scena d’apertura del romanzo, o la caterva di spassosi dialoghi/battibecchi che vivacizzano la narrazione, sarebbe un crimine dal quale ho intenzione di guardarmi bene.

 Per quanto riguarda il ritmo del romanzo, invece, ho paura che dovrò spendere parole più ambivalenti. Se da un lato, infatti, ho apprezzato la “velocità” dell’intreccio e la natura forsennata delle scene d’azione, dall’altro ritengo che il finale sia stato avviato su un binario un po’ troppo precipitoso.

Il terzo atto mi è parso troppo breve, ed eccessivamente privo di complicazioni. L’astuzia delle quattro donne, dopotutto, sembra tale da riuscire a vanificare la maggior parte delle mosse dei cattivi. E l’assenza di un “villain” degno della loro esperienza secondo me compromette, in qualche modo, la riuscita del climax.


Quando “autoconclusivo” non basta

C’è da dire che nulla di tutto questo basta a impedirmi di desiderare – ardentemente – un ritorno in scena di Billie e compagne. E immagino che un sequel di “Killers of a Certain Age” non sia del tutto fuori questione, considerando l’innegabile successo di vendite riscosso in patria…

Per quanto riguarda l’Italia, non credo siano ancora state diffuse notizie circa un’eventuale traduzione.  

Ma se gli altri libri della Raybourne sono riusciti a trovare la strada, non vedo proprio perché il suo nuovo thriller non possa fare lo stesso, e approdare nelle nostre librerie nel giro di qualche tempo!

Nel frattempo, ti ricordo che puoi acquistare su Amazon la tua copia di “Killers of a Certain Age”, per il momento esclusivamente in lingua inglese.


*Per un’altra spy-story al femminile eccentrica, effervescente e piena di colpi di scena, guarda la miniserie “L’Assistente di Volo: The Flight Attendant” con Kaley Cuoco.


E tu? Cosa ne pensi della mia recensione di “Killers of a Certain Age”?

Hai mai letto qualcosa di Deanna Raybourn? 🙂


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