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“The Daughters of Izdihar”: la recensione del libro fantasy di Hadeer Elsbai


The Daughters of Izdihar recensione - Hadeer Elsbai

Una recensione di “The Daughters of Izdihar” scritta “a caldo” sarà anche, nei limiti del possibile, una recensione ponderata ed equilibrata?

Mi piace pensare di sì. In queste ultime ore, ho riflettuto parecchio sul libro di Hadeer Elsbai. Un romanzo fantasy basato su una trama abbastanza circostanziale, niente affatto avvincente. Una storia che si sforza, piuttosto, di basare la propria efficacia sulla dolorosa attualità delle sue tematiche e sulle (esasperate) personalità delle due protagoniste.

A questo punto, però, è lecito domandarsi: con quali risultati?


La trama

Intrappolata in un matrimonio combinato con un uomo che non ama, Nehal sogna soltanto di frequentare la Weaving Academy. Lì, potrà assumere il controllo dei suoi poteri, piegare ogni corso d’acqua alla sua volontà e perseguire un glorioso futuro sul campo di battaglia, all’interno del primo regimento femminile formato all’interno del corpo militare.

 Suo marito, un uomo pacato e taciturno, nel frattempo è innamorato di un’altra donna: Georgina, una libraia poverissima e di umile estrazione sociale.

Anche Georgina ha i suoi segreti. È in grado di controllare l’elemento terra… O, almeno, potrebbe esserlo, se soltanto le donne della sua nazione fossero autorizzate a studiare e ad addestrarsi per imparare a gestire i propri poteri.

La sua unica fonte di consolazione? Gli incontri segreti con un gruppo di attiviste che si fa chiamare “le figlie di Izdihar”. Una cerchia di donne pronte a dare battaglia al Parlamento per assicurare al popolo una nuova Costituzione e il diritto, per tutte le donne del paese, di scegliere i propri rappresentanti.

Nehal e Georgina provengono da due contesti sociali ed economici molto diversi. Eppure, hanno più cose in comune di quanto potrebbe sembrare…

Attratte nell’orbita dell’enigmatica leader del gruppo, Malak Mamdouh, le due donne si lasciano invischiare in una complessa ragnatela fatta di politica, violenza e minacce di guerra. Il tutto mentre lottano per guadagnarsi – e conservare – una durevole libertà.



“The Daughters of Izdihar”: la recensione

Basta leggere pochi capitoli di “The Daughters of Izdihar” per avere una certezza: il libro di Hadeer Elsbai contiene un mix di elementi tratti da una pletora di altri titoli recenti.

I modelli sono tanti, troppi per essere elencati…

Tuttavia, per darti un’idea più precisa, mi limiterò a citare i più palesi: “Le Streghe in Eterno” di Alix Harrow, “Ragazze Elettriche” di Naomi Alderman e “La Guerra dei Papaveri” di R. F. Kuang (quest’ultimo, soprattutto in riferimento alla parte legata all’Accademia e alla tragica figura di Edua Badawi).

Purtroppo, dal mio punto di vista, nessuno di questi riferimenti viene sfruttato con il massimo della pertinenza possibile.

Il problema è che “The Daughters of Izdihar”, sulla carta romanzo fantastico per adulti, è in realtà uno YA incline a prendersi parecchio sul serio. L’età dei personaggi conta poco, a fronte di una narrazione che sceglie quasi sempre di “raccontare”, nella maniera più frettolosa possibile, tutti i dettagli potenzialmente interessanti relativi all’ambientazione, al sistema magico e alla caratterizzazione di villain ed eroi.

In un certo senso, è come se la discussione inerente alla condizione femminile (con conseguente lotta al patriarcato) assorbisse tutta l’attenzione dell’autrice, impedendole di concentrarsi su altri aspetti. Soprattutto durante i primi due atti, la foga energica delle argomentazioni tende a sbilanciare il ritmo e a gonfiare i conflitti oltre misura.

Quali sono le conseguenze?

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